“Noi lo dobbiamo schiattare dentro al brodo, sai come si deve girare? Come si gira il brodo, così si deve girare brodino”: correva l’anno 2014 e a parlare così era Annunziata D’Amico, donna-boss dell’omonimo clan radicato nel Rione Conocal di Ponticelli. Erano gli anni in cui il clan fondato dai fratelli Antonio e Giuseppe stava cercando di appropriarsi del controllo dei traffici illeciti nel quartiere per colmare così il vuoto di potere scaturito dalla dissoluzione del clan Sarno. Di tutt’altro avviso i “Bodo”: il focolaio nato dal nulla, ma divampato in un batter d’occhio, forte del supporto convinto e violento di alcuni giovanissimi, tra i quali spiccava soprattutto “brodino” alias Antonio Nocerino, classe 1996, ma che a dispetto dei suoi 18 anni, in quel momento storico ricopriva un ruolo di primo ordine sullo scacchiere camorristico ponticellese, in quanto elemento di spicco del clan De Micco.
Sfrontato, spregiudicato, violento, irriverente, “brodino” era una vera e propria bestia nera per i rivali che in lui rilevavano un pericolo concreto di cui disfarsi. Un’intenzione che come visto trapela in tutta la sua ferma intensità dai dialoghi che avvengono tra le mura dell’abitazione della donna-boss del rione Conocal, ignara di essere intercettata e ancor più inconsapevole del destino che di lì a poco i sicari del clan rivale le avrebbero riservato: Annunziata D’Amico morì in un agguato nei pressi della sua abitazione, il 10 ottobre del 2015, di ritorno da un colloquio in carcere con il primo dei suoi cinque figli.
L’intenzione di uccidere “brodino” trapela dall’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione “Delenda” che nel giugno del 2016 ha decapitato i D’Amico di Ponticelli, facendo scattare le manette per oltre 100 affiliati al clan.
L’odio covato dalla “Passillona” Annunziata D’Amico e dagli esponenti del suo clan nei riguardi del giovane esponente del clan rivale scaturisce da una serie di fatti ben precisi.
Contestualmente alla dissoluzione del clan Sarno, in seguito al pentimento dei boss e delle figure più autorevoli dell’organizzazione che hanno dominato la scena camorristica ponticellese per circa trent’anni, i D”Amico si allearono con i superstiti: Antonio Tarantino e Pasquale Austero, in primis, animati dall’unico intento di fermare l’ascesa del clan De Micco di cui “brodino”, fin da subito, fu un autorevole esponente. Un giovane che seppe immediatamente mettersi in evidenza per l’efferatezza che animava le sue gesta, soprattutto per questo motivo i D’Amico lo temevano e volevano eliminarlo.
“Ora dobbiamo prendere anche le loro famiglie, lo dobbiamo schiattare nell’acido a brodino perchè dà fastidio”, si legge ancora nell’ordinanza che riporta le conversazioni avvenute in casa D’Amico.
Irreperibile da maggio del 2014, ovvero da quando si era allontanato arbitrariamente da una comunità dove stava scontando un’altra misura cautelare ricevuta da minorenne, Nocerino fu arrestato da latitante un mese dopo, a dispetto dei suoi 18 anni. Un dettaglio che ne conferma la pericolosità e la caratura criminale.
I poliziotti della Squadra Mobile di Napoli lo individuarono in un bungalow in un villaggio turistico di Agropoli. Lo sorpresero nel sonno, impedendogli qualsiasi possibilità di fuga. “Brodino” era indagato per i reati di associazione di tipo mafioso e di tentato omicidio, in relazione all’agguato consumato ai danni di Carmine Aloia, nel gennaio dello stesso anno. In quella circostanza, la vittima riuscì a fuggire, seppure gravemente ferita.
La sua pericolosità, unitamente alla caratura criminale, trapela dalle dichiarazioni dei pentiti che hanno contribuito a ricostruire le concitate e sanguinose dinamiche che si avvicendarono nel corso della prima faida conseguenziale alla fine dell’era dei Sarno.
Un collaboratore di giustizia fa riferimento al tentato omicidio di Marianna Abbagnara, legata ai D’Amico del Conocal, avvenuto in quel periodo storico. La donna fu ferita mentre era in auto con la figlia. “Le spararono una botta nella macchina-dice un pentito-. le dissero di portare l’imbasciata a Giuseppe d’Amico che quel messaggio era per lui. E poi dissero una parola brutta che non posso dire sulla bambina, proprio brutta”. Secondo il pentito a sparare furono Roberto Boccardi -ex affiliato ai De Micco, poi passato con i de Luca Bossa – e Antonio Nocerino detto “brodino”.
Secondo quanto riferito dai collaboratori di giustizia, fu proprio Nocerino ad entrare in azione il 23 novembre del 2013 per mettere la firma su un delitto eccellente nelle vicinanze del commissariato di polizia del quartiere. Antonio Tarantino, ex Sarno poi alleato dei D’Amico, era in auto con Pasquale Austero e un’altra persona, quando fu affiancato da una moto dalla quale il killer sparò una raffica di colpi che uccisero all’istante Tarantino, mentre Austero e l’altro passeggero rimasero indenni. Il pentito Gaetano Lauria racconta: “Tarantino è stato ucciso da Antonio Nocerino. L’ho saputo da Salvatore Ercolani” ovvero, il marito di Annunziata D’Amico, la donna-boss che subentrò ai fratelli nella reggenza del clan in seguito al loro arresto e assassinata nei pressi della sua abitazione, il 10 ottobre del 2015, proprio per essersi rifiutata di corrispondere una tangente ai De Micco sulle piazze di spaccio che gestiva nel suo rione.
Un delitto eccellente che ha sancito la fine della faida tra le due compagini, decretando l’egemonia dei De Micco.
Nel corso degli anni, tuttavia, un inaspettato evento ha concorso a confondere le dinamiche camorristiche, di per sè assai concitate che si avvicendano tra le strade di Ponticelli: il cugino di “brodino” ha messo su famiglia con una della figlie di Antonio D’Amico, fratello della defunta Annunziata, assassinata dai De Micco, nonchè fondatore del clan che ha giurato eterna guerra a questi ultimi.
Un’unione che disegna uno scenario impensabile negli anni in cui la priorità della donna-boss del Conocal era “sciogliere nell’acido brodino”. Quello stesso giovane che oggi, tornato nuovamente in libertà, marca la scena camorristica ponticellese vestendo gli spocchiosi abiti del leader, affiancato dai rampolli del clan con i quali le eredi della D’Amico hanno messo al mondo una nuova generazione nelle cui vene scorre “sangue misto”, metà D’Amico, metà De Micco, introducendo dinamiche dagli esiti incerti, in virtù della vendetta incessantemente sbandierata ai quattro venti dai figli della donna-boss assassinata.