San Sebastiano al Vesuvio si lascia alle spalle una lunga serata.
A 48 ore di distanza dall’omicidio di Santo Romano, il 19enne di Volla ucciso in piazza Capasso, proprio davanti all’ingresso principale del Municipio di San Sebastiano al Vesuvio, le strade del comune vesuviano hanno accolto migliaia di persone provenienti da diverse zone della città e della provincia che hanno voluto rispondere con la presenza alla messa e alla fiaccolata organizzata dal padre Enzo Cozzolino, sacerdote di San Sebastiano al Vesuvio.
Una lunga carrellata di emozioni introdotta dal tavolo per la sicurezza e l’ordine pubblico convocato presso il municipio del comune vesuviano, presieduto dal Prefetto di Napoli, Michele di Bari. Oltre all’amministrazione comunale, hanno partecipato all’incontro anche le forze dell’ordine, una delegazione di commercianti e delle associazioni operanti sul territorio. Rinnovato l’invito ad intensificare la presenza delle forze dell’ordine, un appello più volte lanciato dall’amministrazione capeggiata dal sindaco Giuseppe Panico che all’indomani di diversi episodi analoghi aveva richiesto più presenza di uomini in divisa, soprattutto per presidiare i luoghi di ritrovo abituale dei giovani della zona, come piazza Capasso.
Tantissimi gli episodi denunciati da cittadini che da circa due anni lamentano un’escalation di criminalità che ha concorso a minare la sicurezza delle strade vesuviane. Lo dimostrano gli accoltellamenti e le liti tra giovanissimi che si sono susseguite negli ultimi tempi, ma anche la padronanza del territorio ostentata da ragazzini armati che con orgoglio sfoggiano coltelli e pistole. Non solo sicurezza, ma anche progettualità: l’auspicio è quello di investire nel terzo settore per arginare la dilagante povertà educativa che troppo spesso tende a sfociare in criminalità, intervenendo in maniera più ampia e adeguata su tutte le falle del sistema.
La comunità ha rilanciato la necessità di riappropriarsi del territorio rispondendo con la presenza: migliaia di persone hanno aderito al momento di preghiera e cordoglio indetto dal parroco di San Sebastiano al Vesuvio, noto per l’innata capacità di toccare i cuori dei fedeli e scuotere anche le coscienze più asettiche. Insieme agli altri sacerdoti degli altri comuni vesuviani e a Padre Maurizio Patriciello, prete di Caivano che ha partecipato anche al tavolo per la sicurezza e l’ordine pubblico, insieme a Don Tonino Palmese, presidente della Fondazione Polis, hanno rivolto un breve, ma sentito messaggio soprattutto ai tantissimi giovani che hanno aderito alla fiaccolata. Prioritaria la necessità di inculcare in loro il seme della giustizia, a discapito della vendetta.
Presenti la madre e il fratello di Santo Romano, distrutti dal dolore, al pari della fidanzata che continua a stringere tra le mani una scarpa, l’ultimo ricordo di quell’amore stroncato da un colpo di pistola. E poi gli amici, i compagni di squadra, tantissimi giovani che pur non conoscendo il diciannovenne, ultima vittima innocente della criminalità campana, hanno sentito il bisogno di esserci, molti dei quali accompagnati dai genitori. Numerosi anche i familiari di altri giovani che prima di Santo hanno perso la vita per effetto delle stesse logiche criminali. Come ricordato dal sindaco Panico, San Sebastiano al Vesuvio è ripiombata indietro di 21 anni: era il 5 aprile del 2004 quando il 17enne studente del liceo “Salvatore di Giacomo” Paolino Avella perse la vita nel tentativo di sfuggire ai malviventi che intendevano rubargli lo scooter all’uscita di scuola.
Anche in quel frangente, il punto di non ritorno giunse al culmine di una serie di rapine perpetrate ai danni degli studenti del liceo, letteralmente finiti nel mirino dei criminali della zona a caccia di facili bottini. All’indomani della morte di Paolino, i ragazzi del liceo, i suoi amici, la comunità risposero in maniera analoga, rivendicando più sicurezza tra le strade della stessa cittadina che a 21 anni di distanza si è riscoperta più vulnerabile che mai.
Una serata pregna di emozioni e lacrime che segna l’inizio di un nuovo cammino, nel segno e nel ricordo dell’ennesima giovane vita stroncata senza motivo.
“Non si può morire per un piede pestato”: la frase che campeggia sullo striscione affisso poco distante dal luogo in cui è stato ucciso Santo, al culmine di una lite alla quale era estraneo e scoppiata per un pestone su una scarpa, proprio come accadde nella tragica notte di Mergellina, quando a perdere la vita fu Francesco Pio Maimone, aspirante pizzaiolo 18enne di Pianura. Anche in questo caso, una lite tra giovani scaturita da “un pestone di troppo”, sfociò negli spari. Uno dei proiettili esplosi da Francesco Pio Valda, rampollo dell’omonima famiglia camorristica di Barra, raggiunse dritto al petto Maimone, estraneo alla lite, mentre era seduto al tavolino di uno degli chalet di Mergellina in compagnia degli amici. Proprio come è successo a Santo Vitale, l’ultima giovane vittima di un’emergenza che non può più essere ignorata.