Tornano ad alzarsi i toni del protezionismo negli Stati Uniti. Il presidente Donald Trump ha annunciato un nuovo pacchetto di dazi che colpisce duramente i prodotti provenienti dalla Cina e, in parte, anche dall’Unione Europea. Le sue dichiarazioni hanno immediatamente scatenato reazioni sui mercati globali, con le principali Borse europee – tra cui Milano, Francoforte e Parigi – che hanno chiuso in forte calo.
Nel corso di un comizio tenuto in Ohio, Trump ha ribadito l’intenzione di “proteggere l’industria americana” da quella che ha definito “una concorrenza sleale e predatoria”. Ha annunciato un aumento generalizzato dei dazi doganali sui prodotti tecnologici e industriali cinesi, oltre a misure simili per alcune categorie di beni europei, tra cui l’acciaio, l’automotive e l’agroalimentare.
La Cina ha definito le parole di Trump “un attacco diretto alla cooperazione commerciale globale” e ha minacciato contromisure simmetriche. L’Unione Europea, da parte sua, ha espresso preoccupazione e ha chiesto un immediato confronto diplomatico per evitare una nuova guerra commerciale che potrebbe danneggiare gravemente le economie di entrambe le sponde dell’Atlantico.
Anche l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) è intervenuta, sottolineando che azioni unilaterali come queste rischiano di compromettere le regole del libero scambio e di aumentare l’instabilità a livello globale.
L’annuncio ha avuto effetti immediati: Piazza Affari ha perso il 6,5%, mentre gli indici DAX di Francoforte e CAC di Parigi hanno chiuso con cali superiori al 5%. Anche Wall Street ha aperto in flessione, segno che l’incertezza si sta diffondendo anche tra gli investitori americani. In rialzo, invece, il prezzo dell’oro, tradizionale bene rifugio nei momenti di crisi.
I dazi sono tasse imposte sui prodotti importati, e quando vengono alzati in modo massiccio, possono generare ritorsioni, aumenti dei prezzi, rallentamento degli scambi commerciali e perdita di posti di lavoro nei settori più colpiti. L’eventualità di una nuova guerra commerciale, simile a quella vissuta tra il 2018 e il 2019, desta forti preoccupazioni, soprattutto in un momento in cui l’economia globale cerca stabilità dopo la pandemia e l’instabilità geopolitica.
Si tratta di tasse che uno Stato applica sui prodotti che arrivano dall’estero. Servono a rendere quei prodotti più costosi, con l’obiettivo di spingere i consumatori a comprare beni “fatti in casa”, ovvero nazionali. Quando però vengono usati come strumento politico, come sta facendo Trump, possono scatenare una sorta di guerra economica tra Paesi: ognuno risponde ai dazi con altri dazi, danneggiando il commercio globale.
Per esempio, se gli Stati Uniti mettono dazi sul formaggio europeo, quel prodotto diventerà più caro negli USA e sarà venduto di meno. Risultato: i produttori italiani, francesi, olandesi vendono meno, guadagnano meno e rischiano di perdere clienti o lavoro.
L’Italia potrebbe essere particolarmente colpita in alcuni settori chiave dell’export:
Agroalimentare: vini, formaggi, pasta e olio sono tra i prodotti italiani più amati all’estero, soprattutto negli Stati Uniti. I dazi potrebbero farne salire il prezzo e rendere meno competitivi i produttori italiani.
Automotive: se venissero colpiti i componenti o le auto esportate, ci sarebbero ripercussioni per grandi aziende come Ferrari, Lamborghini, e per tutta la filiera dei pezzi di ricambio.
Moda e lusso: anche se il settore resiste bene, tasse sull’importazione di abbigliamento e accessori made in Italy potrebbero danneggiare marchi storici e artigiani.