Eduardo Fiorentino Mammoliti, detto “Fiore”, è entrato a far parte del clan Minichini-De Luca Bossa nel 2016, attraverso Michele Minichini, in seguito all’agguato in cui perse la vita suo zio Salvatore Solla, luogotenente della cosca del Lotto O. Anche Mammoliti confluisce nell’alleanza tra i vecchi clan dell’ala orientale di Napoli intenzionati a vendicare gli omicidi dei parenti. In particolare, lui mirava a vendicare la morte di suo zio Salvatore Solla, mentre Michele Minichini quella di suo fratello Antonio, anche lui ucciso dai De Micco. “Tramite le pazzignane Luisa De Stefano e Vincenza Maione abbiamo iniziato a programmare agguati nei confronti di esponenti del clan De Micco.”
Mammoliti finisce in carcere dal 2018 al 2023 per l’estorsione ai danni di un imprenditore di Sant’Anastasia. Anche durante la detenzione era costantemente informato circa l’evoluzione delle dinamiche camorristiche, grazie al supporto di un telefono cellulare detenuto illegalmente e che utilizzava per interagire con il ras Luigi Austero, ma anche con suo zio Bruno Solla e suo cugino Luca Concilio.
Nell’aprile del 2023, quando i De Micco entrano in azione per uccidere suo zio Bruno Solla, uno dei pochi fedelissimi del clan De Luca Bossa ancora a piede libero, Mammoliti era stato scarcerato da poco e insieme agli altri reduci della cosca ancora a piede libero intendeva rifondare il clan per tentare di riappropriarsi del controllo del territorio. Una volta tornato in libertà, Mammoliti abitò per un periodo nel rione De Gasperi nel palazzo dove abitava Luca Concilio per poi trasferirsi per un paio di settimane nel Lotto O, a casa di suo zio Bruno Solla. Infine, fece ritorno a Caravita, il suo quartier generale. Trascorse del tempo a Ponticelli per studiare gli equilibri criminali e all’indomani dell’omicidio di suo zio comprese che i De Micco apparivano propensi a “fare i morti”.
“Ho capito che si moriva e che non potevo fidarmi di nessuno, perché c’era qualcuno che faceva il doppiogioco con i De Micco – si legge nel verbale in cui sono riportate le dichiarazioni dell’ex ras di Caravita – tipo Lorenzo Valenzano, Giuseppe Prisco e Salvatore Montefusco detto Zamberletto, nel senso che avevano rapporti di affari con loro.”
Un’affermazione che scaturisce da un fatto ben preciso: i soggetti citati da Mammoliti si erano più volte rifiutati di compiere un agguato nei confronti di Ciro Naturale detto ‘o mellone, reggente del clan De Micco in quel momento storico. “La situazione si era fatta pesante. Mio zio la pensava come me e si dichiarava pronto ad agire”: in sostanza, Mammoliti spiega che solo suo zio Bruno Solla era disposto ad appoggiare il suo piano, dichiarandosi intenzionato a colpire i rivali. Un dettaglio che lascia presagire che proprio per questo motivo sia stato assassinato dai De Micco. Gli altri gregari preferivano restare rintanati nel rione De Gasperi e dedicarsi agli affari illeciti.
Determinante nel delineare i nuovi equilibri criminali, il vincolo di parentela che intercorre tra la moglie di Zamberletto e Gesualdo Sartori, genero di Salvatore D’Amico detto ‘o pirata, figura di spicco del clan Mazzarella. Inoltre Sartori è anche il cugino di Antonio Nocerino detto brodino, figura di primo ordine del clan De Micco e proprio questo vincolo di parentela avrebbe favorito l’alleanza tra questi ultimi e i Mazzarella.
Un vincolo di parentela che avrebbe favorito l’ascesa di Salvatore Montefusco nel rione De Gasperi: inizialmente, il suo potere d’azione era circoscritto alla gestione di una piazza di droga, insieme al figlio Carmine, ma con il supporto di Sartori riuscì a conquistare una posizione ben più autorevole che gli consentiva di imporre i prezzi nelle piazze di spaccio e di gestire la compravendita degli alloggi popolari. Secondo Mammoliti, il passaggio di Montefusco dalla parte dei Mazzarella fu una conseguenza del fatto che si ritrovò da solo nel rione, dopo gli arresti degli altri affiliati al clan De Luca Bossa e proprio per non correre rischi si era rivolto a Gesualdo Sartori, forte di quel vincolo di parentela acquisita. Un tassello determinante, ancora di più alla luce dei recenti sviluppi, in primis, l’omicidio di Emanuele Montefusco, fratello del ras del rione De Gasperi, vittima di una vendetta trasversale sulla quale aleggia la firma dei De Micco.