Morto a Roma, all’età di 84 anni, l’attore Paolo Villaggio.
Nato a Genova il 30 dicembre del 1932, Villaggio era ricoverato da diversi giorni al Policlinico Gemelli.
È calato definitivamente il sipario su un volto che è stato interprete televisivo e cinematografico di personaggi legati a una comicità paradossale e grottesca, come il professor Kranz e Giandomenico Fracchia, ma soprattutto il celeberrimo ragionier Ugo Fantozzi.
Non solo comico, Villaggio era anche uno scrittore di libri di satira: 9 libri incentrati sulla figura di Fantozzi e altri libri di carattere satirico portano la firma dell’attore genovese.
Villaggio ha però interpretato anche ruoli drammatici, partecipando a film di registi come Federico Fellini, Marco Ferreri, Lina Wertmüller, Ermanno Olmi e Mario Monicelli. Leone d’oro alla carriera nel 1992, in occasione della 49ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Pardo d’onore alla carriera al Festival del cinema di Locarno del 2000 e David di Donatello alla carriera nel 2009.
Ad annunciare il decesso dell’attore, la figlia Elisabetta tramite un post pubblicato su facebook. Una foto in bianco e nero accompagnata da una frase toccante: “Ciao papà ora sei di nuovo libero di volare.”
Proprio qualche mese fa, la stessa figlia dell’attore punto il dito contro il cinema italiano, accusandolo di aver abbandonato suo padre.
L’ultimo film di Villaggio risale al 2012: “Tutto tutto niente niente”. Nel 2015 ha partecipato a “Quelli che il calcio” come inviato.
Creatore di maschere indimenticabili e di modi di dire che sono entrati nel linguaggio comune. Perché oltre che attore Villaggio è stato anche scrittore e sceneggiatore. Maschera comica, grottesca e drammatica a un tempo, capace di far ridere fino alle lacrime ma anche di commuovere nei lavori “più seri”, basta ricordare la sua magistrale interpretazione in “Io speriamo c’è me la cavo”. Negli ultimi anni si è dedicato principalmente al teatro, con la consueta vena cinica e dissacrante. Il suo ultimo spettacolo, del 2016 è “Mi piacerebbe tanto andare al mio funerale”.
“Entri per un controllo ed esci in una cassa di rovere. Io l’ho già prenotata” così si immaginava la sua fine Paolo Villaggio, steso su un letto d’ospedale, in un’intervista rilasciata a “Le Iene” qualche anno fa. D’altronde le sue apparizioni pubbliche erano sempre un’occasione per provocare e dare scandalo. Ogni intervista si traduceva in un combattimento verbale, ogni apparizione in una sorpresa anche per le fogge personalissime dei suo abiti.
Il suo battesimo sul palcoscenico avvenne con la compagnia goliardica Baistrocchi. Si esibì in esilaranti numeri da cabaret che gli servirono da modello per le sue maschere diventate poi celebri: il travet timido, l’imbonitore aggressivo, l’eterno sconfitto. Da qui alla notorietà il salto si rivelerà breve: sia grazie alle buone compagnie frequentate al “Derby” di Milano, sia per merito di Maurizio Costanzo che lo portò a Roma e lo fece debuttare a teatro e alla radio.
Complice il desiderio di rinnovamento della tv di stato, Villaggio scalò in fretta i gradini della celebrità: “Quelli della domenica” (dove debuttarono il Professor Kranz e il nevrotico Fracchia), “Canzonissima”, “Gran Varietà” alla radio. Sono gli ultimi momenti degli anni ’60 di Villaggio insieme ai buoni compagni di strada come Enrico Vaime, Cochi e Renato, Gianni Agus, Ric e Gian. Nel ’68 debuttò al cinema con il misconosciuto “Eat it!”.
Negli anni ’70 avviene l consacrazione di Villaggio: prima con l’invenzione letteraria del ragionier Ugo Fantozzi (un travolgente successo in libreria) e poi con la sua versione cinematografica che si concretizza nel 1974 per la regia di Luciano Salce e la produzione Rizzoli. Saranno alla fine 10 i capitoli della saga che porteranno il Ragioniere fino in Paradiso e oltre. Nel frattempo Villaggio è diventato un “nome” cinematografico alternando incursioni d’autore (con Monicelli per “Brancaleone alla crociate”, con Gassman che ne fa la sua spalla preferita, con Pupi Avati all’esordio, e con Nanni Loy) e grandi successi di cassetta che si ripeteranno per tutto il decennio successivo, quasi sempre con la complicità di Salce, Sergio Corbucci, Neri Parenti. Dimenticato dal cinema, Villaggio si rifugia nella pubblicistica, nel teatro e nella critica pubblica in cui mantiene sguardo acuto sulla società che cambia. E’ stato un padre difficile per i suoi due figli e un marito affettuoso con la moglie Maura che per 60 anni ha diviso con lui la vita. Ma alla fine è stato soprattutto quel Fantozzi di cui il critico Paolo Mereghetti scriveva “Fantozzi, come la maggioranza dell’umanità, non ha talento. E lo sa. Non si batte né per vincere né per perdere ma per sopravvivere”.