Le tensioni che si sono registrate di recente nell‘istituto penitenziario di Terni, tra due soggetti affiliati a clan rivali di Ponticelli, di recente tornati in guerra per il controllo del territorio, rischiano di sortire ritorsioni e conseguenze anche tra le strade del quartiere della periferia orientale di Napoli.
Due pestaggi subiti da uno dei tre fratelli De Martino da parte di una figura di spicco del clan Minichini-De Luca Bossa avrebbe innescato la miccia che rischia di scoppiare nell’ennesima faida di camorra. Seppure l’alleanza tra i De Martino e i De Micco appaia sempre più forzata dalle circostanze, malgrado la nota frattura interna che concorre a intaccare i rapporti tra le parti già da diverso tempo, i cosiddetti “Bodo” si sarebbero immediatamente adoperati per redarguire l’operato della recluta legata ai rivali i quali, dal loro canto, tra le strade di Ponticelli, non si trovano nella condizione di potersi permettersi di pestare i piedi al clan attualmente egemone.
Quindi, se all’interno di quell’istituto penitenziario una pedina dell’asse De Micco-De Martino sembra patire e subire oltremodo la convivenza forzata con una delle figure apicali dell’alleanza rivale, – con la quale, un tempo, il suo clan entrò in affari – nel quartiere si respira una situazione ben diversa con i Minichini-De Luca Bossa, reduci dall’ennesima azione fallimentare che li ha visti appoggiare i moti di ribellione capeggiati dal ras del rione De Gasperi Salvatore Montefusco che però non è riuscito ad avere la meglio sui De Micco, forti del supporto dei Mazzarella e del nuovo assetto interno che ha visto confluire nel clan anche alcune pedine che hanno voltato le spalle all’alleanza costituita dai vecchi clan dell’ala orientale di Napoli, come gli Amitrano e il giovane rampollo del clan D’Amico.
Una forza economica e militare che la fazione antagonista ha provato a scardinare, pur consapevole di intavolare una lotta ad armi impari dalla quale è uscita ulteriormente debilitata. In attesa delle scarcerazioni che a breve potrebbero concorrere a mutare l’equilibrio criminale subentrato in seguito all’omicidio di Emanuele Montefusco e all’arresto di suo fratello Salvatore che, di fatto, ha sancito la momentanea fine delle ostilità, i rivali dei De Micco appaiono intenzionati a limitare i danni, restando rintanati nei loro rioni, almeno per il momento.
Una strategia palesemente finalizzata ad attendere il ritorno a Ponticelli di diverse figure di spicco della malavita locale, destinate a dare man forte all’alleanza tra i vecchi clan di Napoli est, solo allora riprenderanno le ostilità, almeno secondo i piani dell’alleanza costituita dai clan in contrasto con i De Micco. Quanto accaduto nel carcere di Terni, tuttavia potrebbe stravolgere gli equilibri anzitempo e i De Micco, negli ultimi giorni, starebbero lanciando segnali che sembrano proprio vertere in questa direzione.
Nei rioni in cui si registra la presenza di soggetti imparentati con le figure di spicco dei Minichini-De Luca Bossa, regna un forte clima di tensione scaturito dalla presa di posizione adottata dai De Micco in seguito all’ultimo pestaggio subito in carcere da uno dei fratelli De Martino. Gli attuali leader di Ponticelli avrebbero comunicato ai rivali la ferma intenzione di punire tutti coloro che intrattengono contatti con i rivali dei De Micco attualmente detenuti. I leader di Ponticelli, nei giorni successivi ai fatti avvenuti nel penitenziario di Terni, avrebbero comunicato la ferma volontà di pestare tutti coloro che intendono seguitare a fungere da intermediari tra i membri dell’alleanza detenuti e gli affiliati a piede libero.
Un monito inequivocabile, quello diramato dai leader di Ponticelli e che mira a perseguire una triplice finalità e che guarda ben oltre la necessità di riscattare l’orgoglio vilipeso del De Martino pestato in carcere, ipotecando la sua incolumità, al contempo.
Lanciando una minaccia esplicita ai fiancheggiatori del clan rivale, i De Micco mirano a stoppare il flusso di informazioni in entrata e in uscita dal carcere che consente alle figure più autorevoli dell’organizzazione rivale di mandare “imbasciate anche di soldi”, quindi di ordinare estorsioni e avanzare richieste di carattere economico che rischiano di minare l’autorità degli stessi De Micco. Inoltre, quelle comunicazioni assidue e costanti consentono ai detenuti di essere sempre aggiornati su quello che accade tra le strade del quartiere. Un vantaggio tutt’altro che di poco conto, perché permette ai “pezzi da novanta” della fazione rivale di studiare strategie e impartire direttive che privano i De Micco del tangibile vantaggio che deriva dalla loro assenza sul territorio. I clan alleati di Napoli est, infatti, in questo momento sono rappresentati da una sparuta minoranza di affiliati, prettamente giovani e inesperti, pertanto incapaci di imbastire una strategia difensiva efficace al cospetto di un clan strutturato e organizzato come quello dei “Bodo”. Meno che mai i superstiti della fazione rivale sarebbero in grado di organizzare e attuare autonomamente un attacco efficace alla compagine rivale. Pertanto, lasciando allo sbaraglio i reduci della fazione antagonista, privandoli della guida dei camorristi più esperti, i De Micco possono auspicare di preservare il controllo del territorio, senza particolari affanni.
Infine, tale imposizione scaturisce da un aspetto puramente morale, riconducibile a questioni di orgoglio e finalizzato a ringalluzzire la credibilità del clan, incutendo timore e rispetto tra i gregari e i fiancheggiatori delle organizzazioni assoggettate al potere della cosca attualmente egemone a Ponticelli: i loro nemici devono patire la fame perché fuori dal carcere comandano i De Micco. Nessuno deve osare essere amico dei nemici dei De Micco, perché essere amico loro, significa essere nemico dei De Micco. Uno sgarro che è bene non compiere, se non si vuole correre il rischio di uscirne con le ossa rotte.