La criminalità organizzata italiana è in continua trasformazione, dimostrandosi capace di adeguarsi alle mutevoli condizioni dei mercati per massimizzare i propri introiti illeciti.
E’ quanto emerge dalla relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia che fornisce un ampio ed esaustivo focus sulla presenza delle mafie nel nostro Paese.
Una presenza silente, nei casi delle grandi organizzazioni, per permeare nei grossi affari senza attirare l’attenzione degli inquirenti. Una mafia che agli occhi dei cittadini si presenta come una grande azienda dispensatrice di servizi e opportunità di guadagni agli occhi dei cittadini, facendosi promotrice del benessere sociale.
“…Nel tempo è cresciuto un tessuto di imprese che serve le esigenze di espansione affaristica del crimine organizzato e che, a sua volta, consente di generare profitti e di espandersi, ma di generare anche consenso sociale e nuove forme di rappresentanza
e tutela tecnica e non solo tecnica degli interessi criminali sottostanti. Persino la leadership dei cartelli mafiosi si definisce su questo versante perché è del tutto evidente che per assumere posizioni di leadership nei grandi cartelli criminali bisogna essere capaci di occupare
posizioni di controllo e regia di estese e ramificate reti di imprese”, a spiegato il Procuratore Nazionale Antimafia Giovanni Melillo.
Un quadro dal quale emerge la necessità di un contributo del mondo della politica, della cultura, dell’informazione e soprattutto del mondo del lavoro, per sradicare l’ideologia mafiosa dal pensiero collettivo e liberare i cittadini dal bisogno di “protezione” per poter soddisfare i bisogni primari, nonché dal timore di dover sottostare a pressioni ed intimidazioni sui quali le mafie sono storicamente abituate a far leva. L’esempio più calzante, in tale ottica, è fornito dal contesto familiare e dei fiancheggiatori che avrebbero reso possibile la latitanza attiva del boss Matteo Messina Denaro.
Cruciale anche il riferimento all’esigenza sempre più avvertita di adottare ogni cautela finalizzata ad impedire l’ingresso nelle carceri italiane di materiale di telecomunicazione sempre più sofisticato e con dimensioni sempre più ridotte.
In Campania, in crescita i casi di infiltrazioni mafiose negli Enti locali volti a condizionarne i regolari processi decisionali per l’affidamento degli appalti pubblici, altro settore di prioritario interesse della camorra. Grazie alla spiccata capacità di tramare articolate relazioni con taluni esponenti delle Amministrazioni e delle imprese locali, i clan riescono ad aggiudicarsi importanti commesse pubbliche sia con affidamenti diretti in favore di aziende ad essi collegate, sia tramite il ricorso a sub-appalti.
Non a caso, l’attività di contrasto alla criminalità organizzata sul fronte della prevenzione amministrativa ha condotto le Autorità prefettizie campane ad adottare ben 80 provvedimenti interdittivi a carico di altrettante società per le quali sono stati rilevati elementi sintomatici di un condizionamento mafioso.
I più recenti esiti investigativi hanno evidenziato inoltre un crescente e diffuso interesse per le attività illecite ad alto profitto e con ridotto rischio giudiziario quali il contrabbando di carburanti, il ricorso alle cosiddette società “cartiere” per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti allo scopo di riciclare denaro ovvero realizzare frodi fiscali, truffe assicurative, nonché ottenere il controllo delle aste fallimentari e delle procedure di esecuzione immobiliare.
Lo spaccio di droga, le estorsioni e l’usura permangono i settori criminali maggiormente diffusi e più remunerativi
per i gruppi camorristici, anche minori, sempre pronti a contendersi il controllo del territorio anche non esitando a fare ricorso
all’uso della violenza. Nel capoluogo campano e nei territori della provincia è stata registrata una recrudescenza della contrapposizione tra sodalizi, la cui caratteristica peculiare è rappresentata dalla giovanissima età dei
protagonisti e dalla disponibilità di armi, anche da guerra.
Inoltre, la figura del broker, già riscontrata in altre matrici criminali, è sintomatica del livello di pericolosità raggiunto dai clan camorristici poiché connota in senso globale la dimensione dei traffici illeciti e quindi dei relativi flussi di capitali che gestiscono.
Un riferimento particolare al clan Moccia di Afragola, tuttora operativo, malgrado le costanti azioni repressive che hanno già portato alla condanna di numerosi elementi di vertice e gregari e indotto taluni di essi ad intraprendere la via della collaborazione con la giustizia.
Il fenomeno camorristico in Campania si manifesta assume una forma variabile in base ai contesti geografici in cui ha avuto origine e si è evoluto. Le province di Napoli e Caserta restano i territori a più alta e qualificata densità criminale, dove si registra la presenza di grandi cartelli camorristici: Alleanza di Secondigliano, Casalesi e Mazzarella ovvero di organizzazioni mafiose più strutturate, i cui interessi illeciti riguardano anche settori dell’economia legale e che in molti casi si sono evoluti in vere e proprie “imprese mafiose”.