Marinella è la nuora Scianel, una spietata donna di camorra. È una delle ragazze più belle della zona. Il viso, dai lineamenti delicati e un po’ adolescenziali, è segnato però da una grande malinconia. Marinella si sposa giovanissima con Lelluccio Magliocca, il figlio di Scianel, il quale, a pochi mesi dall’inizio del loro matrimonio, finisce in galera per crimini di camorra. Così la ragazza si ritrova a vivere a strettissimo contatto, e all’ombra, della suocera, come se anche lei, senza colpe, fosse rinchiusa in carcere come il marito. Scianel sorveglia Marinella impedendole di vivere e la obbliga ad uno stallo, chiusa in un giudizio costante che ne annulla la personalità, prontamente zittita ogni qualvolta esterna un’opinione. Così la ragazza, dopo sette anni di reclusione e di lontananza dagli affetti, trova spontaneamente un modo per evadere iniziando una storia d’amore clandestina con Mario Cantapane, autista di Scianel, che rappresenta la sua unica libertà.
Marinella, inevitabilmente, come tutti quelli che entrano a far parte di questo mondo, chi per volontà chi per circostanze, dovrà fare i conti con le sue scelte.
“Se ti sposi con me è come essere vedova”: queste le parole che Raffaele Cutolo, ex boss della Nuova Camorra Organizzata, ha pronunciato a colei che sarebbe diventata sua moglie nel 1983: Immacolata Iacone.
“Quando l´ho conosciuto non immaginavo chi fosse, ma tutti lo chiamavano ´O Professore´. Avevo 17 anni e lui 37, era già in prigione”, racconta Immacolata nel corso di un’intervista rilasciata ad una rivista.
Lo conosce quando va a trovare in carcere il fratello, accusato di omicidio e poi assolto, proprio come narrato nel film “Il camorrista”. Dopo un paio di settimane Cutolo le fa avere un biglietto: “Sono rimasto colpito per la spontaneità di una ragazza acqua e sapone”.
Mesi dopo Immacolata torna in carcere: “Era l´8 maggio del 1981, all´ingresso del penitenziario distribuivano rose rosse. Ne diedero una anche a me. Quando mi avvicinai per salutarlo disse: ´Quella rosa è un mio regalo. Mi sentivo un uomo spento, ma con te sono rinato, poi mi chiese di sposarlo e aggiunse: ´Devo scontare ancora due anni di carcere, ma una volta fuori faremo una vita bellissima´, io a quel punto – continua Immacolata – gli risposi: “Non sono niente due anni, ti aspetterei anche 20”.
Dopo avere chiesto la mano al padre della ragazza, arrivò il primo bacio, che fu anche l´ultimo e poi più niente, nessun contatto, poiché la speranza di detenzione di due anni per Cutolo si trasformò in una lunga serie di trasferimenti da carcere a carcere.
“Ci sposammo – continua a raccontare Immacolata Iacone – il 26 maggio del 1983, indossai l´abito bianco e all´altare mi portò l´avvocato. Raffaele mi aspettava di fronte all´altare. Era la prima volta che lo vedevo dalla testa ai piedi. Mi baciò la mano e la fronte. Dall´emozione inciampai nel vestito. Stavo per cadere, lui mi sostenne. Quella è stata l´unica volta che l´ho visto fuori da una cella, senza il filtro di un vetro”.
Dopo quel giorno per la moglie di colui che trasformò la camorra da fenomeno locale in un´organizzazione a livello nazionale, iniziò un periodo tragico: accusata di fare da complice al marito venne arrestata e in un secondo momento scagionata. Le ammazzarono padre e fratello, lo zio, e perfino la madre è stata vittima di quella sanguinaria vendetta trasversale.
“L´unica colpa che ho è di essermi innamorata di un uomo che si chiama Cutolo. Quando l´ho conosciuto non sapevo chi fosse e ancora oggi non so bene cos´abbia fatto. Ma di una cosa sono certa: qualsiasi atrocità abbia commesso, sta pagando in carcere a differenza di altri che sono fuori. E sto pagando anche io con lui. Sto segregata in casa perché mi dicono che è un disonore uscire essendo moglie di un carcerato. E´ durissimo vivere così”.
Ora Immacolata vive per la figlia Denise, nata con inseminazione artificiale. “Mi ha ridato la forza di vivere, di passeggiare, di uscire a fare le spese, di invitare gli amici a cena. Sogno di andare lontano con lei, per regalarle il futuro che merita”.