Non si allenta la tensione in via Luigi Franciosa a Ponticelli, quartier generale del clan Casella. Seppure non si registrano da diverse settimane le temutissime incursioni armate da parte dei giovani esponenti della fazione rivale con i quali le nuove leve del clan fondato da Salvatore Casella detto Paglialone sono entrati in conflitto di recente, il clima resta concitato.
E’ svanita rapidamente l’illusione covata dai residenti in zona di poter riabbracciare la serenità in seguito all’arresto di Luigi Minelli, consuocero del ras Ciro Naturale stimato essere il gestore della piazza di droga più prolifera e chiassosa della zona, quella radicata nel cosiddetto “grattacielo”. Un arsenale della droga oggetto di plurime perquisizioni da parte delle forze dell’ordine e più volte finito anche nel mirino dei sicari.
L’arresto di Minelli non ha ridimensionato gli equilibri criminali, dentro e fuori dal supermarket della droga di via Luigi Franciosa, meno che mai ha inficiato sul prosieguo del business. Come puntualmente accade in queste circostanze, altri soggetti sono subentrati a Minelli nella gestione degli affari nel “grattacielo”. Si tratterebbe di due uomini imparentati con il consuocero del broker della droga di Ponticelli che si sarebbero insediati in zona occupando due alloggi.
Il trasferimento in pianta stabile dei due parenti indiretti di Minelli non è passato inosservato. I residenti in zona li descrivono come due “portatori di rogne”, tutt’altro che silenziosi e discreti, ma a destare particolare allarmismo sono due fatti ben precisi. In primo luogo, la predisposizione a nascondere la droga, per eludere i controlli delle forze dell’ordine, anche all’interno di stabili di proprietà di famiglie estranee alle dinamiche camorristiche e molto spesso ignare perfino del pericolo. Le ruote delle auto parcheggiate nei pressi del grattacielo sarebbe uno dei nascondigli maggiormente utilizzati per occultare la droga. Proprio una lite per un posto auto sarebbe sfociata nel sangue nella tarda mattinata di domenica 3 dicembre. Ad avere la peggio un 42enne ferito in maniera non grave alla spalla e alla gamba sinistra. L’uomo ha riferito ai carabinieri giunti al pronto soccorso dell’ospedale Villa Betania di essere stato aggredito nei pressi della sua abitazione da sconosciuti che senza alcun apparente motivo lo ferivano con una lama. Il 42enne abita proprio nel “grattacielo” di via Luigi Franciosa.
Inoltre, una delle due “new entry” di via Franciosa sarebbe dedita soprattutto alle rapine di scooter. Un business che dilaga nella zona. Lo comprovano i tanti motorini ritrovati dalle forze dell’ordine, risultati poi rubati, nascosti in zone “discrete”. Un business gestito anche dai giovani rampolli del clan Casella.
Il modus operandi è sempre lo stesso: gli scooter rubati vengono nascosti in zone isolate, nella maggior parte dei casi a notte fonda, per non attirare l’attenzione dei residenti in zona e restano lì parcheggiati per diversi giorni, per poi sparire. Giusto il tempo di chiudere la trattativa con il legittimo proprietario servendosi del cosiddetto “cavallo di ritorno”: una vera e propria richiesta di riscatto da pagare per vedersi riconsegnare lo scooter rubato. Molto spesso si tratta di moto o scooter nuovi di zecca, motivo per il quale i proprietari preferiscono cedere al ricatto estorsivo, pur di non rinunciare al mezzo acquistato di recente.
Lo scambio avverrebbe nei pressi di via Luigi Franciosa, poco distante dalla zona in cui il ciclomotore è rimasto in sosta per non correre il rischio che un fermo possa far saltare la trattativa. Nella maggior parte dei casi i rapinatori percorrono pochi metri a piedi spingendo a mano lo scooter per evitare rumori che possano attirare attenzioni poco gradite per preservare il buon esito della negoziazione.