Un blitz che fece scalpore, quello che il 4 aprile del 2022, fece riaprire le porte del carcere per il boss di Ponticelli Marco De Micco e per altri fedelissimi del clan da lui stesso fondato per colmare il vuoto di potere scaturito sul fronte camorristico all’ombra del Vesuvio, in seguito alla dissoluzione del clan Sarno.
Tornato in libertà appena un anno prima, a marzo del 2021, il suo ritorno a Ponticelli fece scalpore, soprattutto perché annunciato da una processione di adepti ed estimatori di “Marco Bodo” – questo il soprannome del boss classe 1984 – in visita presso la sua abitazione in via Luigi Piscettaro per tributargli il rispetto e la considerazione confacenti ad una figura camorristica della sua caratura.
L’abitazione del boss, tuttavia, fu presa di mira anche dai “reduci” del clan De Luca Bossa intenzionati ad attuare una vendetta covata dal 2013, da quella fredda sera di gennaio in cui Salvatore De Micco, fratello del boss e il fedelissimo killer del clan, Gennaro Volpicelli, misero la firma su un duplice agguato. I due sicari erano entrati in azione per uccidere Gennaro Castaldi, giovane affiliato ai D’Amico che in quel momento si trovava in compagnia di Antonio Minichini, figlio della lady-camorra Annna De Luca Bossa e del boss Ciro Minichini detto Cirillino.
Un duplice omicidio che ha sancito il punto di non ritorno nell’ambito dell’eterna faida tra i De Luca Bossa e i De Micco.
In quel momento storico, quando i De Luca Bossa orbitavano nei pressi dell’abitazione di Marco De Micco, ignoravano che di lì a poco, le morti da vendicare sarebbero diventate due.
Forte delle fibrillazioni che animavano il quartiere, complice la faida tra i De Martino e i clan alleati di Napoli est, il boss decise di starsene a guardare, evitando di scendere in campo per dare man forte ai primi, malgrado rappresentino una costola della sua organizzazione. Una strategia che sortì gli effetti sperati, rivelandosi ben presto efficace in quanto, nell’arco di pochi mesi, il puntuale valzer di arresti mise fine alle ostilità concorrendo a creare le circostanze favorevoli al suo ritorno alla ribalta, senza spargimento di sangue. Almeno nella fase iniziale.
L’ultimo colpo di coda con il quale i De Luca Bossa cercarono di contestare la leadership di Marco De Micco, si rivelò fatale per Carmine D’Onofrio, figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa che il 30 settembre 2021 provocò l’esplosione di un ordigno nel cortile di casa del boss. Un agguato maturato nel luogo in cui i bambini di casa De Micco erano soliti intrattenersi a giocare con le biciclette e che al momento dell’esplosione non erano presenti sul posto solo per una fortuita casualità.
Quella scellerata azione camorristica decretò la morte di Carmine D’Onofrio, ucciso pochi giorni dopo, davanti agli occhi attoniti della compagna in procinto di partorire, sull’uscio di casa di sua madre, in via Crisconio, nel cuore di San Rocco, una zona del quartiere storicamente controllata dai De Micco.
Un delitto ricostruito in tempi record dai poliziotti della Squadra Mobile di Napoli e che nell’arco di sei mesi ha portato all’identificazione e all’arresto di mandanti ed esecutori.
Il 4 aprile del 2022 vengono così arrestati il boss Marco De Micco, ma anche diversi affiliati al clan: Giovanni Palumbo, Ciro Ricci, Ferdinando Viscovo, Giuseppe Junior Russo. Arrestati e poi rilasciati anche Salvatore Alfuso, elemento di spicco del clan Veneruso-Rea operante a Volla e Maddalena Cadavero, la madre del boss, rea di aver partecipato al pestaggio del complice di Carmine D’Onofrio che proprio nel corso di un violento interrogatorio fornì al boss il nome dell’attentatore.
Che l’arresto del boss Marc ode Micco non fosse una condizione necessaria e sufficiente a debellare il suo clan da Ponticelli fu chiaro fin dalle ore successive al blitz: al calar del sole, i giovani contigui al clan De Martino sfilarono a bordo di moto e scooter per le strade del quartiere, annunciando così la volontà di seguitare a marcare il territorio per mantenere alta la bandiera dei “Bodo-XX”. Un intento annunciato anche sui social con la nascita del “brand” del clan che raffigurava proprio una bandiera affiancata dalle due sigle “Bodo-XX”.
Un intento ben presto vanificato dalla scarcerazione di diverse figure di spicco del clan De Luca Bossa, uno su tutti, Christian Marfella, fratellastro di Antonio De Luca Bossa, boss fondatore dell’omonimo clan.
Come spesso accade nell’ambito dell’altalenante scenario camorristico ponticellese, arresti e scarcerazioni concorrono a ridisegnare equilibri ed egemonie.
In questo clima, l’estate targata 2022 è stata segnata da una sanguinaria faida di camorra che si è combattuta a suon di bombe e senza esplosioni di colpi. I De Micco hanno subìto l’assedio dei rivali e si sono visti costretti a fronteggiare anche un clamoroso imprevisto: il pentimento di Antonio Pipolo, pedina fondamentale del clan, consegnatosi alla giustizia per avviare il percorso di collaborazione, dopo aver ucciso Carlo Esposito, affiliato al suo stesso clan, e un innocente, Antimo Imperatore, 53enne factotum del rione Fiat.
Ancora una volta, a mettere fine alle ostilità, ci ha pensato un blitz: quello che lo scorso 28 novembre ha decapitato l’alleanza costituita dai vecchi clan dell’ala orientale di Napoli, favorendo così l’ascesa dei “Bodo” che di contro hanno beneficiato della scarcerazione di diversi elementi di spicco del clan: Antonio Nocerino detto brodino, Fabio Riccardi, Giuseppe Napolitano, Giuseppe De Martino, giusto per citarne alcuni.
Il vento torna a soffiare a favore dei De Micco che fin dai primi mesi del 2023 stanno dimostrando di stringere saldamente tra le mani le redini del potere del male e sembrano fortemente motivati ad estendere il volume d’affari ben oltre i confini di Ponticelli.
L’omicidio di Alessio Bossis prima e di Federico Vanacore poi, e infine quello maturato poche ore fa ai danni di Bruno Solla, fedelissima recluta dei De Luca Bossa, ben chiariscono le velleità del clan.
Desta particolare suggestione il fatto che Solla sia stato assassinato alla vigilia dell’anniversario dell’arresto del boss Marco De Micco. Un dettaglio che conferma quanto sia rapidamente mutata la scena camorristica ponticellese nel corso degli ultimi 12 mesi: un anno fa, i De Micco piangevano l’arresto del venerato leader, la notte scorsa hanno festeggiato con i fuochi d’artificio “il capodanno” del clan: una plateale dimostrazione di forza, voluta per annunciare la rinsaldata egemonia dei “Bodo”, in un clima tutt’altro che rassicurante.