McDonald’s vanta una lunga storia di collaborazioni con la moda, fin dagli anni ‘70, con una collezione di vestiti per bambini. Indimenticabile il costume a tema disegnato da Jean Paul Gaultier nel 1997 per la scena del fast-food futuristico ne Il quinto elemento, così come Kate Moss nel video di Tom Sachs per W magazine del 2003 che preparava hamburger con la classica uniforme.
La prima collezione vera e propria ispirata al brand, anche se in teoria a sua insaputa, però, fu quella sviluppata nel 2014 per Moschino dall’allora direttore creativo – recentemente dimessosi – Jeremy Scott, grande fautore della pop culture e dei molteplici significati semiotici che porta con sé. All’epoca, in realtà, quello di Scott fu un atto di ribellione, compiuto senza il permesso di McDonald’s per rimaneggiare il proprio logo, ibridato col classico cuore della casa di moda italiana. Ma dopo il primo défilé della collezione McDonald’s accordò a Moschino il permesso di usare alcune sue grafiche in cambio di una donazione alla Ronald McDonald House Charities.
Ciò di cui è convinto Morgan Flatley, l’attuale Global Chief Marketing Officer ed Head of New Business Ventures di McDonald’s è che la collezione di Scott portò ai vertici della catena di fast food una nuova ondata di creatività, allegria e voglia di osare. Così le collaborazioni si sono succedute, passando per Vetements, Vain, Palace, Cactus Jack e Cactus Plant Flea Market.
Pochi giorni fa McDonald’s ha annunciato la sua ultima collaborazione – all’insegna dell’operazione nostalgia – con un altro brand abituato alle partnership: Crocs. La collezione di ciabatte riprenderà le storiche mascotte del brand – Birdie, Hamburglar e Grimace – e verrà venduta esclusivamente online. Sembrerebbe che nonostante le tante critiche e il documentario del 2004 di Morgan Spurlock Super Size Me, McDonald’s sembri essere riuscita a tornare a essere qualcosa di desiderabile, un’immagine iconica a cui legare il proprio senso di identità.