Guai a definirla una “favola moderna “, quella che Emanuele Palumbo in arte Geolier sta portando in giro per l’Italia è una realtà consolidata che consacra tra i big della musica italiana un ragazzo che ha iniziato a rappare nella sua cameretta nel rione Gescal, nell’area nord di Napoli, quando lavorava in fabbrica e faceva le saldature e non osava nemmeno sognare la realtà che sta vivendo. Il suo cammino è partito da lì, a due passi dalle Vele di Scampia e dalle strade di “Gomorra” e il riscatto di quei luoghi, Geolier lo propone tutte le volte che sale sul palco, portando con sé un carico di rime e contenuti intonati da migliaia di giovani, in giro per l’Italia.
Milano, Torino, Bologna, poi la tre giorni di Roma. Tre sold out consecutivi al Palazzetto dello sport e una carrellata di celebrità che hanno reso omaggio all’icona rap del momento.
Sabato 29 marzo il concerto topico, suggellato dalla voce celestiale di Giorgia, davanti alla quale Geolier indietreggia per consentire a Emanuele di posare il microfono ed inginocchiarsi al cospetto di una delle big star della musica italiana contemporanea.
Un ritorno alle origini, ma anche un crudo tributo al rap italiano con Luchè, un pezzo di storia che ha fatto la storia, tra i primi ad aver creduto nel talento di Geolier.
Accade al cospetto di genitori, figli, ragazzi, bambini, un pubblico eterogeneo ed entusiasta che accoglie con un boato tutte le canzoni e le canta a squarciagola. Il vero miracolo di Geolier è proprio questo: aver cucito nei cuori e sulle labbra di milioni di fan la lingua napoletana, la sua, quella moderna, dirompente, passionale, nella quale i giovani di questa generazione continuano ad immedesimarsi con estrema disinvoltura, sprezzanti della forma, perché troppo sopraffatti dalla sostanza. Non è il napoletano difeso a spada tratta dai severi cultori della lingua tradizionale, quelli che guardano con disprezzo al nuovo che avanza, incapaci di tenere il tempo, inconsapevoli che questo significa non essere al passo coi tempi, creando così un marcato distacco generazionale destinato ad accrescere in maniera direttamente proporzionale al successo di Emanuele, il cuore del ragazzo del rione che batte nel microfono di Geolier. Ed è questo a fare la differenza, ma è anche questo ad alimentare dissensi e pregiudizio nell’immaginario di chi scandisce la distinzione tra “noi e loro”.
Ma chi sono loro?
Quelli che si abbracciano in cerchio quando parte “P’ Secondigliano”, mentre gli altri sono coloro che si mantengono a debita distanza da quello che Geolier rappresenta e di cui è stato il precursore assoluto. Non è una “questione meridionale”, Geolier rompe le barriere, asfalta i pregiudizi, le distanze e le discriminazioni, da Torino a Milano, passando per la capitale, tutti saltano sulle note della hit che lo ha reso famoso. E’ il riscatto perenne di un quartiere declassato e finora conosciuto solo per fatti di cronaca. E’ la rivalsa di quei ragazzi che incuranti di un testo che apparentemente non significa nulla, si rivelano capaci di cogliere il vero senso di quelle rime e il boato che si sprigiona quando parte il ritornello è l’esplosione di gioia di quelli che Geolier chiama “gli scordati”, i dimenticati, quelli storicamente destinati a restare confinati ai margini della società e che invece grazie a lui, insieme a lui, sono diventati parte integrante di quel cerchio tanto spontaneo quanto necessario e che li ha fatti diventare “loro”.
Di tappa in tappa, Geolier continua a confermare di non essere una meteora, zittendo con i fatti il plebiscito di critiche di Sanremo 2024 che a distanza di un anno ancora riecheggiano nei salotti della Napoli bene e nei dibattiti sulla criminalità minorile, quelli che di affannano a trovare una connessione tra giovani morti uccisi, fiction, serie TV e canzoni rap. Sprezzante del polverone sollevato da chi vorrebbe oscurarne l’ascesa, Geolier continua a brillare di luce propria offrendo al pubblico italiano l’opportunità di concedersi uno show ricco di emozioni autentiche. Generoso, instancabile, umile, premuroso e capace di creare una complice sinergia unica nel suo genere con i fan, Geolier ha imparato a convivere armonicamente con Emanuele e questo non trapela solo dai suoi brani, ma anche dalla gestione dei tempi e del palco.
Geolier ha smesso da un pezzo di essere il ragazzo con il mitra d’oro in bella mostra di “Narcos”, raggiungendo una maturità artistica innegabile, trascinato dal desiderio più grande di Emanuele, quello di diventare un uomo pronto a seguire le orme e l’esempio di suo padre, umile ed instancabile lavoratore.
Nel suo flow, nelle sue azioni, nelle sue intenzioni c’è una genuinità autentica che i giovani riconoscono e premiano, forse perché si riconoscono in quello status e ancora di più nel clima di contestazione che accompagna l’ascesa del loro idolo.
Geolier mattatore, campione di rime, abile intrattenitore, affiancato da Emanuele amico, fratello maggiore, figlio, capaci di dividere il palco senza mai pestarsi i piedi, senza mai perdere di vista la priorità: far divertire il pubblico, cercando di strappare un sorriso di consenso anche a un padre annoiato, costretto a presenziare per assecondare il desiderio di una figlia con l’auspicio che torni a casa con un ricordo positivo, affinché le distanze si accorcino e quei giovani inizino a sentirsi più ascoltati e compresi.
Non è una favola, non è un sogno, ma la scelta consapevole di una generazione che ha affidato a un coetaneo il compito di dar voce alle loro emozioni.