“Quanno spónta la luna a Marechiaro,
pure li pisce nce fanno a ll’ammore…
A Marechiaro ce sta na fenesta…..
Nu garofano addora ‘int’a na testa,
passa ll’acqua pe’ sotto e murmuléa…
Scétate, Carulí’, ca ll’aria è doce…
quanno maje tantu tiempo aggi’aspettato?!
P’accumpagná li suone cu la voce,
stasera na chitarra aggio purtato…”
Salendo sulla collina di Posillipo, dal greco Pausilypon, che letteralmente significa “tregua dal pericolo” o “che fa cessare il dolore”, ci si trova ad ammirare uno degli scenari più suggestivi al mondo: il golfo di Napoli nella sua interezza e il Vesuvio. La denominazione del promontorio è legata proprio al panorama che si godeva anche tremila anni fa da questa zona di Napoli.
Da capo Posillipo si possono poi scegliere varie mete con altrettanti siti storici, archeologici o turistici, uno di questi è senza alcun dubbio Marechiaro: antico borgo di pescatori che prendeva il nome dalla Chiesa di Santa Maria del faro, ma, soprattutto un paradiso gremito di fascino e suggestioni.
Il nome Marechiaro non viene, come comunemente si pensa, dalla trasparenza delle acque del mare di Posillipo, ma dalla loro quiete. Già in alcuni documenti del periodo svevo si parla di mare planum tradotto in napoletano mare chiano da cui l’odierno Marechiaro. Negli anni ’60 ha costituito uno dei luoghi simbolo della dolce vita in Italia, diventando famoso per le sue frequentazioni hollywoodiane, per i suoi ristoranti tipici che affacciano sullo splendido panorama del golfo, per la vista panoramica dell’intera città di Napoli, delVesuvio, fino ad arrivare alla Penisola Sorrentina, all’isola di Capri che compare esattamente di fronte alla tipica spiaggetta del borgo e per il caratteristico “Scoglione“.
Per raggiungere lo Scoglione o per effettuare delle interessanti e suggestive escursioni, basta affidarsi alla bravura degli storici barcaioli di Marechiaro che hanno fatto di Calata Ponticello a Marechiaro, un attracco professionale e organizzato.
L’escursione in barca consente di raggiungere il parco sommerso della Gaiola (area marina protetta) dove si trovano i resti di un edificio romano denominato Palazzo degli Spiriti che alcuni chiamano anche la Villa di Virgilio, sostenendo che di tanto in tanto, vi si manifesti lo spirito del Poeta, pronti a giurare di aver sentito declamare, da una voce misteriosa, i suoi versi. In effetti, Virgilio soggiornò realmente a Pousilypon, nella villa fatta costruire all’estrema punta di Posillipo da Publio Vedio Pollione, uomo ricchissimo e intimo amico dell’ imperatore Augusto. La villa era un grandioso complesso, ampio e articolato, le cui strutture si stendevano fra Marechiaro e la Cala di Trentaremi.
Subito dopo troviamo la Gaiola, una delle isole minori di Napoli, il cui nome trae la propria denominazione dalle cavità che costellano la costa di Posillipo (dal latino cavea, ovvero “piccola grotta”, e dunque attraverso la forma dialettale “caviola”). In origine la piccola isola fu nota come “Euplea”, e fu caratterizzata da un piccolo tempietto dedicato aVenere Euplea.
Di fronte all’isolotto, oltre alla statua di San Francesco patrono dell’isola, secondo un’antica e radicata credenza, troviamo le rovine note come la “Scuola di Virgilio”. Subito dopo incontriamo le grotte scavate nella costa dalla forza delle onde, la più vasta è la Grotta dei Tuoni, chiamata così per il rumore che la risacca produce tra le sue pareti, mentre un’altra ancora, viene denominata Grotta dei Coralli. Sempre navigando verso l’estrema punta di capo Posillipo, detta del cavallo, il blocco tufaceo si apre offrendo la visione del grandioso anfiteatro naturale di Trentaremi, una visione impressionante per l’ampiezza e l’altezza delle pareti di tufo giallo a picco sul mare. Infine, ritornando verso Marechiaro è d’obbligo fermarsi ad ammirare la famosa Fenestella di Marechiaro, che trae la sua fama, da una poesia di Salvatore di Giacomo musicata dal Tosti, ricordata da una lapide in una casa presso la scogliera.
Tanto si è scritto su questa poesia, che lo stesso poeta l’avesse ripudiata perché la considerava troppo sdolcinata, che l’ispirazione gli fosse arrivata pur non essendo mai stato prima a Marechiaro, che la Carolina della canzone, non fosse mai realmente esistita e infine che l’autore avesse finito per detestarla, perché divenuto famoso non per la sue opere nettamente superiori, ma per poche righe scritte di getto mentre beveva un caffè al Gambrinus.
Comunque siano andati realmente i fatti, il popolo napoletano sarà sempre riconoscente a Salvatore Di Giacomo, per aver reso immortale, quell’angolo di Paradiso.