Omicidio nel Rione Conocal di Ponticelli: intorno alle 20 di giovedì 26 aprile, i sicari sono entrati in azione per uccidere il 19enne Emanuele Errico detto “Pisellino”.
L’omicidio è avvenuto nei pressi dell’abitazione del giovane, in via Al Chiaro di Luna, mentre si trovava in compagnia del 30enne Rosario Ciro Denaro, residente nel vicino comune di Volla.
Il 19enne è stato raggiunto da un proiettile alla schiena, esploso da una pistola semiautomatica, ed è stato trasportato all’ospedale Villa Betania dove i medici hanno immediatamente tentato un’operazione per salvargli la vita, ma il giovane è deceduto poco dopo per la gravità della ferita riportata, mentre il 30enne è stato ferito alla gamba sinistra.
L’agguato è avvenuto in via Al chiaro di luna, una strada che, nel corso degli ultimi anni, si è spesso sporcata di sangue e di polvere da sparo. Era proprio lì che vivevano gli elementi di spicco del clan D’Amico, la cosca che fino al 2016 deteneva il controllo delle piazze di spaccio nel rione e che, in seguito al declino del clan Sarno, aveva cercato di conquistare l’egemonia criminale del quartiere, entrando in rotta con l’emergente clan De Micco che, di fatto, riuscì ad avere la meglio. Un egemonia sancita in seguito ad un omicidio, avvenuto lungo quella stessa strada, nell’ottobre del 2015, quando venne giustiziata Annunziata D’Amico, “la passillona”, sorella dei fratelli “fraulella” che ereditò le redini del clan in seguito agli arresti degli “uomini di casa”. Una figura alla quale lo stesso “Pisellino” era molto legato e verso la quale manifestava un forte senso di “devozione”. Un sentimento manifestato e condiviso, anche in seguito alla sua morte, da molti giovani cresciuti nel rione Conocal che vedevano nella “passillona” una “madre-matrona” da venerare.
Dal profilo facebook di “Pisellino”, inoltre, trapela la forte amicizia con Mariano Abbagnara, il giovane che attualmente sta scontando in carcere una condanna per omicidio, protagonista del documentario di Michele Santoro “Robinù”, balzato agli onori della cronaca per aver affermato che maneggiare un kalashnikov è come “stringere una Belen tra le braccia”. “Pisellino” e “biancone”, questo il soprannome di Mariano Abbagnara, – detto anche “faccia janca” – “fratelli a vita”: scriveva Errico. Due vite, due storie, nate in quello stesso rione e bruciate dalle medesime “scelte sbagliate”.
Con il senno di poi, suscita una forte suggestione la foto di Antonio Minichini tra le varie pubblicate sui social dal 19enne ucciso poche ore fa: anche Minichini, infatti, morì vittima di un agguato nello stesso Rione dove i killer sono entrati in azione per uccidere “Pisellino”. Nonostante la modalità d’esecuzione e “la familiarità” che la vittima sbandierava sui social nei riguardi di figure di spicco della malavita locale, secondo fonti investigative, non si tratterebbe di un agguato di camorra. La pista più accreditata, secondo gli inquirenti, sarebbe quella di un regolamento di conti tra il 19enne e una persona con la quale sarebbe entrato in conflitto.
Stando a quanto riferito dai residenti in zona, i due giovani, vedendo sopraggiungere i killer, avrebbero tentato la fuga, cercando di trovare riparo in uno dei palazzi del rione. Questo spiegherebbe perchè il 19enne è stato colpito alle spalle.
Emanuele Errico era agli arresti domiciliari per droga e quindi è stato assassinato perchè ha violato le limitazioni imposte dal regime detentivo che stava scontando. Un dettaglio tutt’altro che trascurabile che induce gli inquirenti a dedurre che il giovane fosse sorvegliato, tant’è vero che proprio questa leggerezza gli è costata la vita. Anche il 30enne ferito che si trovava in compagnia del 19enne ha precedenti per droga.
Sull’agguato indagano i carabinieri coordinati dal pm anticamorra Henry John Woodcock, giunto sul luogo del delitto per avviare gli accertamenti del caso.