Erano tre “magliari”, ovvero, tre venditori ambulanti partiti con la speranza di piazzare qualche “buon colpo”. La loro è la storia che immortala la condizione di tanti che approdano in altre città “a caccia di fortuna” e per questo, i tre napoletani scomparsi in Messico, sono stati sottoposti ad una durissima gogna mediatica.
Tantissimi i commenti di condanna, divulgati attraverso i social dall’opinione pubblica e che si perdono tra le parole disperate e pregne di apprensione dei familiari che continuano a diramare appelli per riabbracciare i loro cari e per sollecitare le autorità affinchè si attivino per ritrovare i tre di cui non si hanno più notizie dallo scorso 31 gennaio.
Quattro agenti – tre uomini e una donna – della polizia locale di Tecalitlan, cittadina messicana a sud dello stato di Jalisco, sono stati arrestati, perchè collegati in quale modo alla scomparsa di Raffaele Russo, suo figlio Antonio e il nipote Vincenzo Cimmino, risalente allo scorso 31 gennaio. Secondo il procuratore, i 4 poliziotti rischiano tra i 40 e i 60 anni di carcere.
A darne notizia, secondo quanto riferito dai media messicani, il procuratore statale Raul Sanchez Jimenez. I quattro poliziotti, di cui sono stati divulgati solo i nomi propri – Emilio, Salvador, Fernando e Lilia – sono accusati di ‘sparizione forzata’, riferiscono i giornali. Il giudice ha precisato che i tre italiani non sono stati localizzati, ma che nessuno di loro è mai passato per il carcere locale: sarebbero stati invece consegnati a un gruppo criminale locale e poi trasferiti verso sud. “Non sappiamo se i napoletani sono vivi, li stiamo cercando con tutte le nostre forze” hanno dichiarato le autorità locali.
Due giorni fa, fonti dell’Ufficio del procuratore di Jalisco avevano riferito che Raffaele Russo si sarebbe registrato con un falso nome in alcuni hotel e che si faceva chiamare generalmente Carlos Lopez. Circostanza smentita dai familiari di Russo che precisano che gli unici documenti in possesso dell’uomo sono il passaporto e la patente di guida. Secondo le autorità messicane, Russo, 60 anni, aveva precedenti in Italia per frode e si dedicava alla vendita di generatori elettrici apparentemente tedeschi, ma che in realtà erano stati fabbricati in Cina. Secondo il quotidiano Publimetro, che cita fonti vicine alle indagini, alla fine del 2017, Russo era impegnato in affari nello stato di Michoacan e cinque giorni prima della sua scomparsa si era riunito con il figlio Antonio e il nipote Vincenzo Cimmino in un hotel di Ciudad Guzman. Questi ultimi due sarebbero arrivati in Messico insieme ad altri sei italiani.
Russo, sempre secondo quanto scrive il quotidiano, era stato arrestato nel 2015 per frode e corruzione nello stato messicano di Campeche.
“I nostri familiari sono stati venduti per 43 euro ad una banda di criminali, poco più di 14 euro a persona… Siamo arrabbiatissimi. Le autorità italiane si muovano per tentare di capire cosa sia avvenuto. Noi speriamo siano ancora vivi”: hanno dichiarato alla stampa i familiari dei tre napoletani scomparsi.