L’episodio di cronaca del quale, nel 2003, Rosa Della Corte fu sceneggiatrice e protagonista è uno dei più “anomali” tra quelli proposti dalla storia contemporanea. L’immaginario collettivo, nelle notizie che rimbalzano tra tv e giornali, sempre più frequentemente è abituato a percepire le donne come vittime e non come carnefici.
Ma non nel caso di Rosa.
La ragazza originaria di Casandrino, descritta come una tipa dal carattere ribelle e trasgressivo, dichiaratamente bisessuale ed avvezza ad intrattenere relazioni occasionali con altri uomini, infatti, assassinò il fidanzato Salvatore Pollasto e per questo fu condannata a scontare una pena di 18 anni.
Era la mattina del 4 aprile 2003 quando il corpo senza vita di Salvatore Pollasto, 22 anni, viene trovato all’interno della sua Y10, in una stradina cieca frequentata da prostitute e coppiette a Casandrino. Con i pantaloni abbassati e la maglietta alzata sul torace, ferito da due profonde coltellate: così fu ritrovato il corpo senza vita di Salvatore. Rosa, all’epoca 18enne, racconta di averlo lasciato nell’auto dopo un litigio e di essere tornata a casa. Inizialmente la sua versione regge, ma dopo sei mesi viene arrestata. Gli investigatori ricostruiscono la burrascosa relazione tra i due: i numerosi tradimenti di Rosa, le scenate di gelosia di Salvatore. Lei nega, ma per i giudici è colpevole.
Nel corso della trasmissione di RaiTre “Storie maledette”, durante la puntata a lei dedicata, Rosa si raccontò: ripetendo di non aver ucciso, ma ammettendo le relazioni con altri uomini, e con una donna. Rapporti intrecciati alla ricerca di emozioni e mai nascosti al fidanzato, «il mio unico vero amore», assicura.
Salvatore, geloso ma incapace di lasciarla, secondo due sentenze è stato ucciso da lei.
In primo grado la condanna a 25 anni, ridotti a 18 in appello. I processi non hanno mai chiarito del tutto il movente e la dinamica dell’omicidio: forse una reazione all’ennesima scenata di gelosia, forse un gioco erotico – sui polsi del cadavere c’erano segni bluastri, come quelli causati da legacci – finito in tragedia oppure iniziato proprio allo scopo di rendere inoffensiva la vittima.
Rosa oggi ritorna sotto la luce dei riflettori per l’evasione dal carcere di Lecce.
Doveva rientrare nel penitenziario venerdì scorso, dopo un permesso premio, e invece è scomparsa, probabilmente insieme all’attuale compagno, un pugliese conosciuto per corrispondenza durante la detenzione.
Il suo legale, Carmine Gervasi, si dice preoccupato per le condizioni di salute della 29enne e per il pericolo di un gesto estremo: era depressa e dimagrita di ben 25 chili negli ultimi mesi. Tra due anni sarebbe tornata in libertà.
«Della sua scomparsa si è saputo però solo lunedì – spiega il suo legsle – quando il medico che la doveva visitare per una perizia psichiatrica mi ha chiamato dicendomi che Rosa non si trovava in carcere».
Le ricerche di Rosa si svolgono in una vasta area, tra la Puglia e la Campania. Di lei si sono perse le tracce giovedì sera, alle 21, quando il cognato l’ha vista salire sul treno che da Napoli doveva riportarla in Puglia dopo alcuni giorni trascorsi con la madre.
L’8 luglio c’era stata un’udienza per valutare la richiesta dei domiciliari avanzata dalla difesa.
Secondo l’avvocato, le condizioni di Rosa non erano compatibili con la detenzione in carcere.
Il giudice ha disposto una perizia e ha rinviato la decisione a ottobre.