Non riserva sorprese l’esito delle votazioni: gli italiani hanno confermato quanto annunciato nelle settimane precedenti dalle proiezioni dei sondaggi consentendo al centrodestra di ottenere la maggioranza dei voti trainato da Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni che potrebbe diventare la prima donna premier della storia d’Italia.
Dal voto per il rinnovo del Parlamento esce vittoriosa la coalizione di centrodestra, con Fratelli d’Italia come prima forza politica, con oltre il 25% dei voti. Servirà però qualche settimana prima di arrivare a un nuovo governo.
Dopo le elezioni si attende qualche giorno per la proclamazione degli eletti da parte degli uffici elettorali presso le Corti d’appello. Quest’anno tale passaggio potrebbe essere più complicato per via della legge che ha ‘tagliato’ i parlamentari portandoli da 945 a 600.
Già fissata per il 13 ottobre la riunione dei nuovi deputati e senatori, anche se va ancora decisa l’ora. In questa prima seduta si proclamano gli eletti e si procede all’elezione dei presidenti di Camera e Senato.
I sistemi sono radicalmente differenti per i due rami. A Palazzo Madama si definisce tutto necessariamente entro il quarto scrutinio: primo e secondo voto sono a maggioranza assoluta dei componenti, il terzo voto è a maggioranza assoluta dei senatori presenti. Se nessuno raggiunge nemmeno questa maggioranza, si procede al ballottaggio.
Un po’ più lungo il discorso a Montecitorio. Alla Camera al primo scrutinio servono i due terzi dei componenti, al secondo e terzo voto il quorum si abbassa a due terzi dei votanti, dal quarto scrutinio basta la maggioranza assoluta dei voti e si procede a oltranza. Dal 1948 ad oggi non è mai stato superato il quinto scrutinio. Dunque, l’elezione dei due presidenti non dovrebbe andare oltre il 15 ottobre, un sabato.
Una volta eletti i presidenti di Camera e Senato, il Presidente della Repubblica di prassi convoca le consultazioni. In assenza di intoppi la finestra per le consultazioni si potrebbe aprire già per il 17-18 ottobre. I primi a salire sono gli ex presidenti della Repubblica (in questo caso probabile una telefonata con il presidente emerito Giorgio Napolitano), poi i due presidenti appena eletti e i rappresentanti dei partiti presenti in Parlamento. Solitamente vengono sentiti i capigruppo a cui normalmente si uniscono i leader dei partiti.
Se il risultato è chiaro le consultazioni sono veloci, si concludono con l’incarico a un presidente del Consiglio, solitamente entro poche ore dalla conclusione. Se il risultato dovesse incerto e nessuna coalizione dovesse vincere in modo netto, probabili più “giri” di consultazioni, con il conferimento di incarichi esplorativi, solitamente ai presidenti delle Camere, o preincarichi a esponenti di spicco istituzionali. A normare la formazione del governo c’è l’articolo 92 della Costituzione che recita: “Il Presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”.
Una volta che il presidente della Repubblica conferisce l’incarico al presidente del Consiglio, questi solitamente accetta con riserva e conduce sue ‘consultazioni’ con i partiti disposti a sostenere il suo esecutivo. Si comincia a formare un programma e a stilare una lista di ministri. Se il risultato è netto di solito in uno o due giorni anche queste ‘consultazioni’ si concludono. Se le consultazioni del premier incaricato hanno esito positivo, questo torna al Quirinale, scioglie la riserva e viene nominato presidente del Consiglio. All’uscita dallo studio alla Vetrata, dove ha appena parlato con il Capo dello Stato, il neopresidente del Consiglio legge la lista dei ministri. Va ricordato che i ministri sono nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del presidente del Consiglio, ai sensi dell’articolo 92.
Il giorno dopo o anche poche ore dopo lo scioglimento della riserva, il presidente del Consiglio e i ministri giurano al Quirinale nelle mani del presidente della Repubblica. Se il risultato fosse netto, dunque, e non sorgesse nessun intoppo politico, il governo potrebbe giurare già negli ultimi giorni di ottobre. Sceso dal colle del Quirinale, il premier va a Palazzo Chigi, sede del governo, dove viene accolto dal premier uscente. Al primo piano, nel salone delle Galere, il premier uscente consegna al nuovo la campanella, il cui trillo fa iniziare la riunione del Consiglio dei ministri.
Il premier uscente lascia Palazzo Chigi e il nuovo presidente del Consiglio riunisce per la prima volta il Consiglio dei ministri durante il quale si nomina il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e Segretario del Consiglio e si assegnano le deleghe ai ministri senza portafoglio. Il governo entra ufficialmente in carica e può cominciare a varare decreti-legge e disegni di legge, gli strumenti principali della sua attività.
Una volta che ha giurato ufficialmente, il premier si prende uno o due giorni per scrivere il discorso programmatico con cui si presenterà alle Camere (questa volta si parte da Montecitorio) per chiedere la fiducia. Con i nuovi numeri dei parlamentari saranno ora necessari 201 sì alla Camera e 104 sì al Senato. Anche senza fiducia il governo però è già ufficialmente operativo: questo significa che il premier può già presenziare ai vertici internazionali. Una volta ottenuta la fiducia, il governo è pienamente operativo.