“Ancora non ci credo che è successo davvero tutto questo sembra di stare in un incubo .
Hai lasciato un vuoto immenso dentro di noi .
Mi mancherai tanto amico mio
Sarai per sempre nel mio cuore.”
Queste le parole che in queste ore di grande sofferenza stanno inondando il profilo facebook di Antonio Scafuri, il 23enne di Torre del greco, morto dopo 4 ore di inspiegabile agonia all’ospedale Loreto Mare dove è giunto in seguito ad un incidente stradale.
Il giovane, durante la serata dello scorso 16 agosto, era giunto al pronto soccorso del nosocomio napoletano, intorno alle 21.30. Antonio era rimasto vittima di un grave incidente a Ercolano, a pochi passi da villa Campolieto.
Il giovane viaggiava a bordo di uno scooter guidato da un amico, quando il mezzo ha impattato contro un’automobile impegnata in una manovra. Antonio, in seguito all’impatto, è stato sbalzato lontano. Le gravissime lesioni riportate gli sono risultate fatali. Seppure il cruccio dei genitori restano quelle 4 ore in cui il giovane è rimasto in attesa di essere trasportato in un’altra struttura ospedaliera per essere sottoposto ad un esame diagnostico. Un arco temporale decisamente lungo e che legittima il dubbio dei familiari e degli inquirenti ai quali spetta l’ingrato compito di rispondere ad una domanda ben precisa: Antonio poteva essere salvato?
«Me l’hanno ucciso. Mio figlio era un leone e l’ho perso a causa della totale negligenza dei medici che l’avrebbero invece dovuto curare. Voglio la verità, soltanto la verità su quanto accaduto. E per questa verità combatterò ogni giorno della mia vita». Queste le dichiarazioni rilasciate alla stampa da Raffaele Scafuri, il padre di Antonio.
Fratture multiple al bacino e al femore e un’emoglobina in discesa, che depone per una grave emorragia, la diagnosi di ingresso al Loreto Mare, ottenuta dopo le prime indagini radiologiche. Quella sera di turno in pronto soccorso c’è il primario dell’emergenza Alfredo Pietrolongo, un internista, cardiologo. Le prime cure vengono prestate dal suo aiuto, il dottor Capuano. Ma c’è bisogno del chirurgo vascolare. Il ragazzo viene quindi preso in carico all’1,04 dal reparto di chirurgia, ma il letto del giovane resta comunque in pronto soccorso. Quindi il buio, le attese, i dubbi, gli scontri tra medici, il palleggio di responsabilità. Gli infermieri che non trovano l’accordo tra chi debba accompagnare il ragazzo al Vecchio pellegrini dove è possibile fare un’arteriografia capace di individuare l’emorragia occulta che ha evidentemente colpito qualche arteria del bacino. Ma non si riesce a capire quale. Quattro sacche di sangue trasfuse d’urgenza al giovane non rimettono in sesto i parametri vitali. Il primario Pietroluongo fa presente al collega di guardia della Chirurgia che occorre fare presto. Ma ognuno ha il suo ambito di responsabilità e non sono accettate intromissioni. «All’1,45 scrive Pietroluongo in una nota indirizzata alla direzione sanitaria sono venuto a conoscenza del fatto che il paziente era in attesa da circa due ore di essere trasferito al Pellegrini per l’angiotac. Ma non vi era accordo su quale infermiere dovesse accompagnare il paziente».
Quindi le telefonate tra Pietroluongo e l’ispettore sanitario che in questo periodo di ferie regge l’organizzazione dell’ospedale. Si decide che un infermiere della sala operatoria sia trasferito in chirurgia e da qui parta un altro camice bianco. Passa altro tempo. Alle 3,30 circa il padre del ragazzo, scrive ancora Pietroluongo, in lacrime implora di fare presto. Pietroluongo allora prende una decisione e dispone che un suo infermiere parta subito con l’ambulanza e un medico chirurgo. Non arriva invece il rianimatore. L’arrivo al Vecchio Pellegrini non cambia però la situazione: neppure l’arteriografia riesce a scovare l’emorragia. Il paziente torna alle 8 del mattino al Loreto mare (anche questa volta senza rianimatore), ma finalmente va in rianimazione, dove però muore dopo qualche ora.
“Mio figlio è stato ammazzato. Mentre lui moriva, al pronto soccorso litigavano per decidere chi dovesse salire sull’ambulanza che doveva portare Antonio a fare una angiotac. Vogliamo la verità: chi ha ucciso un ragazzo di 23 anni deve pagare. Siamo arrivati al Loreto Mare attorno alle 21.30 e siamo stati subito assistiti. Poi mio figlio è stato posto su un lettino in attesa di effettuare l’esame utile a comprendere se vi fossero problemi ai vasi sanguigni. Su questo lettino è rimasto per ore, saranno state le 4 quando ho alzato la voce e solo allora medici e infermieri si sono messi d’accordo, dopo che li avevamo visti anche litigare. Intanto Antonio moriva”, queste le parole del papà di Scafuri.
L’attesa per il trasferimento per una Tac è stata fatale. La ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, ha disposto l’invio della task force per accertare quanto accaduto, contestualmente all’avvio di un’inchiesta sulla morte di Antonio Scafuri. Oggetto della denuncia presentata dai familiari e da Alfredo Pietroluongo, Direttore del pronto soccorso dell’ospedale Loreto Mare, una presunta mancata assistenza medica nei confronti del ragazzo.
La comunità di Torre del Greco è incredula e sconcertata dall’accaduto: il giovane che lavorava come barbiere era molto conosciuto e stimato e le circostanze in cui è maturata la morte di Antonio concorrono e non poco a rendere ancora più difficile da accettare la sua tragica scomparsa.