Un’altra scarcerazione eclatante concorre a ridisegnare gli equilibri camorristici sempre più precari tra i rioni dell’area orientale di Napoli.
Una scarcerazione alla quale è possibile attribuire una collocazione inequivocabile, grazie al prezioso assist fornito da uno dei rampolli del clan De Micco che nelle ore precedenti ha pubblicato una storia su Instagram in cui esternava tutta la gioia per il ritorno in libertà di un pezzo da 90 della malavita locale.
“Finalmente libero sangue nostro”, si legge nella storia accompagnata da emoji che raffigurano un cuore, le immancabili catene che simboleggiano la detenzione e i fuochi d’artificio.
Il clan De Micco annuncia di poter beneficiare del ritrovato supporto di “Brodino” alias Antonio Nocerino, perno portante dei “Bodo” dagli albori della nascita del clan.
Nocerino fu arrestato da latitante, nell’estate del 2014 dagli agenti della squadra mobile di Napoli, quando sul suo capo, a fronte dei 18 anni appena compiuti, pendevano una serie di pesanti accuse: associazione di tipo mafioso, in quanto perno portante dell’allora nascente clan De Micco, nonchè tentato omicidio, in relazione all’agguato consumato ai danni di Carmine Aloia, il 9 gennaio dello stesso anno, che riuscì a sottrarsi alla morte benché gravemente ferito.
Resosi irreperibile dal mese di maggio del 2014, ancora prima della esecuzione della citata misura, si era allontanato arbitrariamente da una comunità dove stava scontando un’altra misura cautelare ricevuta quando non aveva ancora compiuto la maggiore età.
I poliziotti lo hanno stanarono in un comune del villaggio cilentano di Agropoli, dopo aver localizzato il bungalow dove alloggiava Nocerino, lo hanno sorpreso nel sonno, impedendogli qualsiasi possibilità di fuga.
Condannato un anno dopo, contestualmente alle altre figure apicali, nell’ambito del processo celebratosi con rito abbreviato, consentendo così ai giovanissimi affiliati al clan ei “Bodo” di beneficiare di uno sconto di pena.
Condannati a sei anni e otto mesi di carcere Gennaro Volpicelli, Omar Marino, Giuseppe Quagliariello e Ferdinando Viscovo detto miobabbo, sei anni per Vincenzo Scarpato, Roberto Boccardi, Enea De Luca e per l’appunto Antonio Nocerino e quattro anni per Domenico Esposito. In quella circostanza, fu assolto Luigi De Micco, che qualche collaboratore di giustizia ha indicato come colui a cui era affidata la gestione delle scommesse online e l’intera contabilità del clan. Furono assolti anche Luigi Sodano, accusato di essere fittizio intestatario di attività di De Micco. Assolti, inoltre, Ciro Cirelli, Maurizio Murrutzu e Fabio Riccardi, finiti sotto accusa per presunti contatti con esponenti dell’organizzazione camorristica.
La pena più severa, in quella circostanza, fu inflitta ai fratelli Marco e Salvatore De Micco: 12 anni di carcere per Salvatore De Micco, accusato di essere al vertice dell’organizzazione malavitosa, braccio operativo della cosca e capo temuto al punto da non poter essere nominato nei colloqui tra affiliati che lo citano come «il parente» o con un generico «lui». Marco De Micco, invece, fu condannato a 8 anni di reclusione: inquirenti e pentiti lo indicarono come capo indiscusso, colui che intascava i proventi dei traffici illeciti, nonchè detentore dell’ultima parola sugli affari del gruppo.
Un post che dirama “una notizia nella notizia” in quanto, negli ambienti malavitosi circolava con insistente convinzione la notizia che annunciava il passaggio di “Brodino” tra le fila del clan De Luca Bossa. Un evento che sarebbe scaturito in seguito ad un disguido che avrebbe portato i De Micco a cessare di passargli i soldi in carcere e soprattutto legato al presunto pestaggio di alcuni parenti di Imperatrice da parte dei “Bodo”. Non a caso, probabilmente, anche con l’intento di stroncare sul nascere qualsiasi focolaio di insidiosi malintesi, i De Micco hanno annunciato la scarcerazione di un prezioso ed autorevole alleato.
Una scarcerazione che matura in un momento particolarmente propizio per i De Micco, in virtù della faida in corso con i De Luca Bossa.