Pasquale Apicella aveva 37 anni ed è morto a bordo della volante dove tutti i giorni con spirito di sacrificio e senso del dovere svolgeva il suo lavoro. Indossava la divisa della Polizia di Stato e con quella divisa addosso ha perso la vita. Ucciso nel tentativo di frenare la corsa di quattro pregiudicati che avevano tentato un assalto ad un bancomat nella città di Napoli. «Siamo colleghi e anche se non ci siamo mai visti è come se ci conoscessimo da sempre, perché, quando indossi una divisa, siamo tutti uguali, siamo tutti una famiglia, e quando un collega cade in guerra allora cadiamo tutti, perché figli della stessa divisa e perché quello che è successo a Pasquale Apicella può accadere ogni giorno a chiunque di noi – scrive il segretario provinciale di Roma di Les, Luca Andrieri». Le immagini dell’auto a bordo della quale viaggiavano i due agenti in servizio la scorsa notte rendono con cruda realtà la ferocia del dramma che si è consumato e che ha sconvolto l’intera Polizia di Stato. «Aspettiamo gli aggiornamenti degli esperti per capire quando supereremo l’emergenza sanitaria – continua Andrieri – ma la verità è che anche in questi giorni, fuori dalle nostre case c’è un’altra realtà con cui bisogna fare i conti e che, anche se non sembra, fa la stessa paura del Coronavirus». Ma così come successo per gli agenti uccisi negli uffici della Questura di Trieste, la paura è che anche questa volta ci si dimentichi troppo in fretta della morte di un altro servitore dello Stato caduto in servizio. «La morte di un poliziotto non deve passare inosservata – dichiara il vertice di Les -. Si tratta di uomini e donne che ogni giorno indossano una divisa, che escono di casa con il sorriso, spinti da quell’entusiasmo che solo chi fa questo mestiere può capire, l’entusiasmo di aiutare chi è in difficoltà, che, anche senza particolari protezioni e con mezzi insufficienti si fa trovare sempre lì, in prima linea ad affrontare emergenze e pandemie sempre per il bene della collettività». Pasquale Apicella lascia la moglie e due figli piccoli. La confederazione sindacale, anche per questo motivo, ritiene di dover intraprendere nuovi percorsi interlocutori affinché per questo tipo di reati le pene siano esemplari. «Non ci sono regole, non ci sono leggi che ci tutelano a sufficienza, adesso il timore è che assisteremo alla solita passerella di politici, di questori e dirigenti, ma poi tutto passerà – conclude Luca Andrieri -. Ma noi non dimenticheremo. Come sindacato e come sindacalisti, non abbiamo scelto di stare seduti dietro una scrivania a riempire carte, ma restiamo in prima linea come il nostro collega Pasquale Apicella. Resteremo in contatto con i colleghi, capiremo le reali esigenze che si incontrano in questo difficile mestiere, capiremo cosa si può e si deve fare per cambiare una società che non protegge e non tutela. Chiederemo più certezza delle pene per chi delinque. Vogliamo regole certe per dare un senso a quello che facciamo quotidianamente, chiederemo equipaggiamenti più sicuri, affinché i nostri bambini, così come quelli del nostro collega che ci ha prematuramente lasciato perché vittima del dovere, crescano in un mondo migliore. Se riusciremo in tutto questo, allora il sacrificio di Pasquale Apicella e quello di altri colleghi non sarà stato invano».