I contenziosi e le dispute tra Nord e Sud non mancano mai, sui più disparati argomenti. Allo stesso modo, stando ai “guanti di sfida” lanciati da più pizzaioli, i dibattiti in materia di pizza sembrano ormai essere all’ordine del giorno.
Fondendo questi due ingredienti, il risultato finale non può che essere uno di quei calderoni mediatici che infervorano gli illustri rappresentanti del mondo della pizza, solleticando ironie, consensi e perplessità da parte dell’opinione pubblica.
Tutto nasce dalla divulgazione di due notizie: stando alle ultime premiazioni del Gambero Rosso, la pizzeria «da Ezio» di Denis Lovatel di Alano di Piave, nel Bellunese, serve la miglior pizza a degustazione d’Italia. Simone Padoan della pizzeria I Tigli di San Bonifacio, nel Veronese, dal suo canto, asserisce di essere il fautore della pizza gourmet.
Un’associazione di fatti, persone e località geografiche che ha mandato su tutte le furie i pizzaioli napoletani, infervorandone l’orgoglio partenopeo.
Sui social impazza una polemica alacre, aspra, cieca e pregna di quell’egocentrico campanilismo che semina vento per generare tempesta, in un’escalation di tweet, hashtag, post, foto e commenti.
Sulla questione interviene anche il maestro pizzaiolo Maurizio Ferrillo della pizzeria Pizzazzà che, con la lungimirante schiettezza che lo contraddistingue, fin dalle prime battute, rende chiaramente comprensibile il suo pensiero: “La pizza ci deve unire e non dividere, – afferma il maestro Ferrillo – quello che sta accadendo da quando la pizza è diventata più un fenomeno da divulgare sui social per conquistare follower che un patrimonio antico e sacro della nostra tradizione culinaria, è proprio questo: sempre più pizzaioli restano imbrigliati nel desiderio di apparire e si trasformano in autentici showman, perdendo di vista la reale mission che hanno sposato quando hanno scelto di fare questo mestiere. Questo li ha portati a discostarsi dal modo più classico e semplice – e, a mio avviso, anche più genuino – di fare questo mestiere, per soddisfare più l’appetito del web che le reali bocche da sfamare.
Quello che il popolo del web ha ribattezzato come il mondo del “food” sta vivendo un momento particolare che per la nostra categoria rischia di diventare un vero pericolo: basta pensare ai soldi che tantissimi miei colleghi investono per diventare popolari sui social network. Parliamo di cifre tutt’altro che trascurabili, centinaia di euro per vedere la foto della propria pizza sul canale instagram o sulla pagina Facebook di quel “movimento” seguito da migliaia di utenti. A decidere quali sono i locali e le pizzerie “in voga” sono dei ragazzini che hanno il merito di saperci fare con i social, ma che non hanno alcuna competenza in materia gastronomica. – denuncia senza peli sulla lingua Maurizio Ferrillo- Oggi, grazie all’utilizzo scriteriato dei social applicato al nostro lavoro, stiamo mandando in barba la meritocrazia per privilegiare le pizze “più fotogeniche” e i post più seguiti. Ci stiamo abituando a giudicare il cibo con gli occhi, senza renderci conto di quanto questo sia “contro natura”.
Per non parlare delle ritorsioni che una recensione negativa di un food blogger – o presunto tale – può sortire sul nostro lavoro. E magari, quella persona, parla male del tuo locale e del tuo cibo, solo perché hai “osato” servirgli il conto. Anche questa sudditanza psicologica nei confronti dei critici gastronomici e dei curatori dei blog di cucina, non fa affatto bene al nostro lavoro. Tutte queste classifiche ed hit parade stilate di continuo su giornali, riviste e web, altro non fanno che inasprire i rapporti tra noi pizzaioli. Tra quelli che vivono all’interno della stessa città, dello stesso quartiere e anche tra quelli che vivo in altre città e regioni. L’esasperazione dello spirito di competizione ci sta traghettando verso un circolo vizioso che sta esasperando la situazione e che sta sfociando nel ridicolo. Ogni pizzaiolo ha il suo punto di forza e un suo cavallo di battaglia che nulla sottrae né aggiunge a quelli dei colleghi. Riconoscere i meriti altrui non significa sminuire il nostro lavoro, né tantomeno questo accade se viene elogiato il lavoro di un altro, con giusta ragione.
Mi viene da sorridere quando sento: “questa pizza l’ho inventata io”, perché mi suona piuttosto ridicolo estendere il termine “invenzione” a una pizza. La lampadina, il treno e tutte le scoperte che hanno portato a un’evoluzione dell’essere umano, secondo il mio parere, si possono definire “invenzioni”, ma non la pizza. La prima pizza Margherita può essere definita un’” invenzione”, tutto quello che è avvenuto dopo deve essere rispettosamente definito “una variazione sul tema”. Leonardo Da Vinci e i grandi scienziati che hanno segnato la nostra storia, dovrebbero rivoltarsi nella tomba tutte le volte che un pizzaiolo si esprime in questi termini e probabilmente lo fanno!
Pertanto, rivolgo un invito a tutti i pizzaioli: restiamo uniti senza perdere di vista quello che deve essere l’obiettivo imprescindibile del nostro lavoro, onorare e rilanciare la storia e il prestigio della pizza. Senza lasciarci ammaliare dai bagliori della visibilità, perché sono certo che, quando il boom virale della pizza sarà terminato, ad avere la meglio saranno proprio i pizzaioli che hanno voluto e saputo rimanere fuori da questo calderone virtuale e mediatico. – aggiunge, infine, il maestro Ferrillo – Meno showman davanti agli schermi e più pizzaioli dietro ai banconi a fare con umiltà e dignità il loro lavoro: questo è il mio auspicio, per il bene della pizza e di questa professione”.