Un’operazione applaudita da tutti, all’unanimità, quella che all’alba di lunedì 26 ottobre ha fatto scattare le manette per le figure di spicco del clan De Luca Bossa. Non solo i cittadini estranei alle dinamiche camorristiche del quartiere, ma anche la maggior parte degli interpreti della malavita hanno esultato non appena hanno appreso la notizia dell’arresto di Umberto De Luca Bossa, il primogenito di Tonino ‘o sicco, e di altri elementi di spicco del clan del Lotto O che dal 2018 era riuscito ad imporre la propria egemonia a Ponticelli.
Una supremazia conquistata grazie all’alleanza tra i clan in declino di Napoli est e poi consacrata in seguito all’arresto delle figure apicali del medesimo sodalizio camorristico per l’omicidio Colonna-Cepparulo e per il quale tutti gli 8 imputati sono stati condannati all’ergastolo.
Un “fine pena mai” dal quale i De Luca Bossa hanno tratto un enorme vantaggio, seppure tra gli otto figuri anche Anna De Luca Bossa, la sorella di Tonino ‘o sicco.
Un’alleanza voluta per scalzare l’egemonia dei De Micco a Ponticelli e nella quale convergevano gli Aprea di Barra, i Rinaldi di San Giovanni a Teduccio, ma anche e soprattutto i Minichini e le “Pazzignane” del Rione De Gasperi di Ponticelli.
Un patto di ferro che ha destato fin da subito scalpore ed indignazione, quello stretto tra le donne-boss del Rione De Gasperi e il clan del Lotto O, in virtù delle vecchie ruggini e rancori che intercorrono tra le due parti e non solo per il legame di sangue tra le “Pazzignane” e Luigi Amitrano, il giovane che perse la vita nell’esplosione dell’attentato con autobomba ordito negli anni ’90 da Antonio De Luca Bossa, fondatore del clan del Lotto O.
Entrambe le compagini se la passavano male in balia delle angherie dei “Bodo” e per privilegiare il business e gli affari hanno messo a tacere orgoglio e vendette e sono tornati a stringersi la mano, seppure a malincuore.
Non era un segreto che tra le “Pazzignane” e i De Luca Bossa, malgrado l’alleanza, non corresse buon sangue e che i rapporti fossero tutt’altro che distesi ed amichevoli e non a caso, nelle ore successive all’arresto che ha tradotto in carcere le figure cardine del clan del Lotto O, sui social network è apparsa la foto della donna-simbolo del clan delle “Pazzignane”: Luisa De Stefano.
Una donna devota alla camorra, carismatica ed irriverente, che ha ereditato la gestione del clan, in seguito all’arresto del marito e che di ragioni per gioire alla notizia dell’arresto dei De Luca Bossa e Company ne avrebbe a bizzeffe. Suo marito, Roberto Schisa, ex fedelissimo dei Sarno, anche lui condannato al carcere a vita ed acerrimo nemico di Antonio De Luca Bossa, di acredini e dissapori con la cosca del Lotto O ne annovera a volontà.
Condannata all’ergastolo per l’omicidio Colonna-Cepparulo, la donna-boss del Rione De Gasperi e madre del neopentito Tommaso Schisa, è stata immortalata nel corso di una videochiamata mentre stringe il pugno. Una posa che sembra quasi essere un’esultanza o una rivendicazione di forza, inevitabilmente riconducibile a quanto avvenuto poche ore prima sul versante camorristico. Impossibile, per chi orbita nei contesti camorristici di Napoli est, estrapolare quell’immagine da quel contesto e da quel momento storico.
Chi ha gettato in pasto ai social quella foto sapeva bene quello che faceva e lo ha fatto per perseguire un intento ben preciso.
In realtà, si tratta di una fake news confezionata ad arte da alcuni membri di quella stessa famiglia che vorrebbero cavalcare proprio l’intento di diramare quel messaggio distorto, rischiando di innescare una bomba pericolosissima.
In realtà, si tratta di una foto “rubata” dal web, scattata dalla figlia della De Stefano, – che vive sotto protezione da quando suo fratello Tommaso ha deciso di pentirsi – e condivisa nelle storie di “Instagram” con una cerchia ristretta di amici e parenti. La giovane proprio ieri, per la prima volta, dopo un anno, si è vista accordare l’autorizzazione per i colloqui in videochiamata con la madre detenuta e verosimilmente ha condiviso quell’immagine per esternare la gioia di aver rivisto la madre dopo 12 mesi, seppure soltanto attraverso uno schermo.
Un’immagine che, involontariamente, stronca sul nascere le voci circolate negli ultimi tempi circa l’ipotetico pentimento della de Stefano e che avevano concorso a creare fibrillazioni e tensioni su diversi versanti.
Non è la prima volta che sui social vengono divulgati fotogrammi della “Pazzignana” Luisa De Stefano in collegamento dal carcere: un’immagine forte, giocata come una carta da spendere per rivendicare forza o autorevolezza da parte di taluni membri della sua stessa famiglia che, però, con lei non hanno alcun contatto diretto.
La De Stefano, oltre ai contatti con la figlia sotto protezione, ha diritto ad una telefonata a settimana alle sorelle e a due videochiamate al mese, oltre alle videochiamate che gli permettono di vedere suo marito, compagno di vita e di sorte, anch’egli condannato a trascorrere in carcere il resto dei suoi giorni.
Una famiglia segnata dal pentimento dei Sarno che con le dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia hanno concorso a determinare il carcere a vita per Roberto Schisa, costringendo la De Stefano a crescere i figli senza un padre. Anche per questo motivo, la scelta di diventare un collaboratore di giustizia avanzata da Tommaso Schisa, primogenito della coppia, ha generato un vero e proprio terremoto tra i rioni-simbolo della malavita di Napoli est. Proprio perchè la De Stefano sta seguitando a manifestare abnegazione e servilismo alla camorra, non emulando le gesta del figlio pur di ricongiungersi con la sua famiglia, nel panorama malavitoso ponticellese è tuttora ritenuta una figura di spicco, degna di stima e rispetto. Per questa ragione, probabilmente, chi ha ancora interessi da rivendicare nell’ambito della scena camorristica di Ponticelli, si dimostra pronto a tutto, anche giocarsi delle “carte false”.