Questa è la storia di un ragazzo come tanti, nato in una di quelle periferie di Napoli che prestano la scena, oltre che la trama, a Gomorra, dove il sole si vede di rado ed è incupito da una densa cappa di imprevedibile tensione ed incessante paura.
Scampia: il cuore pulsante della periferia Nord, per anni la piazza di spaccio più grande d’Europa, oltre che teatro di una delle faide più sanguinarie della storia del nostro Paese.
Marco è nato e cresciuto lì, a due passi dalle Vele e dalla piazza che oggi porta il nome di Ciro Esposito: il suo compagno di giochi da adolescente, quando i pomeriggi si susseguivano tra interminabili partite di basket e le merende di mamma Antonella.
“Aveva sempre le braccia aperte, Ciro, come se non smettesse mai di aver voglia di abbracciare.”
Quella triste sera, quando “per amore di una squadra di calcio”, hanno sparato a Ciro, a Roma c’era anche Marco, ma non in veste di tifoso.
Nel 2009, quando Salvatore Carmando ha lasciato definitivamente la panchina del Napoli, Marco, quel ragazzo di Scampia, ha preso il suo posto.
Un traguardo conseguito al culmine di una vita trascorsa con la testa ricurva sui libri e macinando chilometri ogni giorno per farsi le ossa massaggiando i muscoli dei ragazzi del settore giovanile, pur di giungere ad agguantare una realtà che non avrebbe mai neanche osato sognare, quando era un ragazzo come tanti di Scampia, uno di quelli che, in compagnia di altri bulletti, il sabato sera prendeva la metro a Piscinola per concedersi una passeggiata tra le signorili strade del Vomero.
Eppure Marco non ha voluto perdersi tra le briglie del degrado e della malavita e ha saputo ritagliarsi un destino diverso o, semplicemente, una vita normale.
Marco, un ragazzo come tanti di Scampia, ha voluto cucire radici terrene al suo sogno di una vita normale: un lavoro onesto, una famiglia, una vacanza d’estate e tante serate felici in compagnia degli amici, tra un impegno in campionato e una partita di Champions. Niente grilli per la testa, una vita ispirata da valori genuini, la felicità ricercata nelle piccole cose, Marco non ha mai ambito allo sfarzo, né si è mai lasciato soggiogare dal desiderio di strafare, seppure Lavezzi, Cavani, Higuain e tutti gli altri calciatori che, nel corso di questi 8 anni, hanno vestito la maglia azzurra, sono “passati per le mani” di Marco. Muscoli capaci di guadagnare milioni di euro, supportati e potenziati dalla spinta professionale di un ragazzo come tanti di Scampia che ha sempre lavorato per rimanere con i piedi ben saldi sul rettangolo verde del San Paolo. Un desiderio legittimato da un talento naturale, quello che madre natura gli ha cucito nelle mani e che lo ha portato ad affermarsi tra i migliori medici fisioterapisti d’Europa. Marco era lì quando il Napoli ha vinto per due volte la Coppa Italia e nella notte magica di Doha, quando gli azzurri hanno conquistato la Supercoppa battendo la Juventus ai rigori, è seduto su quella panchina quando il Napoli vince e anche quando perde, era lì durante tante notti magiche animate da ruggito della Champions e sarà lì anche tra poche ore, per portare a casa un altro ricordo che, comunque vada, resterà indelebile, nella storia azzurra e nel suo album dei ricordi.
Marco è un disastro con il pallone tra i piedi, ma, come tutti i bambini napoletani, è cresciuto cullato nel mito di Maradona ed emozionandosi semplicemente guardando la maglia azzurra. Quindi, ha saputo trovare una strada diversa da percorrere per giungere, comunque, a valicare le scalette degli spogliatoi del tempio di Fuorigrotta.
E ci è riuscito.
Marco, un ragazzo come tanti di Scampia, poco meno di un mese fa, ha realizzato un sogno condiviso da milioni di ragazzi come lui: ha incontrato Diego Armando Maradona, l’eterno numero 10 della storia del Napoli.
Marco, un ragazzo come tanti di Scampia, tra poche ore, realizzerà il sogno di tutti i napoletani, bambini e non. Calpesterà uno dei manti erbosi più agognati al mondo, vivrà da protagonista la partita sognata da tutti i supporters azzurri: Real Madrid – Napoli.
Marco, un ragazzo come tanti di Scampia, quando farà il suo ingresso nello Stadio Santiago Bernabéu, con la sua umile andatura, insegnerà agli scugnizzi del Pallonetto, dei quartieri, dei Rioni e delle periferie difficili, come la sua Scampia, che prendere a calci un pallone non rappresenta l’unico modo per afferrare il sogno azzurro e che i tanto odiati e bistrattati libri sono un mezzo necessario per realizzare sogni straordinari e raggiungere traguardi insperati, imprevedibili, impensabili, oltre che quel genere di conquiste che nessuna pistola, nessuna minaccia, nessuna forma di violenza può sopraffare.
Marco, un ragazzo come tanti di Scampia, tutte le volte che scende in campo per fare il suo lavoro, dimostra che il riscatto delle periferie è un’idea semplice e fattibile.
Quel ragazzo come tanti di Scampia, nell’ambito della sfida più stellare di tutti i tempi, personificherà la parte di Napoli che maggiormente stenta ad affermare e rivendicare il suo onesto senso d’appartenenza, ma rappresenterà anche e soprattutto, il suo amico Ciro che, abbracciato alle stelle del cielo, veglierà sul Bernabéu per sostenere la sua squadra ed applaudire Marco, il suo compagno di giochi che, da quando lui è volato in cielo, ha un motivazione in più per dare sempre il massimo.
Marco: un ragazzo come tanti di Scampia, del quale Napoli e i napoletani non possono non essere infinitamente orgogliosi.