La camorra torna a imporre il suo diktat con violenza e paura, occupando alloggi popolari e sequestrando chi si oppone. L’episodio emerso nelle ultime ore racconta una vicenda che riguarda Scampia, e ha come protagonisti padre, figlio e un’aggressione feroce al diritto alla casa.
Secondo le indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli e dalla Squadra Mobile, il fatto risale al 13 settembre 2024. Padre e figlio sono stati sequestrati e minacciati da uomini riconducibili ai clan Cifariello e Cancello, inseriti nell’orbita del clan Amato-Pagano.
L’abitazione in questione si trova in un complesso popolare noto come “i sette palazzi” nel rione di Scampia. I sequestratori rivendicavano il diritto di far evacuare la famiglia, così che uno degli esponenti criminali potesse insediarsi nell’alloggio.
La strategia intimidatoria fu brutale: al figlio, mandato a mediare con la madre e la sorella, fu detto: «Ve ne dovete andare di casa, vi do mezz’ora di tempo … portami le chiavi e ti ridò tuo padre».
Al padre, che era rimasto con i sequestratori, fu ribadito che “quando tuo figlio porta le chiavi, te ne vai”. Gli fu detto che poteva rivolgersi ad altri clan come Contini o Licciardi, ma che “noi siamo più forti e il problema nessuno te lo può risolvere”.
Infine, fu lanciato un ultimatum ancora più inquietante: se anche un vigile fosse entrato nei “sette palazzi”, i genitori del sequestrato sarebbero stati cacciati dal rione.
Dopo qualche tempo, la famiglia scoprì che l’appartamento era stato effettivamente occupato abusivamente da uno degli “inquilini” indicati dal clan. Non solo: furono presi gli indumenti dagli armadi e persino sostituita la targhetta con il nome sul campanello dell’alloggio.
A seguito delle indagini, sono state disposte sette misure cautelari nei confronti di altrettanti indagati, tra cui figure riconducibili ai clan Cancello e Cifariello. Alcuni capi di rilievo risultano ancora latitanti (Maurizio Cancello, Gennaro Cifariello e Moreno Del Medico).
Le accuse a carico degli indagati comprendono: sequestro di persona a scopo di estorsione, occupazione abusiva di immobili, estorsione, rapina, lesioni e riciclaggio aggravate dal metodo mafioso.
Le indagini hanno anche documentato come gli aggressori abbiano agito con una consapevole ostentazione del potere criminale sul territorio, per imporre la loro presenza e dominare anche la distribuzione delle case popolari.
Questa vicenda mostra alcuni aspetti chiave della camorra contemporanea: in primis, il dominio mafioso si esercita anche sul mondo delle case popolari, che diventano leve di potere. I clan impongono la propria presenza sostituendosi ai legittimi assegnatari, con intimidazioni e sequestri.
Il rapimento del padre e l’uso del figlio come “messaggero” intensificano l’efficacia della minaccia: è un salto dalla semplice estorsione ad un’azione violenta che rinforza l’intimidazione.
Dare alle vittime “mezz’ora di tempo” e indicare che “nessuno te lo risolve” è un tentativo di distruggere ogni speranza di difesa legale, enfatizzando l’onnipotenza del clan.
In contesti come Scampia, dove la criminalità è radicata, le vittime esitano a rivolgersi alle forze dell’ordine per paura di rappresaglie. Anche l’accesso alle case popolari diventa un terreno di conflitto, in cui le istituzioni faticano a garantire la legalità.
Le ipotesi investigative considerano il ricorso al metodo mafioso come aggravante, sottolineando che non si tratta di reati isolati, ma dell’azione di organizzazioni criminali strutturate.
La vicenda non rappresenta solo una cronaca estrema, ma un simbolo della logica mafiosa che pretende il controllo totale sulla vita delle persone, anche attraverso la casa, bene primario.
L’operazione giudiziaria che ha portato agli arresti è un segnale importante, ma resta cruciale che le istituzioni rafforzino la protezione delle vittime, garantiscano l’effettività delle assegnazioni di case popolari e rompano il silenzio che consente alla camorra di insinuarsi nella vita quotidiana.
 
  
  
 









