A un centinaio di miglia dall’isola di Lampedusa sono stati salvati 105 profughi nel corso della notte, di cui ventinove morti per ipotermia durante uno dei viaggi della speranza attraverso il canale di Sicilia.
Quando sono stati soccorsi, sette erano già morti, gli altri sono deceduti a causa del freddo durante il trasporto sulle motovedette della Guardia Costiera.
Le ventinove vittime sono giovani uomini, i loro compagni di viaggio, in condizioni precarie a causa dell’esposizione al freddo, sono stati condotti in diverse strutture: alcuni presso l’ospedale, altri nel centro d’accoglienza.
Le condizioni proibitive del mare (forza otto), con onde alte fino a sfiorare i nove metri, hanno reso difficile il tentativo di soccorso. Sull’isola si stanno predisponendo le operazioni per l’assistenza sanitaria dei migranti sopravvissuti, molti dei quali versano in gravissime condizioni.
“Sono sconvolto da questa ennesima strage, da questo nuovo incubo che con Mare Nostrum forse si poteva evitare”, con queste parole Pietro Bartolo, direttore sanitario di Lampedusa, descrive l’ultima tragedia relativa all’immigrazione.
“Parlo da medico e ormai purtroppo esperto in queste tragedie – aggiunge – non è questo il sistema giusto per salvare vite umane, non è possibile che si vadano a recuperare i migranti a 100/120 miglia da Lampedusa per poi portarli verso la Sicilia in condizioni meteo proibitive”.
L’intervento era stato chiesto nel primo pomeriggio di ieri, al centro nazionale di soccorso della Guardia Costiera di Roma, mediante telefono satellitare.
Sono state avviate anche le ricerche di un secondo barcone, segnalato dalle autorità spagnole, ma per adesso non vi è alcuna traccia. I dispersi potrebbero essere ancora molti, il direttore sanitario Bartolo aveva allertato l’elisoccorso per poter trasferire i profughi più gravi.
I primi sette cadaveri sono stati trasportati dalle motovedette, ma altri ventidue profughi, soccorsi in un primo tempo, ma già in condizioni gravissime, non sono riusciti a reggere il freddo sulle motovedette.
La procura di Agrigento ha aperto un inchiesta, e anche il Primo cittadino di Lampedusa, Giusi Nicolini, commenta con parole cariche di sgomento e delusione il tragico evento: “i 366 morti di Lampedusa non sono serviti a niente, le parole del Papa non sono servite a niente, siamo tornati a prima di Mare Nostrum..” annunciando che chiederà quanto prima un incontro al Viminale dove esporre la questione, specie in vista dell’arrivo della primavera.
Un dramma che riaccende la polemica sui limiti di Triton, la missione gestita direttamente da Frontex, l’agenzia UE per il controllo delle frontiere, subentrata all’operazione italiana Mare Nostrum.
Un vero e proprio orrore, come dichiara il presidente della Camera Laura Boldrini, “parliamo di persone morte per il freddo, non a causa di un naufragio, queste le conseguenze del dopo Mare Nostrum…”.
Certamente quanto è accaduto ripropone il problema del controllo in quel tratto di mare, ma soprattutto evidenzia la necessità di interventi più strutturali, non illudendosi che Ttriton possa rappresentare una soluzione.
Risulterebbe necessario sottoscrivere al più presto accordi internazionali, con l’avallo dell’Unione Europea, con i paesi d’origine; dove al governo italiano spetterebbe un ruolo reale nella gestione dell’emergenza, governando i flussi migratori senza farsi sopraffare.