Il web conferma di essere una grossa scatola ricca di contenuti e ancor più di insidie.
Su chat erotiche o “simili” hanno acquisito i numeri di telefoni di persone a cui poi, in almeno quattro casi, sono riusciti a estorcere denaro (per un totale accertato di almeno 19 mila euro): questo è l’ultima truffa di genere che ha portato all’arresto di due uomini – uno di 45 anni, in carcere e ritenuto “vero promotore delle condotte criminali”, e il suo complice 54enne, ai domiciliari – sono stati arrestati a Melfi, in provincia di Potenza, dalla Polizia.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica del capoluogo lucano, sono cominciate quando sono state accertate alcune “strane” movimentazioni di denaro da parte di uno dei due arrestati, che in pochi giorni aveva ricevuto da una persona della provincia di Lecce alcuni vaglia postali, per un totale di circa ottomila euro. Lo stesso uomo (che ora si trova ai domiciliari) è stato arrestato dalla Polizia in flagranza di reato subito dopo aver ritirato parte del denaro (alcune migliaia di euro) inviatogli da un insegnante di Avellino in pensione. La polizia ha inoltre recuperato circa 3mila 500 euro che saranno restituite alle vittime dell’estorsione.
Le accuse nei confronti dei due uomini sono di estorsione (andata a segno in quattro casi) e di diversi tentativi di estorsione. Così Antonio Bevilacqua, di 45 anni, e Pietro Iacullo, di 54, sono riusciti ad estorcere latte somme di denaro, mettendo a segno l’ennesima truffa nata sul web. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, dopo aver individuato i numeri di telefoni, fingendo di essere un avvocato o un carabiniere, Bevilacqua (che ha precedenti penali ed è in carcere) contattava gli uomini, accusandoli “falsamente” di aver contattato minorenni e di aver fatto loro avances sessuali.
A chi cadeva nella trappola, il pregiudicato (“vero promotore delle condotte criminali”) chiedeva quindi di effettuare versamenti di denaro a favore di Iacullo “a titolo di ipotetico risarcimento o – è spiegato in un comunicato – per il pagamento di spese legali, al fine di evitare presunte azioni giudiziarie per pedopornografia e l’inevitabile discredito sociale”.