Esattamente un anno fa, il 18 settembre del 2019, il giudice per le indagini preliminari Luana Romano del Tribunale di Napoli ha disposto il carcere a vita per gli otto imputati accusati di aver partecipato a vario titolo all’omicidio del boss dei Barbudos Raffaele Cepparulo, in cui perse la vita anche Ciro Colonna, 29enne del Lotto O, estraneo alle dinamiche camorristiche.
Un verdetto pesante che ha condannato all’ergastolo le figure-simbolo del sodalizio camorristico frutto dell’alleanza tra i clan in declino della periferia Orientale di Napoli, nato con l’intento di scalzare l’egemonia dei De Micco a Ponticelli e quella dei Mazzarella a San Giovanni a Teduccio.
Un’alleanza che ha esordito ufficialmente sulla scena camorristica di Napoli est proprio mettendo la firma sull’omicidio del boss dei Barbudos del Rione Sanità che dopo aver partecipato alla cosiddetta “strage delle fontanelle” trovò rifugio tra i palazzoni del Lotto O di Ponticelli, forte dell’amicizia con Umberto De Luca Bossa.
Un’azione camorristica eclatante, soprattutto perchè nel circolo ricreativo del Lotto O di Ponticelli, il pomeriggio del 7 giugno 2016, per mano dei sicari non morì solo il boss del rione Sanità, ma anche una giovane vittima innocente.
Un ergastolo annunciato, quello che un anno fa è stato incassato dal boss di San Giovanni a Teduccio Ciro Rinaldi (accusato di essere il mandante), Michele Minichini (esecutore materiale), Antonio Rivieccio (esecutore materiale), Anna De Luca Bossa (segnalò ai killer la presenza di Cepparulo nel circolo ricreativo del Lotto O), oltre a Giulio Ceglie e a Cira Cipollaro (madre di Michele Minichini), le ‘pazzignane’ Vincenza Maione e Luisa De Stefano, accusate di aver aiutato i killer nelle fasi successive all’agguato.
Un ergastolo che a breve potrebbe essere confermato anche in appello.
Ad aggravare la posizione degli imputati, infatti, concorrono le dichiarazioni rese dal figlio della De Stefano, Tommaso Schisa, passato dalla parte dello Stato all’incirca un anno fa e che sta dunque aiutando la magistratura a ricostruire le dinamiche che hanno consentito al sodalizio camorristico di cui la sua famiglia era parte integrante di conquistare il tanto agognato potere, tornando a dominare da leader la scena camorristica di Napoli est.
Diversi destini sono legati a filo doppio alla conferma di quel “fine pena mai”.
Per questo motivo, nei rioni della camorra ponticellese, si respira un clima di crescente fibrillazione, soprattutto in virtù della “voce di popolo” che da domenica scorsa si sta diffondendo con insistente frequenza: il possibile pentimento di una donna che ricopre un ruolo di primo ordine nell’ambito della scena camorristica di Ponticelli.
A generare questo crescente clima di tensione è l’esito praticamente scontato dell’imminente appello che, salvo clamorosi colpi di scena, confermerà l’ergastolo per tutti gli imputati, assicurando così alla 19enne vittima innocente la giustizia che merita.
Un ergastolo che, se confermato, condannerebbe al carcere a vita, 4 madri: Cira Cepollaro, Vincenza Maione, Luisa De Stefano e Anna De Luca Bossa. Tutte le lady-camorra hanno dei figli e perfino dei nipoti che sperano di poterle riabbracciare e che continuano a covare il sogno di rivedere la famiglia riunita, un giorno. Un sogno realizzabile e perseguibile solo attraverso una strada: il pentimento.
La strada più dura e complessa per delle donne d’onore, perfino la più difficile da accettare e concepire per le boss in gonnella.
Nell’occhio del ciclone sono finiti i due nomi, gli unici in grado di scatenare il vero e proprio terremoto che si sta registrando in questi giorni nei rioni-bunker della camorra: Anna De Luca Bossa e Luisa De Stefano.
Le più addentrate nelle dinamiche camorristiche e pertanto le meglio informate.
La lady camorra del Lotto O, in passato, aveva già manifestato la volontà di collaborare, iniziò perfino a rilasciare alcune dichiarazioni, per poi ritrattare, cedendo alle pressioni della famiglia. A riprova del carattere debole e tutt’altro che in grado di accettare la carcerazione, anche i tentativi di suicidio che la donna avrebbe inscenato in più circostanze. Tuttavia, i De Luca Bossa assicurano e rassicurano affiliati ed affini al clan, asserendo che la donna ha preso parte all’ultimo colloquio in carcere con i familiari, un alibi che allontanerebbe dalla lady-camorra del lotto O il fantasma del tradimento.
Donna-boss di tutt’altra caratura, invece, Luisa De Stefano. “La Pazzignana” ha ricoperto un ruolo cruciale all’interno dell’alleanza e al cospetto del suo ipotetico pentimento, gli interpreti della malavita locale stanno letteralmente tremando, perchè consapevoli delle forti conseguenze che le sue dichiarazioni andrebbero a sortire in chiave giudiziaria.
Tuttavia, la De Stefano, oltre a manifestare un attaccamento ben più morboso al codice d’onore della camorra, avrebbe più di una valida ragione per accettare senza battere ciglio l’ergastolo, malgrado il pentimento del primogenito e la scelta di accettare il programma di protezione della figlia.
Malgrado i pezzi più importanti della sua famiglia siano sotto protezione, la De Stefano sa che il suo pentimento condannerebbe a morte i tanti parenti che vivono a Ponticelli.
La “Pazzignana” ha assecondato le logiche della malavita nel momento più buio della sua storia umana e camorristica, quando il pentimento delle figure di spicco del clan Sarno ha distrutto tantissime vite, privando dei “capi” moltissime famiglie, in primis la sua. Quelle donne e i loro figli sono cresciuti covando odio e vendetta per i pentiti.
Inoltre è tutt’altro che improbabile che ci sia la firma del clan del quale era parte integrante dietro gli omicidi seriali che hanno portato alla morte di diverse persone, alcune delle quali perfino estranee alle dinamiche camorristiche, solo perchè imparentate ai Sarno, “i traditori di Ponticelli”, non appena le condanne scaturite dalle dichiarazioni rese da questi ultimi sono diventate definitive. Tantissimi anche i parenti dei Sarno costretti, in quel periodo, a lasciare il Rione De Gasperi.
Nessuno meglio della De Stefano sa quale a quale destino vanno incontro i parenti dei pentiti.
Nessuno meglio della De Stefano sa quale responsabilità grava sulla sua coscienza.
Tanti, troppi i parenti che vivono ancora a Ponticelli, molti dei quali orbitano nei contesti malavitosi. Ragion per cui credono che proprio quel legame ancora in essere con la camorra possa bastare per allontanare lo spettro della vendetta. Difficilmente i parenti della De Stefano accetterebbero di finire sotto protezione, lasciando per sempre Ponticelli e quel Rione De Gasperi che per coloro che sono nati e cresciuti nel rispetto del credo camorristico, a dispetto dell’aspetto putrido e fatiscente, rappresenta un regno incrollabile verso il quale nutrono un senso d’appartenenza intorno al quale ruota tutta la loro vita. Ne è consapevole “la Pazzignana” che ha trascorso tutta la vita ad odiare ed osteggiare i parenti dei Sarno, “i traditori” che hanno rovinato la vita alla sua famiglia. Difficilmente, a cuor leggero, potrebbe scegliere di emulare le gesta degli odiati traditori, senza tener conto delle conseguenze che le sue gesta andrebbero a sortire nella vita delle sue sorelle, dei suoi nipoti e del nutrito nucleo familiare che vive a Ponticelli.
Proprio nel Rione De Gasperi, negli isolati in cui vivono i parenti della “Pazzignana” serpeggia l’apprensione più viva per le sorti alle quali potrebbero andare incontro, loro malgrado.
Al momento, contrariamente a quanto affermato con insistenza da diversi interpreti della malavita locale, Luisa De Stefano non ha manifestato nessuna volontà di pentimento, ma non è detto che prima di conoscere l’esito dell’appello, qualcuno degli otto imputati non rompa gli indugi decidendo di evitare l’ergastolo, passando dalla parte dello Stato.
In effetti, dietro l’accanimento che si sta generando intorno alla figura della “Pazzignana” e alla sua famiglia, alimentando la notizia del suo pentimento, potrebbe celarsi un piano ben preciso, ordito da qualcuno che da questo clima di crescente tensione potrebbe trarre un enorme vantaggio, soprattutto per distogliere l’attenzione dalla “vera pentita” o da altre e ben più gravi trame camorristiche.