L’arresto dei fratelli Giovanni e Ciro Russo, nell’ambito del blitz che di recente ha tradotto in carcere 60 soggetti legati al clan De Micco-De Martino di Ponticelli, è una delle notizie che ha destato maggiore scalpore tra gli abitanti del quartiere e che stronca definitivamente le insinuazioni volte a sminuire e contestare l’attendibilità dell’operato degli inquirenti che nel 2022 avevano già portato all’arresto di Giuseppe Russo junior, il fratello minore di Ciro e Giovanni, finito in manette insieme al boss Marco De Micco e ad altri affiliati accusati di aver partecipato all’omicidio di Carmine D’Onofrio, figlio naturale del boss del clan rivale Giuseppe De Luca Bossa.
I fratelli Russo sono conosciuti nel quartiere in quanto titolari di un salone di parrucchiere tra i più frequentati del quartiere: “Lo stilista”. Proprio sull’attività gestita dai fratelli Russo si sono accesi i riflettori degli inquirenti che hanno acquisito una serie di prove che hanno accertato in maniera inequivocabile che il salone era il covo del clan De Micco e che i fratelli Russo erano più che servili e accondiscendenti nei riguardi del boss Marco De Micco, trattenendosi anche oltre l’orario di lavoro per tosare barba e capelli al boss, ma anche agli altri affiliati, adoperandosi anche per garantire al boss una linea telefonica “pulita” per le sue conversazioni, prestandogli i telefoni. E soprattutto, il salone veniva aperto in anticipo, se il boss aveva necessità di incontrare qualcuno in un luogo che riteneva sicuro. “Lo stilista” era il covo del clan: è lì che gli inquirenti hanno acquisito decine di fotogrammi che immortalano gli incontri tra il boss Marco De Micco e i suoi fedelissimi, ma anche con esponenti dei clan rivali, come Pasquale Ronza, genero di Domenico Amitrano. Analogamente, presso il salone dei fratelli Russo, il boss ha incontrato i soggetti a capo delle attività illecite, al fine di definire accordi in merito alla quota estorsiva da corrispondere al clan, come nel caso di Pasquale Tarallo alias ‘a ceccia, a capo di una delle piazze di droga più redditizie del quartiere, quella radicata nell’isolato tre del rione De Gasperi, nonché soggetto più che ben addentrato nel traffico di stupefacenti, tant’è vero che per espresso volere del boss Marco De Micco, sarebbe diventato uno dei rifornitori di tutte le piazze di droga di Ponticelli.
A incastrare i fratelli Russo non concorrono solo i fotogrammi che ricostruiscono i summit, gli incontri e le riunioni che hanno ospitato nel loro salone, ma anche le intercettazioni che forniscono ulteriori conferme circa i rapporti che intercorrevano tra gli indagati.
L’assidua presenza di esponenti della criminalità locale in quel salone era un fatto noto tra gli abitanti del quartiere che destava non poco allarmismo tra i clienti estranei alle dinamiche camorristiche e che pertanto non volevano imbattersi in discorsi e situazioni che era meglio ignorare, vivendo con non poco timore quello scenario. Decine le segnalazioni giunte alla redazione del nostro giornale, acquisite proprio durante un taglio di capelli all’interno del salone dei fratelli Russo, soprattutto all’indomani dei fatti di cronaca più recenti. Una circostanza che emerge anche da uno dei dialoghi intercettati, dai quali trapela il timore di un cliente che contatta uno dei fratelli Russo per sincerarsi dell’assenza di soggetti legati ai clan locali, prima di recarsi al salone per tagliare i capelli. Lo stesso Giuseppe Russo junior dimostra tutto il timore reverenziale che nutre nei riguardi del boss Marco De Micco quando si reca di nascosto a casa di Francesco Petri, scarcerato agli arresti domiciliari. Petri, perno portante del gruppo cresciuto sotto l’ala protettrice dei De Micco nella zona di San Rocco, è legato sentimentalmente a una delle figlie del boss Antonio D’Amico e nel periodo in cui i De Micco erano usciti temporaneamente di scena, si era trasferito nel rione Conocal per garantire pieno supporto al clan del suocero. Consapevole che quella visita a domicilio avrebbe potuto provocare l’ira del boss, il più piccolo dei fratelli Russo ha agito a sua insaputa.
Sono tanti i dettagli che emergono dalle prove acquisite dagli inquirenti che concorrono a ricostruire un quadro sconcertante. Il vincolo di parentela che intercorre tra la moglie del boss Marco De Micco e la compagna di uno dei fratelli Russo avrebbe funto da apripista, determinando nella vita dei tre barbieri il percorso che ha sancito il punto di non ritorno. Malgrado un’attività ben avviata che gli avrebbe garantito una vita tranquilla, i fratelli Russo sono stati risucchiati nel vortice della camorra e sono stati chiamati a rendere conto alla giustizia delle loro azioni.
All’indomani dell’arresto di Giuseppe Russo junior, la famiglia ha intrapreso una vera e propria crociata finalizzata a scagionarlo dalle pesanti accuse, facendo leva soprattutto sul loro buon nome e sulla credibilità professionale acquisita da lui e dai suoi fratelli nel corso degli anni. Indicativi gli attacchi indirizzati più volte dal padre del detenuto alla direttrice di Napolitan.it, la giornalista Luciana Esposito, accusandola di essersi accodata alla polizia e alla magistratura per partito preso, puntando il dito contro suo figlio, calpestando le prove della sua innocenza. E ancora, definendola “paladina delle cronache giudiziarie di Ponticelli” la accusò di non aver speso una parola per il figlio, vittima di “mala giustizia”, incastrato da prove montate ad arte per rovinare un ragazzo di 19 anni che “è andato a scuola e poi è diventato un artigiano di primo ordine, incensurato e ben voluto da tutti”, solo per spezzare le ali anche a chi “è retto e rispetta le regole”. Una condotta analoga a quella intrapresa dalla sorella dei tre barbieri che, in più circostanze, ha cercato di indurre la direttrice di Napolitan a contestare l’operato degli inquirenti, assicurando l’assoluzione del fratello al termine del processo che vede alla sbarra i soggetti accusati di aver partecipato, a vario titolo, all’omicidio di Carmine D’Onofrio.
A distanza di due anni dall’arresto del fratello minore, invece, anche gli altri due uomini di casa Russo sono finiti in carcere e anche in questa circostanza, la famiglia Russo fin da subito ha provato a sensibilizzare l’opinione pubblica per gettare l’ombra del dubbio sull’attendibilità delle indagini svolte dagli inquirenti. Poche ore dopo l’arresto, sul profilo Instagram “lo stilista official” è stato pubblicato un messaggio per comunicare alla clientela che l’esercizio svolgerà l’attività regolarmente avvalendosi del supporto dei collaboratori. Il messaggio termina con un appello inequivocabile: “Certo della vostra comprensione mi aspetto una vostra evidente solidarietà.”