Ogni anno nel mondo sono 3 milioni le bambine che rischiano di essere sottoposte alla rimozione totale o parziale degli organi genitali femminili esterni o ‘infibulate’.
Il 20 dicembre 2012 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha infatti approvato la risoluzione sulla messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili. Queste sono vietate praticamente in tutto il mondo, Italia compresa.
Secondo i dati Unicef-Unfpa 2020, la pratica delle mutilazioni genitali femminili è prevalentemente diffusa in paesi del Corno d’Africa-Medio Oriente come Iraq e Yemen in alcuni paesi dell’Asia come Indonesia e Maldive. É dominante (al 90%) in Somalia Guinea e Gibuti.
Anche nei Paesi occidentali, in relazione ai nuovi scenari multietnici, è cresciuta considerevolmente la presenza di bambine e donne affette da mutilazioni o che rischiano di subirne.
In Italia su circa 76.000 ragazze tra 0 e 18 anni provenienti da Paesi che praticano le mutilazioni circa il 15-24% sono a rischio, secondo i dati 2017-18 dell’Istituto Europeo per l’uguaglianza di genere. Stime Unicef del 2020 riferiscono che circa 200 milioni di ragazze e giovani donne nel mondo che vivono con gli esiti e retaggi di una qualunque forma di mutilazione.
“La sovrapposizione di diverse crisi sta esponendo a un maggiore rischio di mutilazioni genitali femminili milioni di ragazze. I paesi, già alle prese con l’aumento di povertà, disuguaglianze e conflitti, stanno vedendo la pandemia da Covid-19 minacciare ulteriormente i progressi per porre fine a questa pratica, creando una crisi nella crisi per le ragazze più vulnerabili e marginalizzate”. Così in una dichiarazione congiunta Natalia Kanem, direttore generale dell’Unfpa, e Catherine Russell, direttore generale dell’Unicef.
“Anche prima del Covid-19- continuano- si stimava che tra il 2015 e il 2030, 68 milioni di ragazze fossero a rischio di mutilazioni genitali femminili. Mentre la pandemia continua a chiudere le scuole e interrompere i programmi che aiutano a proteggere le ragazze da questa pratica pericolosa, ulteriori 2 milioni in più di casi di mutilazioni genitali femminili potrebbero verificarsi nel prossimo decennio. La rapida crescita della popolazione in diversi paesi dovrebbe aumentare ulteriormente il numero di ragazze a rischio, aggiungendo urgenza allo sforzo globale per eliminare la pratica entro il 2030, come stabilito dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Le Mutilazioni genitali femminili danneggiano i corpi, le vite e il futuro delle ragazze. Rappresentano anche una violazione dei loro diritti umani. Soltanto un’azione congiunta, concertata e ben finanziata può porre fine a questa pratica ovunque”.
“Mentre la comunità globale adotta programmi per raggiungere ragazze e donne colpite dalla pandemia- affermano ancora Natalia Kanem e Catherine Russell- c’è l’urgente bisogno di accelerare gli investimenti per porre fine alle Mutilazioni genitali femminili. Per eliminare la pratica in 31 paesi ad alta priorità sono necessari circa 2,4 miliardi di dollari. In particolare, con l’obiettivo di: investire nell’empowerment di ragazze e donne, e in servizi e risposte adeguate per coloro che sono colpite e a rischio di mutilazioni genitali femminili; investire nella costruzione di partenariati e nella mobilitazione di alleati – inclusi uomini e ragazzi, gruppi di donne, leader di comunità e persino ex praticanti di mutilazioni genitali femminili – per aiutare ad eliminare la pratica; Investire nello sviluppo e nell’applicazione di leggi a livello nazionale e nel rafforzamento delle istituzioni”. “Finora i progressi sono stati chiari e misurabili. Oggi, le ragazze hanno un terzo di probabilità in meno di essere sottoposte a Mutilazioni genitali femminili rispetto a 30 anni fa, e negli ultimi 20 anni, la percentuale di ragazze e donne nei paesi ad alta incidenza che si sono opposte alla pratica è raddoppiata. Questi traguardi ora affrontano una sfida senza precedenti. Le azioni globali devono mantenere questi passi avanti e costruire su anni di progressi per porre completamente fine a questa pratica dannosa”, concludono Natalia Kanem e Catherine Russell.