Ciriaco De Mita, l’ex presidente del Consiglio e segretario della Dc è deceduto alle 7 di giovedì 26 maggio nella casa di cura Villa dei Pini di Avellino. A febbraio era stato sottoposto ad un intervento chirurgico per la frattura di un femore a seguito di una caduta in casa. Aveva 94 anni e non aveva mai smesso di fare politica, tant’è vero che ricopriva la carica di sindaco di Nusco, il suo paese. A diramare la notizia del decesso di De Mita, il vice sindaco di Nusco, Walter Vigilante.
Verso la fine degli anni Ottanta Ciriaco De Mita è stato contemporaneamente segretario della Democrazia cristiana e presidente del Consiglio.
Uno degli esponenti più autorevoli della corrente di sinistra, originario di Nusco, figlio di un sarto, dopo il liceo si trasferì alla Cattolica di Milano. Eletto per la prima volta alla Camera nel 1963 vi rimase per trent’anni di fila. Avellino aveva già un leader, Florentino Sullo, De Mita alla fine degli anni Sessanta lo sconfisse e ne prese il posto. Nel 1969 divenne vicesegretario della Dc, quattro anni dopo per la prima volta ministro, all’Industria.
Per quarant’anni la Democrazia cristiana resse le sorti del Paese. L’Avellino di Juary giocava in serie A, nel campionato più bello del mondo: dieci campionati di fila, dal 1978 al 1988, che coincideranno, forse non a caso, quasi per intero con il potere demitiano. De Mita rappresentò la rivincita della provincia meridionale. Quando divenne segretario, il 6 maggio 1982, metà città si riversò a Roma per festeggiarlo, ci si faceva raccomandare persino per poter giocare a tressette con lui. Si affermò la corrente detta degli avellinesi: Nicola Mancino (poi presidente del Senato), Gerardo Bianco, Giuseppe Gargani, a cui si aggiungerà da Benevento, Clemente Mastella, il giovane responsabile dell’informazione. La campagna celebrava la sua storica rivalsa contro la capitale, Napoli.
Rimase leader del partito per sette anni, fino al 1989, e per un anno pure capo del governo. Il Paese rinasceva dopo il buio del terrorismo e scalò le posizioni al punto da diventare la sesta potenza del mondo.
La parola chiave del suo settennato è rinnovamento. La Dc del dopo Moro non ritrovava il suo centro, perdeva peso, fiaccata dal malaffare, pesava lo scandalo della P2. Nel 1981 il segretario del Pci Enrico Berlinguer aveva rilasciato a Eugenio Scalfari la sua famosa denuncia sulla questione morale. De Mita reagì. Allevò una nuova classe dirigente, da Sergio Mattarella a Mino Martinazzoli, da Pierluigi Castagnetti a Giovanni Goria (che sarà premier). Grazie a questo sostegno Leoluca Orlando diventò sindaco di Palermo, nell’85, l’alfiere della primavera siciliana. Mattarella venne candidato alle elezioni del 1983, dopo la morte del fratello Piersanti. De Mita fu quindi lo scopritore del futuro Presidente della Repubblica, a cui diede le chiavi del partito in Sicilia per emendarlo dai suoi vizi e dalle contiguità con la mafia.
Con Ciriaco De Mita muore l’ultimo grande protagonista della Prima Repubblica, il simbolo degli anni Ottanta, un’epoca scomposta ma vitale, a cui oggi si è tentati di guardare con crescente indulgenza.