Una sigla introdotta, anzi imposta, per sostituire uno dei cognomi più radicati nella malavita di Napoli est: “XX”, alter ego di De Martino, nonchè nomignolo di uno dei killer più spietati della camorra di Ponticelli, Antonio De Martino.
Primo i tre figli, cresciuti a pane e camorra, dal ras Francesco De Martino alias Ciccio ‘o pazzo e da “Donna Lina”, al secolo Carmela Ricci, una delle mamme-camorra più convinte ed austere della scena camorristica ponticellese, Antonio De Martino, nato nel 1989, a suon di omicidi ed azioni violente ed efferate è riuscito a rivendicare timore riverenziale e rispetto, ben oltre i palazzoni del rione Fiat, il plesso di case popolari in cui è nata la “leggenda di XX”: il camorrista che non si può nominare. In virtù della fama da picchiatore violento e cecchino dalla mano ferma e dalla mira infallibile, Antonio De Martino è riuscito a garantirsi rispetto ed omertà, finanche imponendo a chiunque, soggetti contigui alla malavita e non, di evitare di pronunciare il suo nome a chiare sillabe e a voce alta. E’ così che Antonio De Martino diventa “XX”, il camorrista che non si può nominare, il killer al quale è meglio non pestare i piedi per non finire nel tritacarne azionato dalle funeste logiche della malavita. Complice la giovane età e le plurime affinità che facilmente hanno concorso ad avvicinarlo ai giovani di quel rione, il suo rione, la figura di Antonio De Martino è stata facilmente mitizzata, contribuendo ad incrementare fascinazione e consensi intorno al clan andato incontro ad una rapida e feroce ascesa, anche e soprattutto grazie agli omicidi sui quali c’è la firma dell’innominabile “XX”.
Un’affiliazione, quella tra i De Micco e i De Martino, nata dopo un incipit tutt’altro che indolore. Un legame frutto di una necessità ben precisa e che seguita tuttora a tenere banco tra le strade di Ponticelli per assecondare logiche dettate da interessi di vario tipo. I De Martino si sono visti costretti prima ad entrare in affari con i De Micco e poi a giurar loro fedeltà eterna, seppure inizialmente provarono a stroncare sul nascere l’ascesa di quel clan sconosciuto, appoggiato dai “barresi”.
Erano gli anni in cui a Ponticelli regnava l’anarchia, complice il declino dell’era dei Sarno che vide un tumultuoso valzer di pentimenti generare un vortice di morti ed arresti che contribuì a favorire le condizioni utili all’ascesa di qualsiasi organizzazione in grado di manifestare una forza economica e militare tale da riuscire ad imporre la propria egemonia.
Il capostipite di una delle famiglie camorristiche più temprate, Francesco De Martino, era fortemente convinto di riuscire a diventare il boss di Ponticelli. In tale ottica, il punto di non ritorno è costituito dall’omicidio di Massimo Imbimbo, contiguo al clan De Martino-Perrella-Circone, nonchè nipote del ras Francesco De Martino. Un omicidio sul quale c’è la firma dei De Micco, all’epoca alleati dei Cuccaro. Ad entrare in azione per freddare un elemento di spicco del clan rivale, Salvatore De Micco – fratello di Marco, fondatore dell’omonimo clan – e Gennaro Volpicelli. Imbimbo fu ucciso mentre, a notte fonda, a bordo di uno scooter, transitava in via Alfieri, nei pressi del rione Lotto 10. Travolto da una pioggia di proiettili che lo hanno ferito alla mano e al braccio sinistro, al fianco sinistro, al dorso, alla coscia. Letale quello che gli ha perforato il torace raggiungendo il cuore.
Inconsapevole di essere intercettato, nei giorni successivi all’agguato, il ras Francesco De Martino, palesava allarmismo ed apprensione per la sorte degli altri sodali, in primis, per quella dei figli Antonio e Giuseppe, già ben addentrati nelle dinamiche malavitose, mentre il figlio minore, Salvatore, era poco più di un bambino. Temeva che i rivali del clan De Micco, con l’intento di favorire l’ascesa e la supremazia dei Cuccaro di Barra a Ponticelli, potessero mettere a segno un altro delitto eccellente.
L’oggetto della disputa, come di consueto, era il controllo dei traffici illeciti, in primis del business della droga. Fino a prima dell’omicidio Imbimbo, i gestori delle piazze di spaccio di Ponticelli versavano la quota ai De Martino. Dopo quel delitto eclatante, lo scenario cambiò repentinamente e di fatto tutti iniziarono a pagare la tangente ai De Micco.
A nulla servì l’irruzione presso “il circolo di Bombò” che a tutti gli effetti rappresentò la replica della fazione capeggiata dai De Martino all’omicidio Imbimbo. Per sedare la faida che, di giorno in giorno, diventava sempre più temibile, il ras Francesco De Martino stipulò una tregua in seguito ad un incontro con i vertici del clan Cuccaro, al quale partecipò personalmente.
Nacque così l’alleanza tra i De Micco e i De Martino, sulla base di un sonoro colpo all’orgoglio inflitto ad una temprata famiglia d’onore di Ponticelli. Per questo motivo, tra le reclute della malavita, la nascita di quel sodalizio apparentemente così solido e coeso, è sempre stato oggetto di suggestive ipotesi. La più insistente narra che Antonio De Martino detto “XX” avrebbe covato brama di vendetta silenziosamente, animato dalla ferma volontà di “rendere giustizia” al cugino, in attesa del momento più propizio per colpire i rivali di un tempo, poi diventati alleati per sopperire alle forzate esigenze dettate dalle circostanze. Tra i rioni in odore di camorra, da tempo immemore, aleggia una pesante suggestione secondo la quale “XX” mirava ad uccidere il boss Luigi De Micco, reggente dell’omonimo clan in seguito all’arresto dei fratelli Marco e Salvatore, per portare a compimento l’agognata vendetta, ma anche per appropriarsi di un ruolo più autorevole all’interno di quella cosca che lui stesso aveva concorso a consolidare a suon di omicidi eclatanti, come quello del ras del Lotto O Salvatore Solla e della donna-boss Annunziata D’Amico, reggente dell’omonimo clan.
Dal suo canto, Luigi De Micco, consapevole della brama di rivalsa covata dal temibile “XX” avrebbe, a sua volta, studiato una strategia utile a “bruciarlo sul tempo”, lasciandogli credere che al cospetto del suo imminente arresto, sarebbe stato lui ad ereditare le redini del clan, auspicando che quella prospettiva potesse sedarne il livore di vendetta. A mettere un punto risolutivo alle rispettive strategie di due figure di primo ordine della malavita ponticellese, il blitz che nel 2017 ha fatto scattare le manette per Luigi De Micco ed Antonio De Martino, oltre che per altri 21 affiliati al clan De Micco.
Non solo Antonio, anche suo fratello Giuseppe, più piccolo di appena un anno, avrebbe contribuito all’ascesa dei De Micco, a suon di estorsioni ed azioni eclatanti e per questo finito in manette nel 2015, due anni prima di “XX”.
Contestualmente all’arresto di Antonio De Martino e delle altre figure apicali del clan De Micco, forte della detenzione del ras Francesco e dell’altro figlio Giuseppe, le redini dei De Micco-De Martino passarono tra le mani dell’ultimo rampollo di casa De Martino: Salvatore, sotto l’austera guida della madre che poco dopo fu arrestata, in quanto custode dell’arsenale di armi del clan. Seppure fosse solo un ragazzo, dotato di una tempra e di un carattere tutt’altro che equiparabili a quelli dei suoi fratelli e dei genitori, Salvatore si vide costretto a fare quello che andava fatto e prima ancora di diventare maggiorenne, si trovò a capo del clan di famiglia, attorniato dagli amici di sempre, i ragazzi del rione che in un lampo si tramutarono in gregari, in un momento storico assai concitato. Capeggiato dall’unico dei fratelli “XX” a piede libero, il giovane Salvatore e principalmente costituito da giovani con piccoli precedenti a carico e senza alcuna esperienza in materia camorristica, sotto la sagace regia di Antonio De Martino che dal carcere non ha mai smesso di dirigere i suoi fedeli armigeri, dettando strategie ed impartendo direttive, il clan “Bodo-XX” non riuscì a fare altro che preservare il controllo dei traffici illeciti nei rioni storicamente sotto la sfera egemone dell’organizzazione. Per la prima volta, i De Micco furono costretti a capitolare, riconoscendo la supremazia dei clan alleati di Napoli est. Un fatto che rappresenta una ferita ancora sanguinante al cuore e all’orgoglio di un clan irriverente come quello attualmente egemone a Ponticelli.
Quanto accaduto nell’estate 2018, altro non fa che confermare la rilevanza cruciale ricoperta dalla famiglia De Martino, nell’ambito delle dinamiche camorristiche ponticellesi: il ras Francesco De Martino fu gambizzato tra le strade del quartiere, mentre beneficiava di un permesso premio di pochi giorni. Poche ore di libertà che il Ciccio ‘o pazzo utilizzò per organizzare la controffensiva. Un agguato che s’incastonò tra le concitate fasi della faida tra i reduci del clan De Micco-De Martino e le famiglie d’onore di Napoli est che convergevano in un unico cartello. Quello andato in scena sotto le direttive di De Martino senior fu l’ultimo colpo di coda degli “XX” prima di sventolare bandiera bianca al cospetto dei rivali.
I recenti fatti di sangue, analogamente, confermano l’immutata influenza che gli “XX” hanno continuato ad esercitare sullo scacchiere camorristico ponticellese. Proprio in seguito alla rottura con i De Luca Bossa-Minichini-Casella, fortemente voluta proprio da Antonio De Martino per ragioni riconducibili agli stipendi elargiti ai detenuti, ha preso il via una faida che ha tenuto banco per diversi mesi e che, negli ultimi tempi, è tornata ad animare le strade del quartiere a suon di spari.
Ciononostante, una serie di ruggini ed incomprensioni avrebbero concorso a minare i rapporti tra i De Micco e gli “XX”, in primis una sostanziale divergenze di vedute sulle strategie e il modus operandi adottati e che si sarebbero rivelati determinanti nel decretare l’ascesa dei rivali. Acredini e dissidi che si sarebbero accentuati all’indomani della scarcerazione del boss Marco De Micco e ancor più, in seguito al suo arresto, avvenuto dopo appena un anno trascorso a Ponticelli.
Un arco temporale breve, ma intenso che il boss ha sfruttato per ridisegnare l’assetto da imprimere al suo clan che a sorpresa ha lasciato nelle mani di un businessman della droga come Ciro Naturale, consapevole di finire nuovamente dietro le sbarre, a discapito proprio del giovane De Martino che secondo i ben informati, non avrebbe ben recepito le scelte di “Marco Bodo”.
Rumors pericolosi, quelli che serpeggiavano intorno al clan De Micco-De Martino e che rischiavano di minarne la solidità, ne è consapevole il ras Francesco De Martino che ha confermato con i fatti la sua caratura di boss cinico e lungimirante, all’indomani della sua scarcerazione, avvenuta pochi mesi dopo l’ennesimo arresto del boss Marco De Micco. In primis, De Martino senior ha mantenuto un profilo basso, guardandosi bene dal compiere azoni eclatanti, consapevole di avere i riflettori degli inquirenti puntati addosso.
E non solo.
Ciccio ‘o pazzo avrebbe stroncato sul nascere chiacchiere e pettegolezzi che indicavano il suo clan in rotta di collisione con i De Micco, compiendo un gesto semplice, eclatante, risolutivo: un tatuaggio e non un tatuaggio qualunque.
Non è passato inosservato quel nomignolo, “Bodo”, tatuato sulla sua nuca. Un atto di fedeltà plateale, voluto per zittire le polemiche. Del resto, la sorte di suo figlio Antonio, condannato all’ergastolo per gli omicidi compiuti in veste di affiliato al clan De Micco, è legata a filo doppio a quella dei “Bodo”, non solo sotto l’aspetto processuale. I De Micco possono infatti garantire al killer “XX” un’adeguata assistenza legale, oltre al sussidio elargito per il mantenimento in carcere dei detenuti.
Un’alleanza che, anche fuori dal carcere, seguita a garantire una serie di benefici innegabili ai De Martino che nelle ultime ore hanno riabbracciato un’altra pedina cruciale: Giuseppe De Martino, il secondogenito di “Ciccio ‘o pazzo”.
Una scarcerazione giunta in un momento assai propizio per i De Micco-De Martino e che giunge in seguito a quelle di altri elementi di spicco dell’organizzazione avvenute di recente, in primis, Antonio Nocerino e Fabio Riccardi.
Il clan attualmente egemone a Ponticelli ritrova alcuni dei suoi “pezzi da 90” mentre i rivali stanno andando incontro al processo inverso, complice una serie di blitz importanti che hanno concorso ad indebolire sensibilmente il cartello camorristico costituito dai Minichini-De Luca Bossa.
Lo scenario che si sta delineando attualmente, vede i De Micco-De Martino radicare la propria supremazia attraverso una serie di azioni strategiche finalizzate a ramificare e rafforzare la loro presenza nel quartiere.