La storia di Carla Caiazzo, la giovane madre bruciata dall’ex compagno nel puteolano, ha scosso e commosso l’opinione pubblica.
La forza di una donna, tenuta in vita dall’amore per la sua bambina e determinata a rivendicare giustizia per quanto quegli attimi di cieca follia ha irreversibilmente inferto nella sua vita.
Introdurre nel Codice penale il reato di omicidio di identità, “una nuova figura che punisca severamente coloro che colpiscono le donne e soprattutto le cancellano dalla società civile”: questa la proposta-appello rivolta al Capo dello Stato da Carla Ilenia Caiazzo, la 38enne cui l’ex compagno diede fuoco quando la donna era incinta. In una lettera aperta a Mattarella, affidata al quotidiano La Repubblica, la donna ricorda il dramma suo, di Lucia Annibali e di altre donne vittime di aggressioni volte a deturparle, a cancellarne l’identità femminile: “Il mio aggressore mi ha ammazzato lasciandomi viva. Siamo vittime – scrive – di chi ha voluto cancellarci, distruggere, deturpare il nostro viso, quello che ci consente di riconoscerci e renderci riconoscibili alla società”.
Un tipo di violenza che, secondo Carla, dovrebbe prevedere una fattispecie giuridica ad hoc, con relative sanzioni commisurate alla gravità del fatto.
Carla è riuscita a dare alla luce, con parto prematuro, la sua bimba, che oggi ha nove mesi e sta bene.
Carla, invece, si è dovuta sottoporre intanto a 21 interventi chirurgici, e il suo calvario è ben lontano dalla conclusione. Il suo aggressore, l’ex compagno Paolo Pietropaolo, è in carcere e sotto processo con rito abbreviato: i pm hanno chiesto per lui una condanna a 15 anni di carcere, per tentato omicidio e stalking.