Arte, istruzione e cultura, rappresentano quella parte di scomode tematiche che purtroppo, affondano sempre di più, in un mare di indifferenza e scarsa considerazione, da parte delle istituzioni e degli organi preposti.
Un caso limite è lo storico teatro napoletano pubblico di Forcella, il Trianon, vera e propria testimonianza di una tradizione teatrale antica e fortemente sentita fra la gente.
Inaugurato nel novembre 1911 dalla compagnia di Eduardo Scarpetta come luogo di svago per la buona borghesia partenopea, il Trianon è stato gestito da privati fino all’Aprile del 2006, quando la Regione Campania diventa socio maggioritario con il 59,6% delle azioni, mentre il resto del pacchetto appartiene alla Provincia di Napoli.
La direzione artistica viene affidata a Nino D’Angelo, successore di Roberto De Simone, che resta in sella fino al 2010. Nel settembre del 2012 ha poi inizio un piano di riconversione dello stabile in “teatro della musica”, con la nomina di Giorgio Verdelli a nuovo direttore artistico.
Verdelli ha un curriculum di tutto rispetto, che accende le speranze del presidente Maurizio D’Angelo in un rapido rilancio del Trianon. Invece, a pochi mesi dalla nomina, ecco i primi ostacoli. Regione e Provincia, i due soci di maggioranza della partecipata Trianon Viviani, sorta nel 2006, non rispettano il termine per la ricapitalizzazione previsto per il 31 marzo 2013.
Il teatro viene messo all’asta.
Il 17 giugno, data della prima battuta d’asta, l’offerta minima è di 3, 375 milioni di euro ma, nonostante le aspettative, la riunione va deserta: nessuno vuole acquisire il teatro e farsi carico dei 500mila euro di debito con banche e privati.
E mentre si fissa una seconda riunione per il 3 luglio, in Rete e nel quartiere c’è chi si mobilita. Sul sito change.org viene lanciata una petizione per chiedere alla Soprintendenza di stabilire il vincolo di destinazione d’uso ed evitare che lo storico teatro si trasformi in una sala bingo o nell’ennesimo centro scommesse.
Intanto i dipendenti del Trianon alzano il tiro: le manifestazioni in piazza Calenda sono sempre più frequenti e in alcuni casi fanno saltare gli spettacoli.
Altre due aste, dopo quella di giugno, vanno deserte e in tutte le occasioni la Regione è assente.
Ma nonostante tutto, un primo risultato arriva proprio grazie alla petizione on line e all’iniziativa #salviamoiltrianon, cui prendono parte le associazioni Evaluna e Legambiente: lo scorso novembre, la Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici approva il vincolo di destinazione d’uso per il Trianon, dichiarandolo bene di interesse storico e culturale.
Purtroppo però le istituzioni campane continuano l’abbandono della struttura: con la deliberazione 774 nell’ultima riunione di giunta di dicembre, la Regione Campania ha inserito il Trianon nell’elenco delle partecipazioni considerate “non detenibili“, dismettendo le quote di partecipazione.
La fine sembra ormai certa.
Il 22 Aprile, nel corso dell’incontro che si è tenuto negli uffici della giunta regionale del Centro Direzionale tra il segretario generale della Uilcom Uil Campania, Massimo Taglialatela, e i dirigenti di Palazzo Santa Lucia Antonio Oddati e Raffaele Balsamo, un annuncio insperato, un’ancora di salvezza nel mare della disperazione: la Regione Campania, sotto forma di contributo straordinario, ha stanziato cinquecentomila euro.
Soldi freschi, che saranno disponibili entro quindici giorni, per ripianare i debiti con le banche e quelli contratti con le finanziarie in seguito alla brutta storia della cessione del quinto dello stipendio (le quote trattenute in busta paga non sono state versate e le società avevano iniziato a rifarsi sui dipendenti), nonché procedere al pagamento dei sette mesi di stipendi arretrati.
“Abbiamo accolto con favore – ha dichiarato il sindacalista – questo contributo straordinario, che risolve una serie di problemi. Ma restano ancora vivi debiti per 800 mila euro verso fornitori, artisti e altri creditori. Nei prossimi giorni la Regione Campania ci presenterà un piano industriale che dovrà tenere conto anche della loro capacità di ripianarli. Prima però di entrare nel merito di certe questioni, vogliamo avere rassicurazioni sui lavori necessari per il conseguimento dell’agibilità. Con quali modalità verranno eseguiti? Chi se ne farà carico? Una volta sciolti questi nodi potremo parlare del piano industriale, che deve essere necessariamente preceduto da una seria programmazione. E non è possibile immaginare una programmazione senza l’agibilità“.