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Risarcimenti milionari: i casi più eclatanti degli ultimi anni

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
19 Agosto, 2025
in Non solo hobby
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Nuove truffe ai danni degli anziani, fenomeno in escalation
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Negli ultimi anni, la giustizia italiana ha emesso alcune sentenze di particolare rilievo nel campo della responsabilità medica, con risarcimenti milionari che testimoniano la gravità dei danni subiti dai pazienti e dai loro familiari. Questi casi, pur eccezionali, rappresentano un punto di riferimento importante per comprendere come i tribunali valutino la colpa professionale e quantifichino le somme dovute. In questo articolo analizziamo tre vicende simboliche: quella di una neonata danneggiata durante il parto, seguita dallo Studio Legale Liguori a Napoli, il caso della donna deceduta a Torre Annunziata per una tromboembolia non diagnosticata, e quello di un paziente napoletano contagiato da emoderivati infetti.

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Il caso della neonata con danni cerebrali irreversibili

Il primo episodio riguarda una bambina nata in Puglia con gravissime conseguenze neurologiche. Durante il parto, la gestione clinica è stata ritenuta inadeguata: la piccola ha riportato encefalopatia ipossico-ischemica e ipoglicemia neonatale, che hanno causato tetraparesi, ritardo psicomotorio, disartria e difficoltà relazionali. Si tratta di un quadro clinico devastante, che ha reso la bambina completamente dipendente dall’assistenza dei familiari.

Il processo, giunto fino alla Corte d’Appello di Bari, si è concluso con una decisione che ha triplicato l’importo riconosciuto in primo grado. I giudici hanno confermato la responsabilità contrattuale del ginecologo e della struttura sanitaria, escludendo l’applicabilità delle normative più recenti in materia (come la legge Gelli-Bianco e il decreto Balduzzi) in quanto non retroattive.

Il risarcimento complessivo ha superato i 4 milioni di euro, così ripartiti:

  • oltre 3 milioni alla bambina,
  • circa 840 mila euro ai genitori,
  • oltre 140 mila euro alla sorella.

La cifra record deriva da diversi fattori: la gravità del danno biologico, stimato al 100%, la personalizzazione del risarcimento per tenere conto delle specifiche sofferenze della vittima, e la necessità di coprire le spese future legate all’assistenza continuativa. In questo caso, la funzione del risarcimento non è soltanto compensare il dolore morale, ma anche garantire mezzi economici per un’assistenza a vita.

Torre Annunziata: la tromboembolia non riconosciuta

Il secondo episodio proviene dalla Campania e ha coinvolto l’ASL Napoli 3 Sud. Una donna era stata ricoverata in ospedale dopo una caduta domestica. I sanitari si sono concentrati principalmente sulle fratture ossee, trascurando però alcuni sintomi che avrebbero dovuto far sospettare una complicanza più grave. Poco dopo, la paziente è deceduta a causa di una tromboembolia polmonare, non diagnosticata in tempo.

Il Tribunale di Torre Annunziata, al termine del procedimento, ha riconosciuto un risarcimento pari a 1 milione di euro agli eredi della donna. L’importo, pur inferiore a quello stabilito per la neonata pugliese, rappresenta comunque una cifra molto significativa nel panorama regionale.

Anche in questo caso, i criteri che hanno spinto la somma verso l’alto sono legati alla gravità della perdita — la morte di una persona per omissioni cliniche evitabili — e alla ripartizione del danno tra i familiari. I giudici hanno ritenuto che la condotta dei medici non rispettasse gli standard di diligenza professionale, configurando un chiaro nesso causale tra l’errore diagnostico e il decesso.

Il risarcimento è stato concepito come ristoro del danno biologico terminale della vittima e del danno morale e patrimoniale subito dai parenti. L’entità della somma riconosce implicitamente la necessità di tutelare il diritto alla vita e alla salute come valori costituzionalmente protetti.

Napoli e il caso degli emoderivati infetti

Il terzo caso riguarda ancora la Campania, ma in un contesto diverso: quello degli emoderivati infetti. Un uomo napoletano, sottoposto a trasfusioni durante la prima infanzia, contrasse gravi patologie a causa della contaminazione del sangue utilizzato. Dopo un lungo percorso giudiziario, gli fu riconosciuto un risarcimento di circa 1,5 milioni di euro.

La particolarità di questa vicenda non sta solo nella cifra, molto alta anche rispetto alla media nazionale, ma nel fatto che, a distanza di quasi dieci anni dalla sentenza, l’uomo non ha ancora visto corrisposto l’importo stabilito. La vicenda riflette i ritardi cronici con cui lo Stato italiano ha affrontato il tema delle indennità e dei risarcimenti per i contagi da sangue infetto, vicenda che ha coinvolto migliaia di cittadini negli anni ’80 e ’90.

Il motivo dell’entità del risarcimento risiede nella somma dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal paziente: il danno biologico permanente, il danno morale per le sofferenze patite e il danno da perdita di chances legato alla riduzione della qualità e dell’aspettativa di vita. A questi elementi si è aggiunta la responsabilità diretta dello Stato per non aver garantito adeguati controlli e per non aver prevenuto l’uso di emoderivati contaminati.

Perché le cifre sono così elevate?

I tre casi presentano differenze sostanziali per origine e contesto, ma hanno in comune alcuni aspetti che hanno spinto i risarcimenti verso cifre eccezionalmente alte:

  1. Gravità del danno biologico: quando le conseguenze sono permanenti e totali (come nel caso della neonata) o mortali (come nella tromboembolia e nelle trasfusioni infette), i giudici riconoscono un risarcimento proporzionato alla perdita subita.
  2. Personalizzazione del danno: le somme non derivano solo da tabelle standard, ma vengono aumentate per riflettere la specificità delle sofferenze della vittima e dei familiari. Nel caso della bambina pugliese, ad esempio, la cifra destinata ai genitori e alla sorella testimonia la considerazione per il danno relazionale dell’intero nucleo familiare.
  3. Danni patrimoniali futuri: nei casi di invalidità permanente, il calcolo tiene conto delle spese mediche e assistenziali che saranno necessarie per tutta la vita. Nei casi di decesso, invece, si considerano il mancato apporto economico della vittima e il dolore dei congiunti.
  4. Valore costituzionale dei beni lesi: salute e vita sono diritti fondamentali, e la giurisprudenza ha progressivamente alzato l’asticella dei risarcimenti quando la loro violazione è stata particolarmente grave e conclamata.

Un segnale per il futuro

Questi tre casi mostrano che i risarcimenti milionari non sono la norma, ma rappresentano comunque un punto di riferimento per tutte le famiglie che si trovano a dover affrontare le conseguenze della malasanità. L’impatto economico di tali sentenze serve da monito per le strutture sanitarie, affinché rafforzino i protocolli di sicurezza e migliorino la qualità delle cure.

Per i pazienti e i loro cari, si tratta invece di un riconoscimento del dolore subito e della necessità di garantire mezzi concreti per affrontare un futuro spesso compromesso. Che si tratti di una vita segnata da disabilità, di un decesso evitabile o di una malattia contratta per responsabilità istituzionali, la giustizia italiana ha dimostrato di saper attribuire valori economici rilevanti a beni che, in realtà, non hanno prezzo.

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