Il blitz che lo scorso 3 ottobre ha portato all’arresto di 60 soggetti ritenuti contigui al clan De Micco-De Martino di Ponticelli, non ha decretato significativi colpi di scena, fatta eccezione per l’arresto eclatante di qualche fedelissimo, uno su tutti, quello di Gennaro La Rocca, pedina cruciale e strategica del clan dei “bodo”.
Un blitz che ha concorso ad aggravare ulteriormente la posizione del clan De Martino, già fortemente rimaneggiato dagli arresti dello scorso 1° luglio che avevano tradotto in carcere, insieme a un gruppo di affiliati, il boss Francesco De Martino e sua moglie Carmela Ricci, azzerando la presenza sul territorio di membri diretti della famiglia De Martino, costretta per la prima volta ad affidare le redini del clan ai gregari rimasti a piede libero, alcuni dei quali sono però finiti in carcere pochi giorni fa.
Una circostanza che non scontenta i De Micco, ai ferri corti già da qualche tempo con gli alleati e che in virtù dei recenti eventi che hanno ridotto all’osso la presenza dei cosiddetti “XX” sul territorio, possono scongiurare il pericolo di un possibile attacco da parte della compagine con la quale hanno evitato lo scontro diretto tenendo conto della delicata posizione in cui si trova il killer Antonio De Martino, ormai condannato al carcere a vita per effetto dei delitti commessi per consacrare l’egemonia dei De Micco e che in qualsiasi momento potrebbe decidere di passare dalla parte dello Stato, qualora al clan di famiglia non venisse riservato il trattamento di favore imposto da questa circostanza.
Sedate le ostilità con il gruppo emergente del rione De Gasperi, con i De Luca Bossa ridotti all’osso e i D’Amico ripiegati in ritirata, in attesa delle prossime scarcerazioni, a minare la stabilità del clan De Micco, negli ultimi tempi, erano soprattutto le frizioni interne, in particolare, quelle sorte tra uno dei due reggenti e alcuni degli affiliati più autorevoli. Prima del blitz, in casa De Micco si registravano tre fronti caldi.
Il primo, quello più evidente, riguarda il “parco di Topolino”, non a caso, teatro di uno dei recenti agguati, riconducibile proprio a un regolamento di conti interno al clan, scaturito da uno screzio tra Mario Liguori, il 31enne gravemente ferito a colpi d’arma da fuoco e il ras che affiancava nella reggenza del clan uno dei cinque fratelli De Micco in stato di libertà. Il motivo della disputa un’automobile oggetto di furto che Liguori si sarebbe rifiutato di consegnare al boss, senza vedersi riconoscere una ricompensa in denaro. Per ragioni analoghe, lo stesso boss, pochi giorni prima dell’agguato indirizzato a Liguori, avrebbe avuto una lite violenta proprio con Gennaro La Rocca, fedelissimo di Marco De Micco, anche lui residente nel “parco di Topolino” e che avrebbe mal recepito le imposizioni e i toni utilizzati dal nuovo reggente del clan.
Il secondo è un altro arsenale storico dei cosiddetti “bodo”: la zona di San Rocco, storicamente controllata dai De Micco e sulla quale, analogamente, lo stesso boss non sarebbe stato in grado di esercitare una certa presa, suscitando anche in questo contesto, non poco malcontento e sfiducia tra i sodali.
La terza crepa è forse la più vistosa, quella che senza dubbio più di ogni altra ha concorso a minare la stabilità del clan, creando una vera e propria fazione dissidente, riunita intorno alla figura di uno dei fedelissimi del clan scarcerato qualche mese fa e che, fin da subito, avrebbe partecipato attivamente a una serie di azioni violente, insieme al gruppo di giovanissimi, prettamente dediti soprattutto a questo tipo di mansioni. In questo modo sarebbe riuscito a diventare un fermo punto di riferimento per le nuove leve, forte anche di una caratura criminale di cui è sprovvisto il coreggente del clan che divide la poltrona con uno dei fratelli De Micco. Nelle ultime settimane era riuscito a creare un forte clima di consenso intorno a sé che non dispiaceva affatto ai De Micco detenuti che sanno di poter fare affidamento sulla lealtà e la fedeltà di quell’affiliato, reduce da una lunga condanna, scontata senza sbavature e che pertanto difficilmente adesso potrebbe tendere uno sgambetto al suo clan d’appartenenza. L’orientamento più sensato risulta essere quello che lo vedrebbe intenzionato ad andare incontro a una crescita direttamente proporzionale a quella del clan dei “bodo”.
Il dato di fatto inconfutabile è il grande entusiasmo con il quale è stata festeggiata la sua scarcerazione e che ha galvanizzato non poco, soprattutto gli affiliati più giovani, quasi immediatamente confluiti sotto le sue direttive. In poco tempo, la sua regia, avrebbe consentito di mettere a segno una serie di mosse finalizzate a svilire le intenzioni degli altri clan e che sembrano essere riuscite a sortire l’effetto sperato. Un affiliato con le indiscutibili doti peculiari del leader, alle quali si addiziona l’esperienza in materia di malavita accumulata durante la gavetta che sommata al rispetto e alla fedeltà che non ha mai smesso di riconoscere al clan De Micco hanno concorso a fare di lui il candidato numero uno, destinato a rimpiazzare il ras che intorno al suo operato ha suscitato un crescente malcontento.
I vertici del clan avrebbero temporeggiato per scongiurare il pericolo di “ufficializzare” in maniera vistosa ed evidente un passaggio del testimone che avrebbe rischiato di mettere in cattiva luce la cosca agli occhi delle altre organizzazioni camorristiche, sia rivali che alleate, e pertanto avrebbero temporeggiato in attesa di una strategia più indolore, ma ugualmente efficace.
In quest’ottica, il blitz recente, ha accelerato il corso degli eventi contribuendo alla concretizzazione di quel cambio al vertice fortemente bramato dagli altri gregari del clan. L’ipotesi più accreditata è che, consapevoli che di qui a poco anche per le altre figure di spicco del clan potrebbero scattare le manette, i De Micco avrebbero giocato d’anticipo puntando tutto su una “pedina immacolata” in quanto scarcerata nei giorni scorsi e quindi destinata a beneficiare di una certa autonomia, prima di finire nuovamente in carcere. Uno scarto temporale sul quale la cosca punta fortemente per restare a galla, al pari delle ottime garanzie che il nuovo ras può fornire, in termini di affidabilità e capacità. Si tratta di uno degli affiliati della prima ora del clan De Micco, tratto in arresto insieme ad altre figure di spicco dell’alleanza “bodo-xx” e tornato in libertà dopo aver scontato la condanna in carcere. Allo stato attuale, pertanto, è l’unico gregario dei De Micco a non essere destinato a finire nell’elenco dei soggetti destinatari di altre ordinanze di custodia cautelare che prossimamente potrebbero decretare la fine della libertà per boss e affiliati che hanno dato il via all’era camorristica del post-arresto del boss Marco De Micco.
In sostanza, il blitz avrebbe introdotto l’inizio di una nuova era camorristica in casa De Micco, annunciata e festeggiata con un plateale spettacolo pirotecnico. Una volta ristabiliti ruoli e gerarchie, due giorni dopo il blitz, il clan egemone a Ponticelli ha immediatamente ripreso a marcare la scena camorristica aggredendo il territorio in tutti i modi possibili: dalle richieste estorsive avanzate per conto e in nome del nuovo reggente del clan alla dimostrazione di forza che ha accompagnato l’esplosione di quei fuochi d’artificio nel cortile di casa De Micco e che ha visto un corteo di affiliati a bordo di motociclette di grossa cilindrata bloccare il transito delle automobili per tutta la durata dello spettacolo pirotecnico.
Forte del supporto di un nutrito numero di affiliati, malgrado gli arresti, i De Micco mirano a detenere il controllo del territorio e sembrano tutt’altro che rimaneggiati dai recenti eventi, al pari dei loro piani che appaiono più che ambiziosi.