La sua storia ha commosso ed emozionato l’intero pianeta e ha alimentato un dibattito che ha visto differenti punti di vista confrontarsi su un tema sempre caldo: l’eutanasia.
I genitori di Charlie Gard, che da tempo si battono per tenere in vita il loro bambino, affetto da una patologia rara, a sorpresa, durante la giornata di oggi, lunedì 24 luglio, hanno ritirato la domanda presentata per portare il figlio negli Stati Uniti, chiudendo il processo. «C’era una finestra di due mesi. Tristemente per Charlie ora è troppo tardi. Il trattamento non offre più chance di successo».
Una corsa contro il tempo, quindi, quella necessaria per alimentare le speranze di tenere ancora in vita il piccolo, bruscamente arrestate da una lista d’attesa di due mesi. Un arco temporale troppo lungo che il piccolo Charlie non si può permettere. Al momento della sua nascita, il 4 agosto del 2016, Charlie Gard era perfettamente sano. Dopo circa un mese, i genitori, Chris Gard e Connie Yates, notarono però che il bimbo faticava più del normale a muoversi. I dottori scoprirono che ad affliggere Charlie era una malattia genetica rara, una forma di sindrome da deplezione del Dna mitocondriale. Questa malattia provoca un progressivo indebolimento dei muscoli e danni cerebrali, al momento, non esistono cure per questa patologia. A ottobre del 2016 si manifestarono chiare difficoltà respiratorie: Charlie fu ricoverato al Great Ormond Street Hospital, dove è stato da allora tenuto in vita grazie a macchinari che lo aiutano a respirare e ad assorbire sostanze nutritive. A gennaio del 2017 i genitori di Charlie iniziarono una campagna di crowdfunding per portarlo negli Stati Uniti e sottoporlo a una terapia sperimentale.
I dottori al Grand Ormond Street Hospital si opposero, stabilendo che la terapia non avrebbe migliorato la qualità di vita di Charlie. Il caso fin davanti a diversi tribunali britannici (che hanno sempre dato ragione ai medici: l’11 aprile in primo grado, il 25 maggio in appello, l’8 giugno alla Corte suprema) e davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo che il 27 giugno ha respinto definitivamente l’appello dei genitori. Chris Gard e Connie Yates avevano chiesto di poter portare Charlie a casa, e staccargli i macchinari che lo tengono in vita. Medici e giudici hanno loro spiegato che in ospedale ci sono gli strumenti necessari per ridurre al minimo le sofferenze del bambino. Un’ultima speranza è,stata offerta dalle istituzioni statunitensi, che si erano offerte di ospitare Charlie per un ultimo trattamento. I genitori del piccolo avevano portato quest’ultima battaglia in tribunale, fino alla decisione di oggi che stronca definitivamente le speranze di allungare la vita al piccolo Charlie.