Una notizia “pesante”, soprattutto perché infligge un duro colpo a termini, concetti e sentimenti solenni, come: “legalità” e “antimafia”. Pino Maniaci, l’eroe di Partinico, il comune in provincia di Palermo divenuto celebre grazie alla sua creatura, Telejato, emblema della lotta contro la mafia che il giornalista ha raccontato ai ragazzi delle scuole di tutta Italia, oltre che ai media nazionali e internazionali.
Come un fulmine a ciel sereno giunge un provvedimento di divieto di dimora nelle province di Trapani e Palermo su ordine del gip di Palermo.
Pino Maniaci è indagato per diverse estorsioni ai danni di sindaci e assessori della zona di competenza di Telejato.
Lo stesso giornalista, nel corso di un’intervista rilasciata a “Le Iene” all’incirca una settimana fa, spiegava la sua innocenza, giustificando quel provvedimento come l’ennesimo sabotaggio da parte della mafia, finalizzato ad ostruire e screditare il suo lavoro. E, invece, se le accuse dovessero rivelarsi attendibili, Maniaci sarebbe l’ultimo aguzzino pronto a sferrare un colpo basso e meschino alla credibilità dell’antimafia.
Un simpatizzante de metodo mafioso pronto a vestire gli abiti della legalità solo per mettere a segno i suoi raggiri.
Dall’inchiesta emerge proprio questo: Maniaci si comportava con “le sue vittime” come un qualsiasi boss che lui stesso giurava di combattere.
«Qua comando io…» dice in un’intercettazione. Prometteva di essere indulgente con i sindaci di Partinico e Borgetto, solo se questi gli avessero versato delle somme di denaro e garantito agevolazioni varie. Solo così le amministrazioni potevano stare tranquille ed evitare servizi televisivi contro di loro. La prima vittima accertata è l’assessore di Borgetto Gioacchino Polizzi. Quest’ultimo è molto chiaro al telefono: per tenere a bada il direttore di Telejato, era stato costretto dal sindaco ad acquistare una partita di magliette, «nonché mettere a disposizione del giornalista gratuitamente un’abitazione».
È lo stesso Polizzi che ha ammesso senza mezzi termini di essere stato costretto ad accettare questa imposizione. L’assessore nella telefonata con il sindaco pro tempore di Borgetto affermava, inoltre, che se Maniaci avesse continuato a denigrarli avrebbe contattato la famiglia mafiosa Giambrone per farlo smettere. Il sindaco di Borgetto, Gioacchino De Luca, descrive Maniaci come un intoccabile, protetto dalle istituzioni: «Voglio precisare che avevo paura che Giuseppe Maniaci come paladino dell’Antimafia ci infangasse come Amministrazione e per questo gli davo dei soldi. Avevo timore di una delegittimazione politica e di un linciaggio mediatico. Volevo evitare che usasse la televisione contro di me.
Giuseppe Maniaci è frequentemente accompagnato da soggetti delle Istituzioni, come magistrati, segnatamente il dott. Ingroia, o prefetti e pertanto appare come un intoccabile tanto è vero che gira con la scorta». Sempre De Luca aggiunge: «Ho versato il denaro per evitare di subire ritorsioni mediatiche così come è capitato di recente quando Maniaci mi riferiva che il Prefetto di Palermo, amica sua, era pronto a sciogliere il consiglio comunale di Borgetto ovvero quando periodicamente annuncia l’arrivo di lettere pure anonime che delegittimano la mia azione politica».
Nonostante il quadro delineato da carabinieri e procura, però, il gip ha ritenuto non fondati i gravi indizi di colpevolezza per Maniaci per le estorsioni ai danni di Polizzi. Al contrario, ben fondati anche per il giudice sono gli indizi relativi a una seconda estorsione ai danni proprio di De Luca. Ci sono intercettazioni ambientali difficili da smentire. Per esempio quando Pino Maniaci entra nell’ufficio del sindaco e dopo essersi seduto esclama «con tono autoritario e lapidario la frase benedetta la liquidità…sborsate». Le telecamere degli investigatori riprendono anche i momenti in cui il sindaco rifila il denaro tra le mani di Maniaci. E, inoltre, la stessa scena si è ripetuta pochi giorni dopo.
E non è tutto.
Dall’inchiesta emergono dettagli che chiariscono il contesto in cui sono maturate le intimidazioni subite dal giornalista. Vendute all’opinione pubblica come minacce di Cosa nostra, invece, ad impiccare i cani di Maniaci sarebbe stato il marito dell’amante.
«Amo kancella tutto e ci sentiamo domani e mi rakkonti tutto nòn parlare dei kani assolutamente e io ti ho solo aiutato kosi lo inkuliamo a domani Ok?»: questo l’sms inviato dal direttore di Telejato alla donna e che proverebbe che il giornalista era ben consapevole che la mafia non fosse coinvolta in quella macabra impiccagione. Nel messaggio sottolineava che al più presto si sarebbe vendicato contro l’uomo che avrebbe agito accecato dalla gelosia. Amante, tra le altre cose, piazzata dallo stesso Maniaci in un ufficio del Comune di Partinico. Assunzione, dicono gli inquirenti, frutto delle pressioni sull’amministrazione pubblica.