Adele De Vincenzi è una ragazza di 16 anni di Chiavari, morta a Genova durante la notte di venerdì 28 agosto, dopo aver preso dell’ecstasy, insieme al suo fidanzato e un’altra coppia di amici, nell’appartamento di Sergio Rigotti, il suo fidanzato, ad Albaro.
Dopo una settimana dalla morte della giovane, ai due ragazzi che hanno 21 e 19 anni, accusati di morte come conseguenza di altro reato e di spaccio di sostanze stupefacenti, sono stati concessi i domiciliari.
I ragazzi, unici maggiorenni del gruppo, sono dapprima finiti in carcere soprattutto per il pericolo di inquinamento probatorio anche perché non solo avrebbero fornito versioni contraddittorie sulla modalità di acquisto della sostanza stupefacente, ma anche sull’atteggiamento complessivo tenuto nei momenti immediatamente successivi al malore della ragazza, visto che non sono stati nemmeno in grado di chiamare i soccorsi.
Su questo aspetto però, dall’esame delle telecamere analizzate dagli investigatori della squadra mobile, emerge anche un altro particolare inquietante: quella notte in via San Vincenzo Adele si e accasciata a terra tra la confusione degli amici e soprattutto nell’indifferenza generale. sarebbero molti infatti i passanti che vedono lo stato di salute della ragazza visibilmente alterato, ma tirano dritti. Solo un netturbino ecuadoriano preoccupato dalle condizioni della ragazzina chiamerà il 118. Adele, entrata in coma poco dopo, morirà al pronto soccorso dell’ospedale Galliera nonostante il disperato tentativo dei sanitari di rianimarla.
Dunque, tantissimi i nei che macchiano la vicenda, in primis le versioni contrastanti fornite dai due maggiorenni e dall’altra minorenne che, con Adele, era presente durante quella che doveva essere una “serata di sballo” e che, invece, si è tramutata in tragedia.
I due sono accusati di spaccio e di morte come conseguenza di altro reato.
Sergio ha pensato a sé. Ha pensato a come salvarsi in quella situazione diventata improvvisamente drammatica. E così nella notte più tragica della sua vita, la sua prima preoccupazione è stata cancellare i messaggi che aveva scambiato con il pusher. Parole banali tipo «Ci si vede?» «A che ora?». Quei messaggi (in tutto tre via WhatsApp) sono stati spediti e ricevuti attorno alle nove di sera, di quella stessa sera.
E non è tutto.
Per almeno dieci minuti Adele, la 16enne uccisa a Genova da una dose letale di Mdma, è rimasta a terra tra l’indifferenza di amici e passanti. A testimoniarlo, le immagini registrate da una telecamera della zona in cui si è consumata la tragedia. “Stiamo valutando di aprire un fascicolo per omissione di soccorso a carico di ignoti, magari se qualcuno fosse intervenuto la giovane sarebbe ancora viva”, spiega spiega il procuratore capo genovese Francesco Cozzi.