È morto all’alba del 25 giugno del 2014, Ciro Esposito, 31 anni, napoletano di Scampia, tifosissimo del Napoli e proprio per assistere a un incontro di calcio della sua squadra del cuore è stato ferito mortalmente. Il giovane tifoso azzurro morì dopo 52 giorni vissuti in bilico tra la vita e la morte al policlinico Gemelli di Roma: da quel 3 maggio in cui si era recato a Roma per assistere alla finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, ma allo stadio Olimpico non è neanche riuscito ad entrare. Contro di lui, e senza un motivo valido, Daniele “Gastone” De Sanctis, un ultrà della Roma, ha esploso un colpo d’arma da fuoco mentre Ciro e altri tifosi camminavano ancora su viale Tor di Quinto.
Ciro viveva e lavorava a Scampia, nell’autolavaggio di famiglia, insieme ai suoi fratelli: aveva una fidanzata, Simona, alla quale era legatissimo. La sua passione era il calcio, seguiva spesso il Napoli anche in trasferta, come intendeva fare anche in quel sabato in cui la mano che lo ha ucciso ha scritto una delle pagini più tristi della storia del tifo sportivo italiano.
La notizia del decesso del giovane tifoso si diffuse rapidamente in città, De Magistris, allora sindaco di Napoli proclamò il lutto cittadino e l’intera città si strinse intorno alla famiglia Esposito che parlò alla stampa tramite un unico comunicato in cui chiedeva di di rispettare il silenzio. «Non si faccia violenza nel nome di Ciro. Invitiamo a mantenere la calma, non vogliamo altra violenza, ma solo rispetto per lui». Il monito che fin da subito la madre di Ciro, Antonella Leardi, ha divulgato ai microfoni dei media nazionali accorsi al Gemelli per essere aggiornati sulle condizioni di salute di suo figlio..
Nell’appello, la famiglia ha scritto: «Nessuno può restituirci Ciro ma in nome suo chiediamo giustizia e non vendetta. Vogliamo ringraziare tutti coloro che in questo periodo hanno manifestato la loro solidarietà. Oggi non è gradita la presenza delle istituzioni che si sono nascoste in questi 50 giorni di dolore. Alle 6 di questa mattina dopo un lungo calvario si è spento Ciro, un eroe civile».
La famiglia ha spiegato infatti ciò che ha ricostruito attraverso le testimonianze degli altri tifosi del Napoli, presenti sul posto: «Quel maledetto 3 maggio è intervenuto in via Tor di Quinto a Roma per salvare i passeggeri del pullman delle famiglie dei tifosi del Napoli calcio. Il nostro Ciro ha sentito le urla di paura dei bambini che insieme alle loro famiglie volevano vedere una partita di calcio. Ora è morto per salvare gli altri. Noi chiediamo alle istituzioni di fare la loro parte».
Anche stasera, come accadde 10 anni fa, i tifosi azzurri si ritroveranno alla Rotonda Diaz di Napoli per commemorare il giovane tifoso del Napoli con una fiaccolata alla quale parteciperanno anche i perni portanti dell’associazione Ciro Esposito: sua madre Antonella e suo fratello Pasquale.