L’ultimo blitz andato in scena a Ponticelli e che ha fatto scattare le manette per 60 soggetti legati al clan De Micco-De Martino ha tradotto in carcere diversi affiliati, da lungo tempo legati all’organizzazione che detiene il controllo degli affari illeciti nel quartiere.
Tra le figure più controverse spicca uno degli affiliati della prima ora ai “bodo” che di recente era tornato in affari con il clan, dopo essersi lasciato alle spalle un inverno travagliato introdotto dalla decisione di “uscire dal sistema” mal recepita dai vertici del clan che avevano preteso che il sodale restituisse una percentuale forfettaria dei proventi guadagnati illecitamente grazie all’affiliazione: 50mila euro, questa la quota da versare in cambio della sua libertà.
Il 38enne, dal suo canto, non avendo intenzione di assecondare la richiesta estorsiva, avrebbe lasciato il quartiere, temendo per la sua incolumità, favorendo le condizioni che hanno portato a finire nel mirino dei ras i parenti rimasti a Ponticelli che hanno ricevuto minacce esplicite da alcuni affiliati che ricoprono un ruolo di spessore all’interno dell’organizzazione che dal carcere in cui sono reclusi, con l’ausilio di un telefono cellulare detenuto illegalmente, avrebbero rilanciato la richiesta di denaro, indicandola come condizione necessaria e imprescindibile per evitare conseguenze ben più gravi.
Dopo quella serie di eventi concitati, i familiari avrebbero provveduto a saldare i conti con i De Micco, ma nonostante ciò, il 38enne sarebbe tornato alla corte dei “bodo”, inserendosi pienamente ancora una volta nelle dinamiche malavitose locali, mostrandosi spesso in pubblico in compagnia delle figure apicali dello stesso clan che non gli aveva fatto sconti, appena pochi mesi prima.
Del resto, dalle oltre mille pagine che concorrono a ricostruire ruoli, fatti e scenari che si sono avvicendati negli ultimi anni sul fronte camorristico ponticellese, trapela in maniera evidente la caparbietà del 38enne, al pari di un indole scaltra e opportunistica. Un’ambizione perfettamente in linea anche con il ruolo di corriere della droga ricoperto per favorire il business illecito trapiantato al Nord dalla seconda generazione dei Sarno.
In particolare, il 38enne avrebbe intrecciato rapporti con i figli dell’ex boss Giuseppe Sarno, attualmente residenti in una cittadina del Nord Italia, ma estromessi dal programma di protezione riservato ai collaboratori di giustizia già da tempo, per via dei plurimi reati compiuti mentre erano sottoposti alla tutela dello Stato. Il 38enne, legato proprio alla famiglia di Giuseppe Sarno da un vincolo di parentela, avrebbe garantito consegne puntuali e costanti ai rampolli del clan Sarno attraverso un escamotage molto ingegnoso. Era lui personalmente a provvedere alla consegna di ingenti quantitativi di stupefacenti, soprattutto cocaina, provvedendo al trasporto di pacchi contenendo diversi chili di droga, mimetizzandosi tra i tanti turisti che partono dal cuore di Napoli puntando su viaggi low cost in autobus. Il mezzo di locomozione utilizzato dal 38enne per raggiungere i parenti e soci in affari e consegnargli la droga era un autobus di una nota società che effettua servizi di trasporto pubblico a basso costo in tutta Europa.
Una soluzione scaltra, considerando che non avrebbe dovuto eludere alcun tipo di controllo né affrontare particolari grattacapi, rendendo praticamente nulle le possibilità di essere scoperto o di andare incontro a qualsiasi tipo di situazione che potesse impedire il buon esito della consegna.
Il suo arresto ha pertanto arrecato un ingente danno anche alla versione 2.0 del clan Sarno rifondata sui relitti delle macerie scaturite dal pentimento dei fratelli Ciro, Giuseppe, Vincenzo, Pasquale, Luciano, oltre che di una sfilza di affiliati che hanno ricoperto un ruolo di primo ordine nel clan che ha dominato la scena camorristica napoletana per circa 30 anni. I figli di Giuseppe, il primo dei fratelli Sarno ad optare per la collaborazione con la giustizia, non avrebbero mai smesso di intrattenere legami e rapporti con soggetti addentrati nelle dinamiche camorristiche di Ponticelli, come conferma l’asse finalizzato a rifornire le piazze di droga che i rampolli dell’ex clan egemone di Ponticelli avrebbero messo in piedi nella loro nuova città di residenza.