Appena qualche mese fa, i giovani rampolli del clan D’Amico si lasciavano immortalare in compagnia dei coetanei, storicamente legati al clan De Micco, mentre si concedevano un’allegra serata in discoteca in un noto locale di Roma.
Il frame pubblicato e poi rimosso da uno dei giovani partecipanti al raduno tra giovani aspiranti leader di fazioni storicamente ostili, destò non poco scalpore, soprattutto per la presenza di Vincenzo Costanzo, il 26enne nipote acquisito del boss Antonio D’Amico che ha ereditato le redini dell’omonimo clan radicato nel parco Conocal di Ponticelli.
L’erede del clan D’Amico, intento a divertirsi in compagnia di giovani riconducibili alla cosca che ha decretato la morte della donna-boss Annunziata D’Amico, sorella di Antonio, uccisa da reggente del clan proprio dai De Micco: un dettaglio tutt’altro che trascurabile e che ha alimentato chiacchiere e polemiche che si sono estese ben oltre il Conocal di Ponticelli.
Una foto pubblicata con un chiaro intento: annunciare un’alleanza destinata a mettere fine alle ostilità tra le due fazioni che da circa dieci anni sono in conflitto per il controllo del quartiere Ponticelli. Almeno questo era il messaggio che in quel momento storico doveva circolare, sui social e tra le strade di Ponticelli.
Una foto destinata a fornire un alibi di ferro ai De Micco-De Martino: in quel clima, forte della gioiosa complicità che trapela da quello scatto, nessuno avrebbe puntato il dito contro i De Micco, all’indomani dell’omicidio di Vincenzo Costanzo, avvenuto pochi giorni dopo quell’allegra serata danzante. Un omicidio ampiamente annunciato e che proprio nello stesso periodo in cui il ras si è concesso una serata di svago con i Bodo-XX, tra le rovine del Conocal, diventava molto di più di un pettegolezzo, ma un dato di fatto supportato da una serie di indizi che hanno concorso a seminare panico e apprensione tra i cittadini estranei alle dinamiche camorristiche che avevano ragione di temere che di lì a poco i sicari avrebbero fatto irruzione nel rione per rendere esecutiva quella condanna a morte e pertanto hanno preferito vivere da segregati in casa.
Una foto che ha inflitto un duro colpo all’orgoglio della famiglia D’Amico, così come dimostrano i messaggi inoltrati alla direttrice di Napolitan.it, la giornalista Luciana Esposito, da Carmela D’Amico detta Melania, primogenita del boss Antonio, pochi minuti dopo la pubblicazione dell’articolo che riportava la notizia della clamorosa alleanza. In quel frangente, la D’Amico prese le distanze dal cugino, affermando che un’alleanza tra i D’Amico e i De Micco non poteva mai avvenire e qualsiasi azione avesse compiuto Costanzo era a lui strettamente riconducibile, in quanto nelle sue vene non scorreva il sangue dei D’Amico.
In attesa che gli inquirenti che indagano per far luce sull’omicidio di Vincenzo Costanzo giungano a ricostruire la verità, NESSUNO PUO’ VIETARE A UNA GIORNALISTA DI AGIRE NEL PIENO RISPETTO DEL DIRITTO DI CRONACA, affinché possa ricostruire i fatti, basandosi sugli elementi fin qui emersi. Un diritto che la scrivente rivendica, malgrado le svariate e reiterate minacce ricevute dalla famiglia Costanzo-D’Amico.
L’ormai certa volontà manifestata da Vincenzo Costanzo di ritirarsi dalla scena camorristica ponticellese per trasferirsi in Germania con l’intento di reinvestire i soldi, messi da parte facendosi promotore di svariate attività illecite, rappresentava una minaccia concreta, sia per i De Micco che per i D’Amico. Non è un segreto che il ras del Conocal, di qui a poco, sarebbe finito dietro le sbarre per scontare una pena residua. Un’associazione di fatti che rappresentava un pericolo concreto per tutti i soggetti invischiati nelle dinamiche camorristiche: difficilmente Costanzo avrebbe trascorso svariati anni in carcere, tardando il suo appuntamento con il sogno di una vita lontano da Ponticelli. Ad indebolire ulteriormente la sua posizione, l’uso sconsiderato di droghe che lo rendeva troppo inaffidabile, perfino agli occhi di amici ed affiliati.
Costanzo ha pagato con la vita un clamoroso errore valutativo: da quel gioco chiamato camorra non si esce pigiando il tasto “stop”.
Di certo, in virtù dei recenti accadimenti, l’armonia ostentata nei mesi precedenti dai rampolli di due fazioni storicamente ostili, assume tutt’altro valore.
L’aspetto più emblematico della vicenda, va ricercato senza dubbio nel ruolo ricoperto dai due giovani ritratti abbracciati al centro della foto divulgata su TikTok per suggellare la clamorosa alleanza. Si tratta di due ragazzi originari di San Rocco, storica roccaforte dei De Micco, cresciuti in simbiosi con i figli degli elementi di spicco del clan dei tatuati. “Due bodiani”, per dirla in gergo locale, convinti sostenitori della cosca e saldamente legati da un vincolo di amicizia fraterna ai cosiddetti “Bodo-XX”, ma che hanno sposato due delle figlie del boss Antonio D’Amico. Un’unione che ha concorso a mescolare le carte e che ha sicuramente contribuito a conferire un volto diverso alla cosca del Conocal. Proprio i generi del boss D’Amico erano subentrati a Costanzo nel controllo degli affari, in seguito alla sua decisione di dimettersi dal ruolo di ras del clan e uno di loro lo avrebbe lasciato su quella panchina in piazza Volturno a Napoli, poco prima che i killer giungessero sul posto per ucciderlo.
Il botta e risposta a distanza ravvicinata che ha animato il pomeriggio/sera dello scorso martedì 27 giugno, in ogni caso, ufficializza che i due clan sono tornati a farsi la guerra. Archiviate le immagini e i ricordi delle serate trascorse tutti insieme in discoteca, i giovani affiliati ai clan D’Amico e De Micco sono tornati ad impugnare le armi per privilegiare le logiche dettate dalla camorra, a meno di due mesi di distanza dall’omicidio di Vincenzo Costanzo.