La cittadina di Ottaviano, nel cuore dell’area vesuviana, si oppone alle riprese di una serie televisiva basata sulle opere di Roberto Saviano. Il Comune ha infatti negato l’autorizzazione a girare scene all’interno del prestigioso Palazzo Mediceo, uno dei luoghi simbolo della storia locale.
La decisione, comunicata ufficialmente dall’amministrazione comunale, ha scatenato un acceso dibattito tra chi sostiene la scelta e chi la critica aspramente. Secondo il sindaco e la giunta, la figura di Saviano è divisiva e la narrazione della criminalità organizzata potrebbe dare un’immagine distorta del territorio, alimentando stereotipi negativi sulla città e sulla sua comunità.
“Riteniamo che la narrazione proposta non sia in linea con l’immagine di rinascita e progresso che oggi rappresenta Ottaviano“, questa la motivazione che il sindaco di Ottaviano, Biagio Simonetti, ha fornito alla casa di produzione “Stand by me”, unitamente al diniego dell’autorizzazione a girare scene di una serie televisiva nel Palazzo Mediceo e lungo alcune strade di Ottaviano: corso Umberto e via delle Rose, la zona dove vive la famiglia del defunto boss Raffaele Cutolo.
La casa di produzione ha spiegato di voler raccontare la storia del vicequestore Antonio Ammaturo, ucciso nel 1982 per mano delle Brigate Rosse, ma con il beneplacito di Raffaele Cutolo, al quale il poliziotto aveva arrestato il figlio.
Saviano, noto per il bestseller Gomorra e per il suo impegno contro la camorra, ha più volte affrontato tematiche legate alla criminalità organizzata, attirando sia consensi che polemiche. La sua opera ha contribuito a far conoscere al mondo le dinamiche della malavita campana, ma ha anche sollevato critiche da chi ritiene che insistere su certi temi possa danneggiare l’immagine della regione.
Il rifiuto di Ottaviano si inserisce in un contesto più ampio di tensioni tra istituzioni locali e il mondo della produzione cinematografica e televisiva. Se da un lato il racconto della criminalità è necessario per la memoria storica e la denuncia sociale, dall’altro c’è il timore che possa cristallizzare un’immagine negativa del Sud Italia, penalizzando realtà che cercano di promuovere il riscatto e la rinascita culturale ed economica del territorio.
L’episodio ha sollevato interrogativi su libertà artistica, tutela dell’identità locale e il ruolo della cultura nella lotta alla criminalità. Resta da vedere se la produzione troverà una soluzione alternativa per portare avanti il progetto o se deciderà di modificare il piano delle riprese. Intanto, il dibattito continua a infiammare l’opinione pubblica, divisa tra chi sostiene il diritto a raccontare ogni aspetto della realtà e chi teme che l’attenzione mediatica sulla criminalità possa oscurare le numerose eccellenze del territorio vesuviano.