Ciniche, calcolatrici, spietate, tatuate. Come gli uomini, più degli uomini. La versione al femminile del clan D’Amico di Ponticelli ben personifica il trend sempre più in ascesa delle “lady-camorra” o “donne-boss” che dir si voglia.
Pioniera e leader indiscussa del clan dei “fraulella” – questo il soprannome degli affiliati che per suggellare l’appartenenza al clan D’Amico erano soliti tatuarsi questo nomignolo o una fragola – Annunziata D’Amico soprannominata “la passillona”.
Sorella di Antonio e Giuseppe, boss fondatori del clan di famiglia, Annunziata rivendica con veemenza il suo diritto di ereditare il posto dei fratelli, in virtù di quel legame di sangue. Una soluzione che sovverte e rivoluziona l’assetto gerarchico del clan e che soprattutto rinnega le logiche impartite dal codice d’onore della malavita, secondo le quali il ruolo di reggente del clan di famiglia, in seguito all’arresto dei boss-fondatori, in assenza di altre figure di spicco maschili, doveva essere ricoperto da Salvatore Ercolani detto “Chernobyl”, il marito della “passillona”.
A riprova della sua forte ed insolente personalità, Annunziata D’Amico mette all’angolo suo marito e in più di una circostanza lo zittisce, anche e soprattutto in presenza dei vecchi uomini d’onore dell’area est di Napoli.
Ancor più, in seguito all’arresto di suo marito, “la passillona” radica nel parco Conocal, il rione-bunker del clan D’Amico, una struttura gerarchica in cui ad affiancarla nella gestione dei traffici illeciti sono le altre donne della famiglia. Le cognate, le sorelle, le donne del clan dei “fraulella” ricoprono i ruoli più importanti.
Annunziata D’Amico al timone, sua sorella Carmela e le cognate Anna Scarallo e Deliah Buonocore le armigere più fidate: un clan prettamente costituito da dark ladies, supportate da giovani reclute che in quelle donne vedono un “capo” da rispettare, ma anche una mamma da amare.
Una mistificazione di ruoli che affascina ragazzini, poco più che adolescenti, che fanno letteralmente a cazzotti per entrare nelle grazie della “passillona”. E’ soprattutto di loro che la donna-boss del clan D’Amico si serve per le operazioni più delicate. Inconsapevole di essere intercettata, Annunziata D’Amico impartisce ai suoi “guagliuncielli” lezioni sulle armi più appropriate da utilizzare, a seconda delle esigenze da soddisfare. Un deleterio e fuorviante mix di sentimenti ed intenzioni che permette alla “passillona” di indottrinare un esercito costituito da giovani leve pronte a dare la vita per servire ed assecondare i sogni di gloria di “mamma-camorra”.
Dalle “imbasciate” – messaggi intimidatori – consegnate ai rivali da ragazzini armati alle dozzine di piazze di spaccio radicate nel Conocal, molte delle quali gestite da bambini, fino alle liti tra i giovanissimi del rione per stabilire chi dovesse comprare le sigarette alla “passillona, la donna-boss del rione, venerata come una Madonna, rispettata come un boss, amata come una mamma.
“Pure noi femmine ci mettiamo le pistole addosso e andiamo a sparare. Noi non ce lo creiamo il problema”. A parlare é Delilah Anna Buonocore, moglie di Giacomo D’Amico.
Inconsapevoli della presenza di una microspia nell’abitazione della donna boss Nunziata D’Amico, le donne del clan raccontano senza filtri nè peli sulla lingua il modo in cui vivono, concepiscono ed interpretano la malavita.
Le dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia, invece, concorrono a ricostruire altri agghiaccianti scenari: Delilah Buonocore avrebbe pestato la suocera di un pentito per costringerla a lasciare la sua abitazione nel rione Conocal.