Alla vigilia di un derby tanto storico quanto sentito, come quello che andrà in scena domenica 17 settembre alle ore 15 allo stadio San Paolo di Napoli, tra Napoli e Benevento, è lecito chiedersi che partita sarebbe, se sulla panchina sannita ci fosse Carmelo Imbriani.
L’ex calciatore del Napoli, pupillo di Mister Boskov, nato e cresciuto a Benevento, al termine della sua carriera da attaccante, dopo aver militato in tante squadre, divenne proprio l’allenatore della squadra giallorossa.
Un destino amaro quello di Carmelo, giovane gracile e determinato che Boskov etichettò come “il nuovo Inzaghi”, ma che non riuscì mai ad affermarsi ed imporsi tra i big del calcio italiano. Probabilmente ci sarebbe riuscito da allenatore a ritagliarsi un posto tra le autorevoli voci del calcio di casa nostra: il Benevento, sotto la sua guida, vince e convince, ma è proprio mentre si trova in ritiro con la sua squadra che la vita gli gioca il fallo più infimo.
Era l’estate del 2012, quando Mister Imbriani, allenatore del Benevento da un anno, inizia a star male: una banale influenza, in seguito ad accertamenti più approfonditi, aveva rivelato la tragica realtà . Vengono individuati vari linfomi, causati dalla malattia di Hodgkin, che avevano attaccato il corpo dell’ex calciatore del Napoli in più parti.
E’ l’inizio della partita più importante: quella che Carmelo deve fare sua per vincere la vita. A supportarlo in quella dura impresa sopraggiungono le squadre e le tifoserie di tutto il mondo: “Imbriani non mollare” diventa uno slogan che appare sulle t-shirt e sugli striscioni esibiti da tutte le tifoserie e i calciatori del mondo, di tutte le categorie. Uno slogan che, accompagnato dall’effigie di Carmelo, esultante dopo un gol, ricorda tutt’oggi l’uomo e il calciatore che è stato.
Il 15 febbraio 2013 giunge il triplice fischio finale nella vita di Carmelo: l’allenatore del Benevento lascia la moglie Valeria e due figli, Sofia e Ferdinando, quest’ultimo, nato pochi giorni prima della sua morte.
Un lutto che segna e colpisce non solo il mondo sportivo: l’esempio e l’indole di Carmelo, uomo perbene e calciatore leale, tutt’oggi vengono ricordati con affetto e commozione, anche e soprattutto grazie all’impegno di suo fratello Gianpaolo che sta portando in tutto il mondo la storia e il ricordo di suo fratello, attraverso lunghi ed avventurosi viaggi, finalizzati a far conoscere al maggior numero di persone possibile la storia di Carmelo e, al contempo, concorrere alla nascita di qualcosa di concreto che porti il nome di Imbriani, ovvero, cinque campi di calcio in ogni continente a lui intitolati, affinché i ragazzi che si avvicinano allo sport possano far loro i valori e i principi che hanno guidato la carriera umana e professionale di Carmelo.
La tifoseria beneventana non l’ha mai dimenticato e ha puntualmente rivolto un pensiero ad Imbriani, nel corso dell’avvincente galoppata verso la massima serie. A Carmelo è intitolato l’antistadio del Benevento e gli striscioni e le dediche speciali per il compianto calciatore ed allenatore non sono mai mancate. La tifoseria azzurra non è stata da meno, i supporter partenopei in più circostanze hanno dedicato degli striscioni a quel ragazzo gracile e sognatore, morto troppo presto, quando il calcio aveva ancora bisogno di uomini capaci di portare in campo i valori che ne hanno ispirato quel cammino, davvero troppo breve.
Chissà che derby sarebbe stato, quello di domenica, se Carmelo non fosse costretto a guardarlo da lassù…