Il sole, oggi, su Napoli, illumina una storia che ha seminato sincero sconcerto ed incredulità. Una vicenda difficile da percepire come reale, avvolta nella lugubre e sudicia angheria, consona alle ombre criminose più anguste e riprovevoli.
Un “papà orco”, uno dei più inumani ed efferati consegnati dalle notizie di cronaca di tutti i tempi.
Un padre di 44 anni che rinnega i più basilari e genuini doveri insiti nel suo status di genitore, per infliggere a suo figlio, un bambino di appena 11 anni, la più devastante delle sciagure: la violenza sessuale.
Già, quel padre è stato capace di abusare sessualmente di suo figlio per un anno. Ed è perfino saputo e voluto spingersi oltre, sviscerando il peggio, il volto più marcio e ripugnante che un “essere umano” può esibire.
Quel padre ha diffuso in rete le immagini che immortalavano i rapporti sessuali imposti a suo figlio, gettandolo in pasto ai pedofili.
Gli uomini del nucleo Tutela minori della Polizia municipale di Napoli, coordinati dal capitano Sabina Pagnano, hanno intercettato così l’uomo, nel corso dell’attività investigativa svolta sul web: hanno finto – utilizzando falsi profili – di essere ‘interessati’ a un incontro con il ragazzo. Si sono presentati a un appuntamento e hanno arrestato il 44enne. Le attività di indagine sono iniziate da qualche settimana con l’esplorazione delle chat presenti in internet.
Gli agenti hanno teso una trappola a quell’uomo che offriva prestazioni sessuali del figlio di appena 11 anni “esibito” in rete lanciando numerosissime foto del minore in pose oscene. Secondo quanto sostiene la Polizia municipale, il 44enne trascorreva buona parte del suo tempo libero in rete, in cerca di contatti finalizzati a costruire incontri di natura sessuale plurimi che coinvolgevano il bambino. Un perverso abuso, animato perfino dal desiderio di tramutare quei soprusi in un potenziale business.
Gli agenti, partendo dal nick name del pedofilo ed incrociando le informazioni con gli account dell’uomo, presenti su altri social network ai quali era iscritto sono riusciti a risalire alla sua identità. Si è così giunti ad un quadro chiaro del nucleo familiare in cui viveva l’uomo e finanche ad identificare la piccola vittima.
Le attività di indagine hanno dunque subito un’immediata accelerazione allo scopo di tutelare il bambino vittima degli abusi. Contemporaneamente, gli agenti hanno messo in sicurezza il nucleo familiare composto da un altro figlio minore.
L’indagine a carico dell’uomo continua per verificare l’eventuale esistenza di una più larga rete di pedofili. Un aiuto potrà senz’altro giungere dal materiale sequestrato nell’abitazione dell’uomo dai vigili urbani, su disposizione della Procura ed il coinvolgimento di quella per i Minori: si tratta di contenuti pedopornografici, personal computer, tablet e cellulari in uso all’uomo.
Mamma, vittima e altro figlio sono stati condotti alla presenza di psicologi ed assistenti sociali.
Quando la moglie, che sostiene di non aver mai notato nulla di strano, ha scoperto la vicenda, è svenuta. L’uomo, al momento dell’arresto, ha subito confessato.
Il piccolo, invece, nel tentativo di proteggere il papà, non voleva raccontare nulla. Solo dopo alcune ore si è deciso a dare voce e sfogo alla sua sofferenza, raccontando le “cose strane” che gli faceva fare il papà.
Al fine di tutelare il minore, regna lo stretto riserbo sull’identità dei protagonisti di questa vicenda.
Per salvaguardare, quantomeno dagli sguardi e dai mormorii dell’opinione pubblica e mediatica, delle vite già profondamente macchiate e marchiate da un neo, grande, nero, dolorante e doloroso.