Un orologio capeggia fuori la stazione di Bologna, le lancette immobili, puntate sulle 10.25, bloccate da ben 36 anni, segnando quel fatidico momento in cui una bomba esplose all’interno della stazione causando una delle più terribili stragi di questo Paese, considerato uno degli ultimi atti di quella che è stata definita “strategia della tensione”.
Quel giorno, l’Italia intera venne scossa da quella bomba, un ordigno a tempo, composto da 23 kg di esplosivo, nascosto in una valigia posizionata a 50 cm di altezza su un tavolino portabagagli adiacente ad un muro nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione. I notiziari quel giorno vennero trasmessi in continuazione, aggiungendo ora per ora tutte le informazioni reperibili: le vittime non facevano che aumentare.
La potenza dell’esplosione fu talmente forte che distrusse 30 metri di pensilina e il parcheggio dei taxi davanti l’edificio. Ottantacinque persone morirono, altre duecento rimasero ferite e mutilate. Nei pressi della bomba, prima dell’esplosione, si trovava Maria Fresu, 24 anni: il suo corpo non fu ritrovato, l’onda d’urto fu così forte da disintegrarlo, solo il 29 dicembre 1980 sotto il treno diretto a Basilea furono ritrovati dei resti che le appartenevano.
I soccorsi, dato il gran numero di vittime, si avvalsero anche di auto private, taxi e autobus, tra cui quello della linea 37 che divenne insieme all’orologio uno dei simboli della strage.
Oggi, nel 36° anniversario della strage, il presidente Mattarella ha ricordato in una nota la più giovane delle vittime di quel giorno, Angela Fresu, di 3 anni, e che la matrice della strage è stata accertata dalle conclusioni giudiziare:
“Il micidiale ordigno, che il 2 agosto 1980 causò la morte di 85 persone e provocò immani sofferenze tra i familiari e gli amici, nella città di Bologna come nel resto del Paese, ha impresso un segno indelebile nella coscienza civile del nostro popolo. L’immagine della stazione ferroviaria con l’orologio fermo al minuto della tremenda esplosione, è divenuta simbolo della disumanità del terrorismo, dell’attacco sferrato al cuore della democrazia italiana e della risposta, ferma e solidale, che la società e lo stato seppero dare agli eversori assassini. La strage di Bologna era iscritta in una strategia che mirava a destabilizzare le istituzioni e la sua matrice è stata accertata dalle conclusioni giudiziarie. Permangono ancora domande senza risposta e la memoria è anche sostegno a non dimettere gli sforzi per andare avanti e raggiungere quella piena verità, che è premessa di giustizia. L’Associazione dei familiari delle vittime ha dispiegato in questi anni un impegno assiduo e coinvolgente che, di recente, ha portato all’introduzione del reato di depistaggio, ulteriore strumento a disposizione della magistratura. Il terrorismo – che il nostro Paese ha conosciuto e sconfitto grazie alla sua unità e alla fedeltà, mai venuta meno, ai principi della democrazia e del diritto – oggi si manifesta nel mondo in forme nuove e con una ferocia non certo inferiore. Il senso di umanità che ci lega e i valori democratici che poggiano sul valore assoluto della persona ci daranno la forza per battere la follia distruttrice dei nuovi seminatori di morte. La più piccola vittima della strage del 2 agosto, Angela Fresu, una bimba a cui gli assassini e i loro mandanti hanno negato la vita, oggi avrebbe 39 anni. Con il suo vorrei ricordare i nomi di tutti coloro che quel giorno versarono sangue innocente. Desidero stringermi ai familiari e confermare la partecipazione al dolore di coloro i quali subirono la perdita di un loro caro. Rinnovo la mia solidarietà ai cittadini e alla municipalità di Bologna, che hanno sempre saputo difendere con orgoglio la democrazia e la Repubblica quando queste sono state attaccate con azioni violente e trame oscure”.
Sul palco montato davanti alla stazione di Bologna, si è espresso anche il sindaco Vincenzo Merola, ribadendo la questione dei risarcimenti mai arrivati ai famigliari per le vittime, una questione vergognosa che dimostra mancanza di rispetto per le vittime e i famigliari:
“Fino a oggi l’intenzione degli apparati dell’Inps e dei vari ministeri è stata chiara: creare sconcerto e sconforto nelle vittime, sperando, invano, in una loro rinuncia. Se ne facciano una ragione, non molleremo mai. Non rinunceremo mai a lottare contro l’ingiusta e vergognosa mancanza di rispetto con cui lo stato ha trattato i feriti e i famigliari delle vittime del terrorismo. Quello stesso Stato, però, ha trattato coi guanti di velluto gli esecutori materiali della strage alla stazione centrale di Bologna, concedendo loro benefici immeritati e non impegnandosi minimamente nell’esigere il risarcimento dei danni causati da costoro”