Rotta l’alleanza tra i De Micco e i De Martino, i due clan che fino a poco tempo fa rappresentavano un’unica organizzazione camorristica egemone a Ponticelli.
Una scissione annunciata prima sui social l’estate scorsa attraverso una serie di messaggi subliminali pubblicati dagli account che promuovo le gesta del clan De Micco nei quali non figurava la doppia “X”, simbolo del clan De Martino e poi ufficializzata dalle estorsioni di Natale: i commercianti riferiscono che per la prima volta, quest’anno, hanno ricevuto due richieste distinte, da parte di due soggetti diversi che hanno preteso di riscuotere il denaro facendo riferimento uno al clan De Martino e l’altro al clan De Micco.
Termina così una delle alleanze più longeve della camorra ponticellese, seppure fortemente viziata fin dall’incipit da una serie di necessità che entrambi i clan hanno preferito appagare nel corso degli anni per preservare il controllo del territorio e preservare il buon esito degli affari illeciti.
Un’alleanza nata nel 2011, contestualmente al pentimento dei Sarno dal quale scaturì un vuoto di potere che sia i De Micco che i De Martino miravano a colmare combattendo una faida senza esclusione di colpi, nell’ambito della quale ebbe la peggio Massimo Imbimbo, contiguo al clan De Martino-Perrella-Circone, nonchè nipote del ras Francesco De Martino. Un omicidio compiuto dai De Micco, all’epoca alleati dei Cuccaro. Ad entrare in azione per freddare un elemento di spicco del clan rivale, Salvatore De Micco – fratello di Marco, fondatore dell’omonimo clan – e Gennaro Volpicelli. Imbimbo fu ucciso mentre, a notte fonda, a bordo di uno scooter, transitava in via Alfieri, nei pressi del rione Lotto 10.
Inconsapevole di essere intercettato, nei giorni successivi all’agguato, il ras Francesco De Martino, palesava allarmismo ed apprensione per la sorte degli altri sodali, in primis, per quella dei figli Antonio e Giuseppe, già ben addentrati nelle dinamiche malavitose, mentre il figlio minore, Salvatore, era poco più di un bambino. Temeva che i rivali del clan De Micco, con l’intento di favorire l’ascesa e la supremazia dei Cuccaro di Barra a Ponticelli, potessero mettere a segno un altro delitto eccellente. L’oggetto della disputa, come di consueto, era il controllo dei traffici illeciti, in primis del business della droga. Fino a prima dell’omicidio Imbimbo, i gestori delle piazze di spaccio di Ponticelli versavano la quota ai De Martino. Dopo quel delitto eclatante, lo scenario cambiò repentinamente e di fatto tutti iniziarono a pagare la tangente ai De Micco.
A nulla servì l’irruzione presso “il circolo di Bombò” che a tutti gli effetti rappresentò la replica della fazione capeggiata dai De Martino all’omicidio Imbimbo. Per sedare la faida che, di giorno in giorno, diventava sempre più temibile, il ras Francesco De Martino stipulò una tregua in seguito ad un incontro con i vertici del clan Cuccaro, al quale partecipò personalmente.
Nacque così l’alleanza tra i De Micco e i De Martino, sulla base di un sonoro colpo all’orgoglio inflitto ad una temprata famiglia d’onore di Ponticelli. Per questo motivo, tra le reclute della malavita, la nascita di quel sodalizio apparentemente così solido e coeso, è sempre stato oggetto di suggestive ipotesi. La più insistente narra che Antonio De Martino detto “XX” avrebbe covato brama di vendetta silenziosamente, animato dalla ferma volontà di “rendere giustizia” al cugino, in attesa del momento più propizio per colpire i rivali di un tempo, poi diventati alleati per sopperire alle forzate esigenze dettate dalle circostanze. Tra i rioni in odore di camorra, da tempo immemore, aleggia una pesante suggestione secondo la quale “XX” mirava ad uccidere il boss Luigi De Micco, reggente dell’omonimo clan in seguito all’arresto dei fratelli Marco e Salvatore, per portare a compimento l’agognata vendetta, ma anche per appropriarsi di un ruolo più autorevole all’interno di quella cosca che lui stesso aveva concorso a consolidare a suon di omicidi eclatanti, come quello del ras del Lotto O Salvatore Solla e della donna-boss Annunziata D’Amico, reggente dell’omonimo clan. Dal suo canto, Luigi De Micco, consapevole della brama di rivalsa covata dal temibile “XX” avrebbe, a sua volta, studiato una strategia utile a “bruciarlo sul tempo”, lasciandogli credere che al cospetto del suo imminente arresto, sarebbe stato lui ad ereditare le redini del clan, auspicando che quella prospettiva potesse sedarne il livore di vendetta. A mettere un punto risolutivo alle rispettive strategie di due figure di primo ordine della malavita ponticellese, il blitz che nel 2017 ha fatto scattare le manette per Luigi De Micco ed Antonio De Martino, oltre che per altri 21 affiliati al clan De Micco.
Proprio in questo clima, sulle ceneri del clan De Micco, si è rifondato il clan De Martino, capeggiato dall’unico dei fratelli “XX” a piede libero, il giovane Salvatore e principalmente costituito da giovani con piccoli precedenti a carico e senza alcuna esperienza in materia camorristica, sotto la sagace regia di Antonio De Martino che dal carcere non ha mai smesso di dirigere i suoi fedeli armigeri, dettando strategie ed impartendo direttive.
Il resto è storia contemporanea: la scarcerazione del boss Marco De Micco ha ridisegnato ruoli ed equilibri all’interno dell’organizzazione concorrendo a fomentare un malcontento sfociato nel punto di non ritorno in seguito al suo arresto, avvenuto appena un anno dopo il ritorno a Ponticelli. Forte degli errori che nel passato recente avevano penalizzato il suo clan in seguito agli arresti che favorirono l’ascesa dei rivali, prima di tornare nuovamente in carcere, Marco De Micco affida la reggenza del clan a Ciro Naturale detto ‘o mellone, noto broker della droga di Ponticelli. Una decisione che scontenta gli “XX”, ancora una volta trattati come semplici soldati al servizio della cosca. Di contro, la scarcerazione di Francesco De Martino e successivamente quella del figlio Giuseppe hanno concorso a corroborare l’omonimo clan.
Non è un segreto che i rapporti tra i vertici del clan De Martino e ‘o mellone fossero pessimi, complici i dissidi di carattere economico e i punti di vista divergenti rispetto alla politica da attuare nella gestione del business della droga. In questo clima matura l’agguato al quale è miracolosamente sopravvissuto Naturale lo scorso luglio. Proprio quell’episodio avrebbe sancito la fine dell’alleanza tra i De Micco e i De Martino. Un dettaglio che concorre a fomentare i rumors di popolo secondo i quali ci sarebbe proprio la firma di questi ultimi sul tentato omicidio del reggente del clan De Micco.
L’unico dato certo è che proprio in seguito all’agguato subito da ‘o mellone matura la scissione tra le due compagini.
Nessun esponente del clan De Martino si sarebbe recato all’ospedale o a casa di Naturale quando è stato dimesso dopo una degenza durata circa un mese. Naturale non ha ricevuto nessuna visita di cortesia dagli ormai ex alleati: un altro fatto che aveva concorso a confermare la rottura dell’alleanza, al pari dei frame apparsi sui social dove si rilanciano le gesta dei Bodo e dei Mazzarella. Rimossi gli “XX”, proprio contestualmente al ritorno a Ponticelli di Naturale.
Una scissione ormai certa, seppure le due compagini starebbero optando per una convivenza pacifica, evitando di inscenare una nuova faida di camorra che entrambi i clan hanno più interesse a sventare che a combattere. Almeno per il momento.
Alla luce degli scenari emersi di recente, Ponticelli è un quartiere diviso tra clan che controllano diverse fette di territorio: i Casella in via Luigi Franciosa, i D’Amico nel rione Conocal, quello che resta del clan De Luca Bossa nel rione Lotto O, mentre la restante parte è spartita tra i De Micco e i De Martino che detengono il controllo dei loro arsenali storici, ma resta da capire con quali modalità.
Tanti, tuttavia, i quesiti da chiarire. In primis, la posizione dei singoli affiliati. In tal senso, un contributo importante viene fornito dalle foto pubblicate sui social che ritraggono molti giovani che un tempo rappresentavano lo zoccolo duro dei De Martino in atteggiamenti amichevoli con i rampolli del clan De Micco. Allo stesso modo resta da capire chi provvede al mantenimento dei tanti detenuti in carcere, uno su tutti Antonio De Martino. In che modo la scissione in atto sta incidendo sui rapporti tra i “Bodo” e il killer che ha favorito l’ascesa del clan collezionando delitti eccellenti che si stanno tramutando in ergastoli? Un altro interrogativo cruciale da sciogliere per far luce sull’attuale scenario camorristico che disegna un equilibrio precario, dove l’unico dato certo è il prioritario interesse delle due cosche nel preservare il buon esito degli affari illeciti, pur destreggiandosi tra le stesse strade, così come comprovano le duplici richieste estorsive incassate dai commercianti di recente.