Alberto Stasi, ex studente della Bocconi di Milano, fin da subito è stato uno dei personaggi cruciali che orbitavano intorno al delitto di Garlasco, l’omicidio della sua fidanzata Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007.
Nato nel 1983, all’epoca dei fatti era un giovane laureando in economia e finanza, riservato e appassionato di informatica. Prima dell’omicidio della fidanzata, conduceva una vita apparentemente normale e non aveva mia avuto problemi con la legge. Tuttavia, la mattina dell’omicidio la sua vita cambiò per sempre.
Il delitto di Garlasco
La mattina del 13 agosto 2007, Chiara Poggi, 26 anni, viene trovata senza vita nella sua casa a Garlasco (Pavia). A chiamare i soccorsi è proprio Alberto Stasi, che riferisce di aver trovato la fidanzata distesa in un lago di sangue.
L’autopsia rivela che Chiara è stata colpita almeno 10 volte alla testa con un oggetto contundente mai ritrovato. L’orario della morte viene stimato tra le 9:12 e le 9:35. Non ci sono segni di effrazione, suggerendo che l’assassino fosse qualcuno di fidato. Fin dai primi giorni, gli investigatori concentrano i sospetti su Alberto Stasi, l’ultimo ad aver avuto contatti con Chiara.
Diverse anomalie portano gli inquirenti a mettere sotto accusa Stasi:
1. Le scarpe pulite
Stasi sostiene di aver camminato nella casa e di aver scoperto il corpo, ma i suoi mocassini e i suoi vestiti sono immacolati, nonostante il sangue abbondante sulla scena del crimine.
2. Il computer
Dice di aver lavorato alla tesi dalle 9:35 alle 12:20, ma le analisi informatiche mostrano che il PC è rimasto inattivo tra le 9:10 e le 11:42.
3. L’assenza di impronte insanguinate
Nonostante Stasi dica di essere entrato e uscito dalla casa, non lascia impronte o tracce di sangue, cosa ritenuta improbabile dagli esperti.
4. Il dispenser del sapone
L’unica impronta trovata è di Stasi, il che fa sospettare che si sia lavato le mani dopo il delitto.
Tutti questi elementi portano alla sua prima accusa di omicidio volontario.
L’arresto e il primo processo
Un iter giudiziario tortuoso e complesso, quello al quale è andato incontro Stasi e del quale ripercorriamo le fasi salienti.
24 settembre 2007: Stasi viene arrestato con l’accusa di omicidio volontario, ma dopo 4 giorni viene scarcerato per insufficienza di prove.
2009: assolto nel processo di primo grado.
2011: la Corte d’Appello conferma l’assoluzione.
2013: la Cassazione annulla la sentenza e ordina un nuovo processo d’Appello.
La condanna a 16 anni
Nel dicembre 2014, la Corte d’Appello di Milano ribalta tutto e condanna Alberto Stasi a 16 anni di carcere. Le prove chiave della condanna sono:
La perizia sulle scarpe pulite, ritenuta incompatibile con la sua versione. Le nuove analisi sulle ferite di Chiara, che suggeriscono un’aggressione da una persona con postura e altezza simili a Stasi.
Nel dicembre 2015, la Cassazione conferma la condanna definitiva.
I tentativi di revisione del processo
Dal carcere, Stasi e i suoi avvocati tentano più volte di far riaprire il caso: tra il 2016 e il 2017, spunta una pista alternativa: il DNA di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, viene trovato sotto le unghie della vittima. Tuttavia, a marzo del 2017 la Procura archivia l’indagine su Sempio, ritenendo che la prova genetica non sia sufficiente.
Nel 2021 la Cassazione respinge la richiesta di revisione. Due anni dopo anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dichiara irricevibili i ricorsi della difesa.
Attualmente Stasi si trova in carcere, dove sta scontando la sua condanna. Dopo 10 anni di battaglie giudiziarie, la sua condanna è definitiva e nessun tribunale ha riaperto il caso.
Tuttavia, nel corso della giornata di martedì 11 marzo, si è rapidamente diffusa la notizia che la Procura di Pavia ha nuovamente indagato su Andrea Sempio, riaccendendo dubbi su un possibile errore giudiziario.
Dopo anni di processi e perizie, resta una domanda: è davvero lui l’assassino di Chiara Poggi?