La ricostruzione dei fatti fornita dagli abitanti del Rione Fiat, teatro del duplice omicidio avvenuto a Ponticelli poco prima delle 10 di mercoledì 20 luglio, delinea un quadro piuttosto chiaro circa le circostanze che avrebbero portato il 37enne Antonio Pipolo ad uccidere il 29enne Carlo Esposito detto “Kallon”.
Pipolo, contiguo al clan De Martino, pochi giorni fa sarebbe entrato in rotta di collisione con alcuni esponenti della cosca che ne avrebbero ordinato l’uscita di scena, al culmine di una discussione, l’ennesima. Il 37enne, negli ultimi tempi, si sarebbe mostrato in più di una circostanza in stato di visibile alterazione. Proprio gli stupefacenti dei quali avrebbe abusato, lo gettavano in pasto ad allucinazioni che si sarebbero tramutate in paranoie e reazioni aggressive.
Il punto di non ritorno sarebbe stato raggiunto proprio al culmine di una concitata discussione, sfociata con la decisione di disfarsi di quel gregario reso inaffidabile dalle droghe. Di tutta risposta, nel corso della mattinata di giovedì 20 luglio, Pipolo avrebbe impugnato un’arma, in preda alla collera e alterato dall’uso di stupefacenti, con l’intenzione di colpire un qualsiasi affiliato al clan De Martino.
Secondo quanto riferito da alcuni residenti in zona, Pipolo avrebbe bussato invano a diverse porte, prima di fare irruzione nel basso in cui ha ucciso Esposito e Imperatore, a caccia di una preda da stanare. Presumibilmente, una volta sedato l’effetto di alterazione sortito dagli stupefacenti, resosi conto della gravità dell’azione compiuta, il 37enne avrebbe temuto per la sua incolumità, consapevole della punizione che gli sarebbe stata inflitta dal clan, decidendo così di presentarsi spontaneamente in Procura.
Una ricostruzione che, quindi, colloca il duplice omicidio in uno scenario avulso dalle trame camorristiche, individuando il movente in dissidi di carattere personale scaturiti tra membri dello stesso clan, allontanando lo spettro della faida interna tra i De Micco e i De Martino. Non accade di rado, infatti, che la camorra, in circostanze analoghe, miri a screditare l’attendibilità di un probabile collaboratore di giustizia concorrendo a minarne credibilità e reputazione disseminando calunnie ed illazioni montate ad arte.
Proprio per questo, in attesa delle dichiarazioni acclarate che Pipolo ha reso alla magistratura, è bene precisare che potrebbe trattarsi di una ricostruzione “montata ad arte” per alleggerire la posizione dei De Martino e sedare la tensione schizzata alle stelle nelle ultime ore.
L’altra ipotesi è, invece, quella che introduce la faida interna tra i De Micco e i De Martino. Questo scenario sarebbe sostenuto e supportato non solo dalle vecchie ruggini riconducibili a un passato tutt’altro che remoto, ma anche e soprattutto dalla scarcerazione del ras Francesco De Martino che, dopo una fase iniziale trascorsa in silenzio per studiare la strategia migliore, ma anche per non attirare l’attenzione degli inquirenti, consapevole di essere sotto i riflettori, avrebbe poi optato per l’avvio delle ostilità con l’intento di conquistare una posizione di maggiore rilievo, approfittando del colpo inflitto al clan De Micco con l’arresto del boss Marco De Micco.
Nella fattispecie, dentro e fuori dal carcere, sarebbe in atto un vero e proprio terremoto, nell’ambito del quale finanche diverse figure di spicco del clan De Luca Bossa starebbero passando dalla parte dei De Micco. Questi ultimi, a loro volta, avrebbero definitivamente rotto gli indugi, distaccandosi dagli ex alleati del clan De Martino, ordinandone “la cacciata” dai rioni-simbolo del potere dei De Micco a Ponticelli, come il Rione Fiat, pena la morte.
In questo scenario, dunque, sarebbe maturato il delitto eccellente di “Kallon”, tornato in libertà da pochi mesi, ma capace di ritagliarsi rapidamente un ruolo di primo ordine sullo sdrucciolevole scacchiere camorristico ponticellese. Dedito alle estorsioni, ma anche al controllo del business dello spaccio nella zona dei Rione Fiat, “Kallon” era considerato un ras. E se un tempo era una fedele recluta del clan De Micco, tant’è vero che fu arrestato in quanto parte integrante di un gruppo di fuoco che mise a segno una “stesa” sulla quale c’era proprio la firma dei “Bodo”, è altrettanto vero che il vincolo sentimentale che lo legava alla sorella di Ciro Uccella, fedelissima recluta del clan “XX”, lo collocava ben più vicino a quest’ultima compagine, soprattutto di recente.
Laddove fosse questo lo scenario confermato dalle indagini in corso, appare ben chiaro che l’omicidio di Carlo Esposito potrebbe rappresentare il punto di non ritorno destinato ad ufficializzare l’avvio di una faida interna dalla quale i rivali del clan De Luca Bossa potrebbero trarre un inaspettato beneficio.