Napoli, 28 aprile 1983 – Domenico Celiento, il leggendario Brigadiere “Mimmo”, operava in un vasto territorio di competenza, quello della Compagnia Carabinieri di Napoli- Stella, con giurisdizione sui quartieri più sensibili sotto il profilo della sicurezza pubblica, dalla Sanità a Forcella, passando per San Carlo all’Arena e Borgoloreto (con la Stazione Ferroviaria e l’attiguo Mercato della Duchesca), Secondigliano fino ad arrivare a San Pietro a Patierno.
In quegli anni, la zona di Secondigliano era ritenuta la più “criminogena” d’ Europa.
Proprio per questa ragione, nel 1984, fu attivata la Stazione dei Carabinieri nel quartiere “167”, in locali situati in prossimità delle famose Vele di Scampia. Celiento conduceva indagini sulle estorsioni nel quartiere Sanità, in un contesto reso ulteriormente difficile dal clima di omertà, aveva proceduto in appena tre mesi all’arresto di ben dieci delinquenti, mentre già si delineava il coinvolgimento di elementi di spicco del clan camorristico dominante di Forcella.
Di carattere generoso ed espansivo, ma diffidente e riservato nelle questioni di lavoro, sorretto da valida preparazione professionale ed animato dai migliori sentimenti di attaccamento al dovere, lavorava senza guardare l’orologio, mai sottraendosi ai servizi più gravosi e pericolosi; parlava solo con il suo Capitano.
Il 28 aprile 1983, di prima mattina, mentre a bordo della sua golf diesel gialla percorreva la Circonvallazione di Casoria per recarsi a lavoro, due automobili, con killer a bordo, affiancano Celiento per colpirlo a morte, nei pressi dell’Euromercato.
L’auto del sottufficiale è stata violentemente tamponata da quella dei killer. Una volta bloccata la Golf, da uno dei finestrini hanno cominciato a sparare contro Domenico Celiento, che era in abiti borghesi. Il lunotto posteriore della vettura è andato in frantumi, il brigadiere è riuscito a schivare i primi colpi forse chinandosi in avanti sul sedile, ma quando ha tentato di uscire dall’abitacolo, probabilmente per poter usare la pistola d’ordinanza e difendersi, uno del killer, precipitatosi fuori, gli ha sparato ripetutamente con una P 38 da distanza ravvicinata. Il sottufficiale è caduto riverso, il capo e le braccia sul selciato, le gambe ancora nella vettura. Prima del soccorsi è trascorso del tempo. Gli automobilisti in transito hanno tirato dritto per la loro strada temendo di cacciarsi nei guai. Infine, qualcuno ha avvisato un vigile urbano ed è scattato l’allarme.
Domenico morì il giorno dopo all’ Ospedale Nuovo Pellegrini.
Non risulta che fosse stato minacciato, ma ha dato del filo da torcere alla delinquenza organizzata del quartiere, facendo paura ai boss del racket delle estorsioni. Uno in particolare, Gennaro Cinquegranella, legato alla «Nuova famiglia», che aveva dato appoggio alle Br nel mortale attentato al vicequestore Ammaturo e che dal carcere di Poggioreale continuerebbe a dirigere traffici illeciti.
Il giovane Carabiniere lasciava la moglie, Gaetana Fusco, che all’epoca aveva solo 27 anni, e due figlie, Maria di 4, e Lucia di appena un anno.
Grazie alla provvida Legge n. 407/1998 recante “Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata” che prevede la possibilità per le Amministrazioni pubbliche di assunzioni dirette alle categorie delle Vittime del Dovere per i familiari superstiti, Lucia (oggi sposata con una bimba) ha lavorato inizialmente presso la Provincia di Napoli e, successivamente, è stata assunta quale impiegato civile di ruolo dell’ Amministrazione degli Interni ed assegnata presso il Commissariato di PS di Frattamaggiore; la sorella è invece insegnante.